2021-02-16
Draghi rischia di finire in lockdown
Il voltafaccia di ministro e Cts sulla riapertura degli impianti da sci mette in ginocchio un intero comparto e dà un pessimo segnale: il debutto del governo è nel solco delle promesse mancate e delle caotiche chiusure dell'era Conte. E già partono le prime ribellioni.Ho provato a fare i conti in tasca a un albergatore di montagna, che domenica si è sentito dire che anche nei prossimi mesi non potrà riaprire perché - a causa del Covid e di Roberto Speranza - gli impianti da sci dovranno rimanere chiusi.Allora, iniziamo con il dire che un hotel sopra i 1.000 metri non lavora tutto l'anno, ma se va bene rimane aperto sei mesi su 12. In genere, apre i battenti a dicembre e li chiude a fine marzo, per ritornare in attività a luglio e agosto e magari neanche per tutto il periodo. Gli affari sono poi condizionati dal tempo: se piove in estate, la gente fa le valigie, se non nevica in inverno gli sciatori disdicono le stanze prenotate. In pratica, i titolari di un albergo sono costretti a tener d'occhio le previsioni del tempo, sperando che siano favorevoli. Di recente però, oltre al barometro, devono prestare attenzione anche a Walter Ricciardi, consulente del ministero della Salute, e al suo titolare, ossia il segretario di Articolo uno che, anche se non lo sapete, è un partito della galassia comunista. Già, perché da Ricciardi e Speranza dipendono i loro destini, di albergatori e imprenditori.Mi spiego: lo scorso dicembre i suddetti titolari di hotel di montagna si apprestavano a iniziare la stagione. Nei mesi precedenti, erano stati costretti ad arrendersi (eravamo ai primi di marzo) con la lista di vacanze prenotate per la settimana bianca, a causa del Covid. In compenso ad agosto erano riusciti a recuperare: non tutto, ma un po' e quindi confidavano di rifarsi con le ferie invernali, unendo oltre al classico soggiorno fra Natale e Capodanno anche il ponte dell'Immacolata. E invece, manco il tempo di arieggiare le camere prima di iniziare l'attività, che il governo le aveva già fatte richiudere. Con decreto del presidente del Consiglio infatti, si è ordinata la chiusura di impianti e hotel dal 4 di dicembre al 15 gennaio, per evitare affollamenti nei rifugi e sulle cabinovie. E l'albergatore che aveva appena sanificato le stanze, messo i separé in plexiglas in sala da pranzo tra un tavolo e l'altro, assunto camerieri e cuochi? Verrà «ristorato», assicurò l'allora premier. Ovviamente, gli albergatori che erano ancora in attesa dei soldi garantiti nel marzo precedente non la presero bene, ma non avendo altra scelta, visto che le seggiovie erano state fermate, si rassegnarono, sperando di potersi rifare almeno un po' da febbraio in avanti. Lo stop allo sci, invece di essere rimosso a gennaio, è però poi stato prorogato di un mese. Ma da ieri, in coincidenza con il Carnevale, le discese finalmente sembravano possibili. Ovviamente in sicurezza, con le mascherine prima si salire sulle ovovie, con il numero di sciatori contingentati e prenotati e così via. Certo, di turisti dall'estero neanche a parlarne, però ci si poteva consolare con gli italiani. Così, il nostro albergatore venerdì scorso ha assunto il personale che serviva a far funzionare l'albergo: 50 camere, una decina di dipendenti più babbo, mamma e figli a fare il resto. Una piccola attività familiare, non certo un albergo di lusso. Roba da vacanza tranquilla, mezza pensione inclusa e pure un soggiorno nella piccola Spa, con bagno in piscina e sauna per rilassarsi. Ma se il 12 l'albergatore a cui abbiamo fatto i conti in tasca ha assunto i dipendenti e lucidato le camere, il 14 li ha dovuti licenziare un'altra volta, richiudendo le stanze, una decisione che non è stata certo indolore. Perché al di là dei soldi da versare a camerieri e cuochi senza aver incassato nulla, al povero imprenditore che ha la sventura di condurre l'hotel, tocca comunque mettere mano al portafogli per pagare la fattura del riscaldamento, perché altrimenti in montagna le condutture si ghiacciano. Poi deve provvedere a saldare la bolletta della luce, perché se anche l'albergo non è illuminato a festa, l'allacciamento alla linea elettrica e al contatore si paga. Quindi ci sono la Tari e la bolletta dell'acqua, che anche senza aver prodotto alcun rifiuto o fatta una doccia, comunque presentano il conto. Facendo le somme, senza aver ospitato neppure un cliente, 10.000 euro al mese se ne sono andate lo stesso. E sapete quanto ha ricevuto dallo Stato l'albergatore a titolo di risarcimento? 3.600 euro. Non ogni mese, ma una tantum. Discorso analogo è ovviamente possibile per i ristoratori e per i baristi, cioè per tutte quelle attività che un decreto del governo ha chiuso dalla sera alla mattina, in base a criteri di precauzione che ogni tanto appaiono oscuri. Nessuno ha intenzione di negare che il Covid esista e che si debbano adottare le misure necessarie. Nessuno ha neppure intenzione di infrangere la legge, continuando un'attività che è meglio non continuare. Tuttavia, non si può neppure chiedere a chi ha un'impresa di suicidarsi, di fallire o di sparire. Soprattutto, non si possono prendere in giro le persone, promettendo aperture che all'ultimo momento diventano chiusure e aiuti che alla fine si trasformano in debiti. Certo, Draghi è appena arrivato e non ha neppure incassato la fiducia. Ma Speranza è ministro da un anno e mezzo e l'occasione per liberarsi di lui c'era. Qualcuno, prima o poi, ci spiegherà perché, oltre al Covid, ci dobbiamo tenere pure lui.