2021-03-28
Draghi è un maestro di buon senso. Lo applichi, all’Italia serve normalità
Un Paese bloccato, impaurito, per molti versi arrabbiato, attende risposte. Perché non si può iniziare a discutere di protocolli anche severi di riapertura? Perché essere ostaggio dei talebani del lockdown?Signor presidente del Consiglio, egregio professor Mario Draghi, tra i suoi molti pregi e qualità, tutti - estimatori e antipatizzanti - le riconoscono, pascalianamente parlando, di possedere abbondante esprit de géométrie. Ed è proprio a questa razionalità, a questa attitudine matematica e geometrica, che intendiamo rivolgerci qui da La Verità. Siamo certi che lei sia ben consapevole della situazione del Paese, e di quanto le decisioni prese e le misure adottate dal suo governo non siano ancora sufficienti, anzi siano spesso largamente inadeguate: sia quelle relative all'accelerazione di una campagna vaccinale tuttora troppo lenta, sia quelle che a vario titolo riguardano l'economia. I numeri e le cifre, sull'uno e sull'altro fronte, parlano impietosamente chiaro. A maggior ragione, le chiediamo atti di razionalità (o anche di più banale ragionevolezza, da buon padre di famiglia) su una serie di punti sui quali un Paese bloccato, impaurito, per molti versi giustamente arrabbiato, attende risposte, segnali, e non la mera prosecuzione di uno status quo insoddisfacente, che - non a caso - ha portato a mettere in archivio l'esperienza del precedente esecutivo. Lei e il suo governo avete scelto di protrarre le chiusure e le restrizioni esistenti, tema su cui questo giornale ha invece chiesto più volte un profondo ripensamento. Nella sua stessa maggioranza, il dibattito è aperto, e ci pare non possa essere liquidato con battute e alzate di spalle. Ecco, pur all'interno del perimetro di prudenza in cui ha scelto di collocarsi, come si spiegano alcune decisioni? Qual è - ad esempio - la base scientifica del coprifuoco? Non le pare che, così, entriamo in una dimensione di pensiero quasi «magico» (valuti lei che genere di magia), o comunque misteriosamente afflittivo e punitivo verso i cittadini e le loro libertà, senza alcuna evidenza scientifica della maggiore o minore possibilità di contagiarsi oltre una certa ora? Che senso ha protrarre e difendere una misura simile? Su un altro piano, perché non si cerca una via più ragionevole (anche in zona rossa o in arancione rafforzato) per favorire la possibilità di incontro tra fidanzati? È curioso parlare di culle vuote e poi imporre un modello «alla cinese»: tutto centrato su uno smisurato potere autoritativo dello Stato, e su corpi che non devono nemmeno sfiorare altri corpi. Siamo sicuri che ciò corrisponda ai valori e al modello di società occidentale che ci sono cari, e che certamente le sono cari, signor presidente? Qual è, per chi sia in zona arancione, il senso per cui i ristoranti potranno essere aperti a pranzo, con certe regole, ma non potranno esserlo a cena, pur con le medesime regole, la medesima capienza e i medesimi protocolli? Anche qui scatta una sorta di «magia nera» legata all'orario, con il virus che diventa più «cattivo» nelle ore serali? Ancora. Qualche settimana fa, era stata prospettata (si era parlato del 27 marzo: poi è tutto slittato, come sappiamo) una riapertura con regole molto rigide di cinema e teatri, in particolare con una capienza non superiore al 25% dei posti. Un cinema da 1.000 posti? Non più di 250 poltrone occupate. Ecco, ci si augura che si torni presto almeno a valutare a quello scenario. E ci si chiede: perché, a quel punto, non applicare la stessa logica e la stessa capienza pure ai ristoranti anche alla sera, magari consentendo due turni, e quindi permettendo a decine di migliaia di imprese di non fallire, e di incassare ogni sera almeno la metà dei ricavi ordinari? Perché non si può nemmeno iniziare a discutere di protocolli di riapertura e di un relativo cronoprogramma? I chiusuristi più accaniti e ideologici amano mettere in caricatura le posizioni avverse, come se qualcuno chiedesse al governo di autorizzare domani mattina stadi stracolmi o discoteche affollate. Di tutta evidenza, non è così: questo è un comodo «fantoccio polemico» costruito dai talebani del lockdown per estremizzare e mettere in caricatura chi non la pensa come loro. Invece, sarebbe il momento di cambiare paradigma: lavorare non più solo a protocolli di chiusura ma a protocolli (giustamente severi e cauti) di riapertura, con relativo calendario settore per settore. Perché non se ne può parlare? Cosa si aspetta ancora? Siamo già rassegnati a un inevitabile tsunami di fallimenti, e - prima o poi - anche di licenziamenti? Perché la comunicazione dei suoi ministri e quella dei suoi consulenti scientifici, vecchi e nuovi, sembra sempre improntata a spargere paura e a colpevolizzare i cittadini? Pensa che, con numeri così poco lusinghieri delle vaccinazioni (ritardo non certo imputabile agli elettori), lo stato possa permettersi di puntare il dito contro gli italiani? Anche in zona rossa o arancione scuro (o come si chiama adesso), tanti hanno persone care, madri, padri, di cui farsi carico e prendersi cura. È sicuro che il sistema di restrizioni esistenti corrisponda davvero al bene migliore di quelle persone, e quindi di ciascuno di noi? Non teme che questo modello, oltre ai disastri economici che sono già sotto i nostri occhi, finirà per creare anche drammatici problemi psicologici, gettando nella depressione (o peggio) milioni di persone? E anche da un punto di vista sanitario: quando faremo un bilancio dei cicli di chemioterapia interrotti, della prevenzione oncologica sospesa, delle diagnosi ritardate, dei problemi cardiocircolatori sottovalutati, solo per fare alcuni esempi? E ancora: si può discutere (come sa, tra gli stessi Paesi europei vigono regole diverse, e l'Italia si è collocata sulla posizione più restrittiva e dogmatica) sul tema delle mascherine all'aperto? Un conto è chiedere, com'è ragionevole, di indossarla al chiuso o nelle situazioni in cui non sia possibile rispettare una distanza adeguata. Ma all'aperto, nel rispetto delle distanze e con l'arrivo della bella stagione, vogliamo ancora mantenere l'obbligo di rimanere sempre e comunque imbavagliati? Con i risultati che inevitabilmente vediamo: mascherine a penzoloni, continuamente toccate con le mani, abbassate e rialzate. Ha senso? È così igienico e consigliabile? Non ci dica, signor presidente, come fa il suo ministro della Salute (che purtroppo è anche il nostro), che siamo all'«ultimo miglio». La poetica dell'«ultimo sforzo» ha il sapore della presa in giro, quando tutti sappiamo che abbiamo almeno davanti altri sei o sette mesi prima che il percorso vaccinale arrivi a un punto soddisfacente. È l'ora di dare agli italiani, che lo meritano, un segnale di buon senso e di razionalità.
L'esercito polacco ispeziona il sito dopo che un drone russo ha danneggiato il tetto di un edificio residenziale a Wyryki, nella Polonia orientale (Ansa)
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast dell'11 settembre con Flaminia Camilletti
Il caffè di ricerca e qualità è diventato di gran moda. E talvolta suscita fanatismi in cui il comune mortale si imbatte suo malgrado. Ascoltare per credere.