2021-06-19
Draghi commissaria Speranza: era ora
Mario Draghi ha commissariato Roberto Speranza. Finalmente. È dai tempi della prima ondata di coronavirus che rappresentiamo l'inadeguatezza del ministro della Salute. E non più tardi di qualche giorno fa abbiamo aggiunto l'ultimo elemento a favore di una sua rimozione, ovvero il pasticcio attorno al vaccino Astrazeneca. Se le persone non fanno più la fila per ottenere la dose che le renda immuni al Covid-19 è perché il segretario di Articolo 1, micropartitino della galassia di sinistra, è riuscito a confondere le idee degli italiani, sospendendo prima le vaccinazioni con il farmaco messo a punto dalla multinazionale anglo-svedese e poi imponendo il cocktail vaccinale per tutti. Questo, senza che si fossero pronunciati sia l'Ema, ossia l'Agenzia europea del farmaco, sia l'Aifa, ovvero l'authority italiana. In pratica Speranza ha parlato in anticipo sugli scienziati e le persone competenti, alimentando dubbi e preoccupazione tra le persone già sottoposte alla prima dose di Astrazeneca e diffidenza tra quelle che avrebbero dovuto invece essere inoculate e non sapevano con quale farmaco lo sarebbero state. Il ministro della Salute, colui che dovrebbe tutelare l'incolumità degli italiani, ha dunque lasciato milioni di italiani nel limbo dell'incertezza. Circa un milione di persone che dopo la prima iniezione sarebbero state trasformate in potenziali cavie, perché, nonostante quanto scrivono in tanti e ancor più sostengono in televisione, non esistono studi approfonditi sull'efficacia e sui possibili effetti collaterali del mix di vaccini. Insomma, nessuno sa se cominciare con Astrazeneca e finire con Pfizer o Moderna funzioni e non abbia reazioni avverse. E se il presidente del Consiglio ha dichiarato di essere pronto a sottoporsi alla vaccinazione eterologa, cioè al famoso cocktail vaccinale, è evidente che lo ha fatto solo per non smentire totalmente il ministro che gli stava a fianco, il quale, fino a ieri, avrebbe voluto imporre per legge il mix di dosi. Secondo lui non c'erano alternative. E tutto ciò nonostante giovedì l'Ema, cioè i soli che a termini di legislazione europea hanno titolo per parlare, avesse spiegato con chiarezza che «esistono pochi dati sulla sicurezza» del miscuglio di farmaci. Per fortuna, tornato dalla Spagna, Draghi ha ripreso in mano il timone, decidendo la direzione dal prendere. Con una sottile perfidia, il premier ha voluto al suo fianco proprio Speranza, ma il tono della conferenza stampa, indetta in fretta e furia e condotta con inusitata determinazione, non ha lasciato spazio a dubbi. Il capo del governo comincia a non poterne più della gestione di Speranza e compagni su un fronte delicato come quello della campagna vaccinale. Il ministro della Salute è certo una pedina importante dello scenario politico, in quanto è l'anello di congiunzione tra Leu, ovvero l'estrema sinistra, i 5 stelle e il Pd. Dietro di lui c'è Massimo D'Alema, ovvero l'uomo che quando Giuseppe Conte era a Palazzo Chigi ispirava gran parte delle scelte dell'esecutivo giallorosso. Da quelle che hanno riguardato i vertici della struttura commissariale per l'emergenza (Domenico Arcuri è da sempre considerato in quota gallipolina, dal nome del feudo dell'ex segretario ds), a quelle che hanno ispirato la guida della Cassa depositi e prestiti, cioè della banca di esecutivo. Draghi, da quando è stato chiamato alla guida del governo, ha smontato pezzo dopo pezzo il sistema di potere dalemiano, licenziando su due piedi l'amministratore delegato dell'Ilva e dopo poco quello di Cdp. L'opera di disinfestazione non è tuttavia conclusa, perché lo smantellamento richiede altri interventi. Ieri, con l'assunzione di responsabilità in prima persona, Draghi ha dato un'ulteriore botta agli ultimi rimasugli rossoantichi (ogni riferimento alla produzione vinicola di D'Alema e al lungo periodo in cui l'Italia è costretta a fare i conti con lui è ovviamente voluto). Certo, non è arrivato al punto di rimuovere Speranza, perché una mossa del genere sarebbe complicata, in quanto il premier non ha il potere di un sindaco di togliere le deleghe ai suoi collaboratori e la mossa rischierebbe di destabilizzare la maggioranza, ma perlomeno ha deciso di renderlo inoffensivo. Nello stile dell'ex presidente della Bce, con poche parole ha chiarito la situazione. La vaccinazione va avanti e chi vuole potrà vaccinarsi con Astrazeneca. Se altri vorranno cambiare lo potranno fare. Parole nette e risolutive, che noi da subito avevamo sollecitato e suggerito, sostenendo che fosse il solo modo per restituire fiducia a chi si deve sottoporre alla vaccinazione. Pur apprezzando le parole di Draghi, ci permettiamo però di correggerlo. Ha detto: «C'è stata un po' di confusione». No, c'è un ministro della Salute confuso. Punto. Ci auguriamo che sia messo in condizioni di non nuocere più.