2021-05-14
Draghi accende la brace per i D’Alema boys
Il governo si accinge a minare il sistema di potere dell'ex premier Ds: dopo Gennaro Vecchione, a rischio anche Domenico Arcuri in Invitalia per la possibile successione con Mattarella jr. Le grandi manovre degli uomini di «Baffino» per le prossime nomine in Cdp.La fondazione dei socialisti Ue contesta il super stipendio durante i quattro anni di presidenza dell'ente. L'ex leader Ds replica: «Chiederò i danni». La scoperta del maxi assegno durante una verifica contabile.Lo speciale contiene due articoli.Gutta cavat lapidem, dicevano i latini. Il motto si addice abbastanza bene al concetto di spoils system del governo Draghi. Il primo marzo scorso il neo premier fa convocare a Palazzo Chigi Domenico Arcuri. Lo fa ringraziare e congedare. Poco dopo viene nominato al suo posto il capo della logistica dell'esercito, il generale Francesco Figliuolo. In molti si aspettavano all'interno della struttura commissariale un veloce colpo di spugna per sostituire gli uomini di Arcuri. Invece si è aspettato di conoscere la macchina per intervenire. Adesso Figliuolo ha la sua squadra e se non fosse per le difficoltà politiche nel gestire certi governatori la campagna marcerebbe in modo più omogeneo. I risultati comunque si sono visti. Così Draghi ha fatto con altre nomine. Il consigliere diplomatico, poi quello militare e l'altro ieri con i vertici del Dis. Ha deciso senza consultare i partiti e con l'ausilio del delegato Franco Gabrielli di allontanare Gennaro Vecchione dalla poltrona di vertice dei nostri servizi di intelligence. L'ha fatto scegliendo un nome di massima discontinuità, Elisabetta Belloni già numero uno della Farnesina. Sicuramente gradita al Colle e ancor di più agli alleati americani guidati da Joe Biden, l'uomo con cui Draghi sembra mostrare maggiore sintonia. Vecchione ormai era simbolo di un periodo di discordie e di lotte. Non tanto in riferimento al recente episodio che ha visto Matteo Renzi e Marco Mancini (anch'egli dirigente del Dis), ma al vero nodo irrisolto del Conte bis. L'incontro tra il capo del Dis e William Barr spedito in Italia da Donald Trump per dipanare il bandolo della matassa del Russiagate e della scomparsa di Joseph Mifsud. Se Draghi vorrà sciogliere molti veleni dovrà partire da questo nodo, magari sistemando anche la questione della presidenza del Copasir. Questo cammino di riavvicinamento agli Usa si incrocia con continue picconate all'uomo forte del Conte bis, Massimo D'Alema. A lui si ispirava Arcuri. Ma anche la sostituzione di Vecchione è stato un colpo al sistema dei D'Alema boys. In fondo l'ex capo del Dis aveva stretto un particolare rapporto con l'avvocato del popolo, ma ciò non significa che le decisioni strategiche fossero in capo a Conte. Il progressivo spoils system di Draghi non è però fermo. Così come Arcuri non può dirsi sereno. A inizio settimana Mediocredito Centrale guidato da Bernardo Mattarella ha chiuso il bilancio con ben 51 milioni di utili dopo un anno impegnativo su vari fronti, tutti al Sud. Arcuri capo della controllante avrebbe gestito il dossier con un po' di tensione, vedendo in Mattarella un suo successore. Eventualità abbastanza concreta. D'altronde lo staff di Draghi osserva gli strascichi del potere dalemiano con una certa deferenza e al tempo stesso diffidenza. Non a caso il prossimo terreno di frizione sarà Cassa depositi e prestiti. Ieri era prevista la prima convocazione dell'assemblea di Cdp, spostata al 20 e al 27 in seconda convocazione. A fare pressing attorno all'ad Fabrizio Palermo ci sono vari mondi. Quello di Franco Bassanini che vede partecipare alla «sua» fondazione Astrid Bernardo Giorgio