2021-05-29
Draghi commissaria il Cdm e il Parlamento
Cabina di regia a composizione variabile, segreteria tecnica, servizio centrale: per il Pnrr, Chigi centralizza le funzioni ed è pronto a reprimere il «dissenso» delle Regioni. Così i partiti, senza quasi rendersene conto, finiscono assoggettati al pilota automatico.Alla lettura dell'ultima bozza di decreto-legge sulla governance del Pnrr e le semplificazioni, la domanda nasce spontanea: ma si rendono conto (tutti: favorevoli e contrari, maggioranza e opposizione) del peso e dell'estensione dei superpoteri che stiamo consegnando al governo? Leggendo l'articolato, si ha la sensazione netta di una sorta di «commissariamento della Repubblica», che - verticalizzando in modo ultra accelerato - consegna al governo centrale e ai suoi apparati una specie di potere di vita e di morte su gran parte di ciò che accadrà nell'Italia dei prossimi 5-6 anni. Alcuni esempi? Ecco il primo, con l'istituzionalizzazione di un organo costituzionalmente inesistente, l'ormai mitica «cabina di regia», definita già dall'articolo 1 del decreto «organo con poteri di indirizzo politico, impulso e coordinamento generale sull'attuazione degli interventi del Pnrr». In una riga, sembra travolto il ruolo sia del cdm sia del Parlamento. E l'articolo 2, dopo aver precisato chi ne farà parte (il premier, che la presiede, e «i ministri e i sottosegretari alla presidenza del Consiglio competenti in ragione delle tematiche affrontate in ciascuna seduta»: cioè chi di volta in volta Mario Draghi vorrà coinvolgere materia per materia), stila un elenco di poteri e funzioni che lasciano a cdm e Camere un ruolo quasi da spettatori. La cabina di regia «esercita poteri di indirizzo, impulso e coordinamento generale sull'attuazione degli interventi del Pnrr»; «elabora indirizzi e linee guida […] anche con riferimento ai rapporti con i diversi livelli territoriali»; «effettua la ricognizione periodica e puntuale sullo stato di attuazione degli interventi»; «esamina […] le tematiche e gli specifici profili di criticità segnalati dai ministri competenti». Solo per brevità non riportiamo il resto, ma è altamente significativo che la cabina trasmetta alle Camere una «relazione semestrale»: un'informativa ogni sei mesi, quando stiamo parlando dei progetti cruciali per i prossimi 5-6 anni e di una imponente massa di denaro. Non vi basta la cabina? Arrivano anche altri due organi ausiliari, a loro volta strapotenti: la «segreteria tecnica», cioè la «struttura costituita presso la presidenza del Consiglio per il supporto alle attività della cabina di regia», e (la denominazione ha un che di sovietico) il «servizio centrale per il Pnrr», definito come la «struttura dirigenziale di livello generale istituita presso il Mef». Ciascuno comprende che (in termini istruttori questi ultimi organi, e in termini decisionali la cabina di regia), tutto passerà da strutture assolutamente avulse dal disegno costituzionale, e che sembrano anzi esplicitamente concepite per bypassarlo. Ma non finisce qui. Arrivano all'articolo 12 i poteri sostitutivi: se le Regioni o gli altri livelli territoriali non adempiono, il premier può assegnar loro un termine per farlo. Altrimenti scatta la nomina di uno o più commissari ad acta, per scavalcarli. Di più: l'articolo 13 si lancia verso il «superamento del dissenso» (così recita testualmente la rubrica dell'articolo): «In caso di dissenso, diniego, opposizione o altro atto equivalente proveniente da un organo statale […], la segreteria tecnica, anche su impulso del servizio centrale per il Pnrr […], propone al presidente del Consiglio, entro i successivi cinque giorni, di sottoporre la questione all'esame del Consiglio dei ministri». Cinque giorni e il caso è chiuso. Se a fare obiezione è invece una Regione, entro cinque giorni si va davanti alla Conferenza Stato-Regioni, che ha a sua volta altri 15 giorni. Dopo di che, come uno schiacciasassi, il premier o il ministro per gli Affari regionali propongono una soluzione al cdm, e cioè fanno scattare i poteri sostitutivi. Non a caso, le Regioni sono scettiche, parlano di approccio «centralista», di «leale collaborazione istituzionale» messa a rischio, di una misura che «non garantisce né la realizzazione dei lavori nei tempi previsti né la possibilità dei territori di decidere quali sono le opere attese dai cittadini». Qualcuno dirà che tutte le obiezioni avanzate finora devono essere risposte in un cassetto, perché stavolta si tratta di realizzare opere importanti, e soprattutto perché per decenni ci siamo disperati proprio per le lungaggini che impediscono di fare qualunque cosa in Italia. E indubbiamente c'è del vero in questa potentissima contro-obiezione. E tuttavia ci sono almeno tre elementi di perplessità che rimangono in piedi. Primo: ciascuno immagini di trovarsi nella condizione di essere contrario a una certa opera. Siamo sicuri che sia una buona idea spianare in questo modo il dissenso? Secondo: poiché stiamo decidendo le sorti dei prossimi 5-6 anni, una volta fissati binari così rigidi, cosa faranno maggioranza e opposizione? Saranno entrambe inchiodate a un pilota automatico che le renderà ininfluenti, parole a parte. Terzo (osservazione liberale classica): in un sistema istituzionalmente sano, sono le procedure ordinarie a dover essere snellite. Al contrario, è anomalo avere una giungla burocratica come regola, e invece una maxi corsia preferenziale (quella del Pnrr) dove il potere centrale decide ciò che vuole. Occhio alla «presunzione fatale» di dirigisti e pianificatori, avrebbe ammonito Friedrich von Hayek.