Mattarella, il professore della Luiss figlio del presidente della Repubblica. E, appunto quello di D'Alema che sembra continuare a osservare la Cassa con profondo interesse. Ci riferiamo non solo alle nomine, tra le controllate, portate a termine nell'ottobre del 2019 (ricordiamo due esempi su tutti, Rodolfo Errore al vertice di Sace e Donato Iacovone alla presidenza di Webuild) ma anche a quelle imminenti. Un buon link potrebbe essere Giacomo D'Amico ex capo di gabinetto di Zingaretti già in Sia. Ma l'ex leader dei Ds non ha certo bisogno di fare anticamere. Ad esempio sa che tra oggi e domani in Cdp ci sarà una importante riunione sul tema turismo e Baffino vorrebbe proporre un «interessante» investimento per Cdp. Si tratterebbe di investire in Borgo Egnazia, famoso nei 5 continenti grazie alla presenza di Vip. La struttura extralusso di Fasano, in Puglia, è molto cara a D'Alema. Lì presenta volumi e soprattutto i suoi vini. Non solo incontra politici e discetta di argomenti internazionali. Come quando nel 2015 incontrando Nicola Latorre raccontò della sua esperienza al vertice della Feps, la fondazione degli studi progressisti. Insomma, il cenacolo dei socialisti europei che proprio ieri si è fatto vivo per far causa e chiedere indietro circa 500.000 euro di stipendi «non dovuti». Notizia riportata da Repubblica che guarda caso cade proprio nel momento di curva minima di D'Alema. Vedremo come si muoverà in Cassa e quali saranno le decisioni su Palermo che oggi dovrebbe confrontarsi con il consulente di Draghi, Francesco Giavazzi. Guai però a sottovalutare l'ex numero uno dei Ds. In fondo resta il candidato migliore per prendere il posto di Giorgio Napolitano nella gestione dei rapporti tra Est e Ovest. Il che significa che un bel pezzo di America continua a guardarlo con simpatia. Così mentre procede lo spoils system in Italia, c'è da stare attenti ai voti quirinalizi che potrebbero come dice un celebre programma tv «confermare o ribaltare la classifica».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/draghi-accende-la-brace-per-i-dalema-boys-2652977821.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="baffino-trascinato-in-tribunale-restituisca-mezzo-milione-di-euro" data-post-id="2652977821" data-published-at="1620933729" data-use-pagination="False"> «Baffino» trascinato in tribunale. «Restituisca mezzo milione di euro» Vi siete già stufati della fantomatica Loggia Ungheria? Allegri. È già tempo di Baffinogate, protagonista l'ex premier e segretario dei Ds: l'indimenticabile Massimo D'Alema. Le sue gesta non riecheggiano soltanto in patria. Avrebbe lasciato indelebili tracce pure a Bruxelles, dove ha presieduto, dal 2014 al 2017, la Fondazione dei socialisti europei, chiamata Feps. Raccoglie il fior fior dei pensatoi di sinistra. E, come rivela Repubblica, ha citato D'Alema in giudizio. Gli chiede indietro mezzo di milione di euro: i 10.000 euro al mese che si sarebbe illegittimamente assegnato in cambio dei suoi servigi. Sarà ora il tribunale di Bruxelles a decidere su questa disputa tra i moralizzatori continentali. Trama appassionante. Il leader Massimo viene eletto presidente della fondazione legata al Pse nel giugno 2010. Per tre anni svolge il prestigioso incarico senza compenso, al pari dei predecessori. Ma nel 2013 decide di non ricandidarsi per il Parlamento italiano. Domanda retorica: un'intelligenza come la sua può venir via gratis? Viene dunque definito, assieme all'allora direttore generale, Ernst Stetter, adeguato stipendio. Certo, non si tratta bruscolini: circa 120.000 euro l'anno. Che vengono corrisposti fino al 2017, quando D'Alema abbandona l'incarico dopo una lite con Matteo Renzi, all'epoca segretario del Pd. Quel contratto, lascia intendere Repubblica, sarebbe stato deciso aumm aumm, come direbbero a Napoli. Feps però è un'associazione senza scopo di lucro. Riceve cospicui finanziamenti dal Parlamento europeo. Eppure, nessuno sembra sapere niente di quella spesa. E i pagamenti, insinua il quotidiano, «non vengono mai effettuati con i canali digitali». Nel 2019 Stetter conclude il mandato. Al suo posto, arriva un arcigno economista ungherese: Laszlo Andor, già commissario europeo per l'Occupazione, gli affari sociali e l'inclusione. In vista della verifica contabile di Strasburgo, decide di controllare i bilanci. Si scopre l'arcano: dopo l'addio di D'Alema, emerge un consistente risparmio nel costo del lavoro. Oibò. Urge indagare. Viene fuori il contratto. I vertici della fondazione ne chiedono conto aIl'ex premier italiano, anche se cercano una «soluzione amichevole». Si accontenterebbero di transare a una cifra inferiore. Mister D'Alema rimane un gigante della sinistra europea. Meglio evitare sputtanamenti pubblici tra compagni. Il leader Massimo rimane però irremovibile. Anzi, sdegnato, si affida a uno studio legale. Rimarca: tutto falso. E pensare, ricorda, che l'allora segretario generale voleva perfino pagargli le sue «prestazioni intellettuali». E il pensiero dalemiano, come noto, è di valore inestimabile. Lo sa bene la sinistra italiana, che se ne nutre da decenni nonostante gli innumerevoli inciampi: dalle telefonate nella scalata di Unipol a Bnl fino allo scandalo dei ventilatori cinesi difettosi rivelato dalla Verità. E l'ha capito benissimo perfino il fu presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che si è spesso abbeverato alla fonte del suo sapere. Baffino tenta di spiegarlo agli sciagurati colleghi di Bruxelles. Fa valutare pure da una società esterna il suo contributo alla causa dei socialisti europei. Responso scontato: le elucubrazioni valgono molto di più di quanto ha percepito. Ingrati. «Alla Feps ho anche regalato un libro, senza pagare i diritti» sottolinea l'incompreso pensatore. Invece deve subire l'onta di una convocazione ufficiale, sebbene online. Lo scorso 30 marzo si riunisce l'assemblea. Il politico italiano è invitato a venire a più miti consigli. Altrimenti, si passa alle vie legali. Ma vengono sottovalutate tempra, fierezza e acume del convenuto. «Tutto legittimo», rimarca lui. Così finisce come non dovrebbe finire, specie in un pantheon di puri e giusti. Si vota. Sono presenti 25 fondazioni, dettaglia Repubblica. Quattro battono bandiera tricolore. E tra queste c'è Italianieuropei, guidata proprio da D'Alema. Ma nemmeno i connazionali onorano l'inarrivabile storia politica del sospettato. Responso: 23 favorevoli alla causa civile. E solo due astenuti. Tra cui, bene che vada, ci potrebbe essere la sua fondazione. Che, quindi, non si sarebbe apertamente opposta ad adire le vie legali. Fallisce intanto pure l'ultimo, disperato, tentativo di mediazione. Il ricorso è depositato al tribunale civile di Bruxelles. Ma il segretario generale di Feps non dispera: «C'è sempre la possibilità di una soluzione amichevole...». Baffino però è pronto a dar filo da torcere: «Andremo in giudizio» annuncia a Repubblica. «E poi sarò io a chiedere i danni». Nell'attesa di conoscere l'epilogo dell'intrigo falce e martello, assale il conseguente dubbio: D'Alema viene retribuito anche per la presidenza di Italianieuropei? Impossibile saperlo. Negli anni, uno stuolo di cronisti ha chiesto finanziatori e bilanci. Baffino li ha sempre schivati con impareggiabile disprezzo. Lo stesso riservato adesso ai miserabili eurocompagni, che osano chiedergli indietro mezzo milione di euro.