Per molti freddolosi, la stagione del quale il solstizio è stato il 21 dicembre appena passato, ovvero l’inverno, è una stagione del cavolo nel senso di stagione antipatica. Per noi, che siamo freddolosi, ma accettiamo la «legge» del ciclo delle stagioni, l’inverno è invece una bella stagione, fredda, certo, ma tra camini, stufe, termosifoni, inverter e impianti a pavimento, be’ ci sono mille modi per scaldarsi, e casomai per noi l’inverno non è una stagione del cacchio poiché fredda, ma la stagione «dei» cavoli, che sono tanto buoni e fanno bene. E sono pure tanti. Uno di essi è il cavolo verza, molto radicato nella nostra nazione, in passato più al nord, ora ovunque. Anche chiamato semplicemente verza, il cavolo verza è una pianta orticola biennale della famiglia delle Brassicacee. Biennale vuol dire che si tratta di una pianta il cui ciclo biologico di vita dura due anni.
Il nome botanico del nostro cavolo verza è Brassica oleracea varietà sabauda. Potrete trovarlo indicato anche come Brassica oleracea var. capitata f. sabauda, poiché il genere Brassica specie oleracea si suddivide in otto gruppi di cultivar e quello del nostro è il gruppo capitata, cioè a forma di palla, di testa. La caratteristica che lo differenzia dagli altri cavoli a forma di palla, come il cavolo cappuccio o il cavolo cappuccio bianco, è che le sue foglie, che chinate una sull’altra costituiscono la tipica forma a palla di tutti questi cavoli, sono molto spesse, sono belle rugose e sono piene di nervature. E la forma finale è un po’ più aperta di quella del cavolo cappuccio. La nostra bella verza si chiama così perché molto diffusa in terra sabauda, quindi nel nord Italia, infatti anche i suoi altri nomi dialettali con cui è conosciuta anche nel resto d’Italia danno conto di questa localizzazione settentrionale: verzotto, cavolo sabaudo, cavolo di Savoia, cavolo lombardo, cavolo di Milano. E infatti le ricette tipiche lo vedono trionfare proprio al nord. Le foglie di verza sono la materia prima per un grande classico che si prepara all’ombra della Madunìna, gli involtini di verza milanesi. Il nostro si può mangiare anche crudo, a listarelle, sebbene in questo caso occorra avere dei denti buoni perché le foglie sono coriacee e perciò, alla fine, si preparano per lo più cotte. Fa eccezione quello che potremmo definire crudo fino a un certo punto della bella ricetta coreana kimchi, listarelle di foglie di cavolo verza fermentate e piccanti: una squisitezza che aiuta anche il microbiota, non mangiando poi noi italiani, a ben vedere, così tanti cibi fermentati. Il cavolo verza è tipicamente autunnale e invernale, si raccoglie infatti in questi mesi, ma ci sono anche varietà precoci che arrivano sulle nostre tavole prima. La tipica raccolta invernale di questo e di altri cavoli dipende dal fatto che il cavolo resiste bene al freddo e, addirittura, la gelata ne migliora il gusto. Il fatto che i cavoli in generale e il nostro cavolo verza in particolare siano ortaggi tipicamente invernali per la loro resistenza al freddo ne ha poi fatto una verdura «di resistenza» anche da altri punti di vista: nei secoli, i cavoli sono stati un importante fonte di nutrizione popolare, non diciamo unica, ma quasi... La parte più povera della popolazione poteva non mangiare pesce, né carne, se non quanto derivava dall’uccisione invernale del maiale, uno per tutta una famiglia, le cui preparazioni dovevano durare fino all’uccisione del nuovo maiale, l’inverno successivo: si trattava di poca carne pro capite, quindi, per un anno intero, carne anche conservata, in forma di salume, proprio per non gettare via niente dell’animale. Ma sebbene non mangiasse che briciole di pesce e di carne, il popolo aveva garantiti i cavoli, che per la coriacetà delle foglie si conservano freschi a lungo. Per questo motivo il cavolo verza è impiegato in tante ricette, dai primi, ai contorni, passando per i secondi. Perché abbondava sulle tavole di chi non aveva molto altro.
Noi oggi abbiamo molto altro e ci sono molte persone che non amano i cavoli per il loro odore in cottura, leggermente azotato. Consigliamo a costoro non di tapparsi il naso, ma di attivare la cappa o aprire le finestre cucinandolo, sì, ma anche di imparare a considerarne l’odore una conseguenza di ciò che del cavolo ci fa bene mangiandolo. In 100 g di cavolo verza troviamo tra le 25 calorie circa, provenienti da 1,3 g di proteine, 0,1 g di lipidi, carboidrati 3,2 g, fibra totale 2,9 g di cui 0,35 g solubile e 2,53 g insolubile. Troviamo poi 90,7 g di acqua, ciò che fa del cavolo verza innanzitutto una verdura che ci idrata: in autunno e inverno dobbiamo bere liquidi per idratarci anche se non sentiamo lo stimolo della sete come in estate, ricordiamocelo. Le proteine vegetali sono pochine, come i lipidi, sono abbastanza irrilevanti anche i carboidrati, interessante è invece il versante fibra, che spiega anche perché sovente la verza accompagna tagli di carne grassi, come le salsicce, per esempio. La fibra solubile (cioè quella solubile in acqua) aiuta a controllare l’assorbimento di grassi e zuccheri, quindi contrasta l’iperglicemia, l’insulino-resistenza e l’ipercolesterolemia. La fibra insolubile fa lo stesso lavoro di «tampone» di grassi e zuccheri, ma in più aiuta in caso di stitichezza, emorroidi, ragadi, diverticolite e, in generale, aiuta l’intestino a funzionare bene. Per evitare meteorismo e gonfiore, si possono aggiungere semi di finocchio o accompagnare con un po’ di pane. Anche dal punto di vista dei sali minerali e delle vitamine la verza dona benessere: abbiamo il potassio che, insieme con la vitamina K, protegge il cuore. Poi abbiamo il calcio che serve per lo sviluppo e la salute di ossa e denti, il fosforo che oltre a far bene a ossa e denti trasforma il cibo di cui ci nutriamo in energia e regola il PH e la vitamina C, 37 mg, un buon apporto considerato che con 250 g di verza soddisfiamo il fabbisogno quotidiano (75 mg nell’uomo e 60 mg nella donna adulti). L’apporto di vitamina C ne fa anche un sostegno importante quando si combattono le malattie da raffreddamento, non a caso la medicina popolare ha ideato lo sciroppo di cavolo verza e miele come antinfiammatorio, espettorante e lenitivo per tosse e, estensivamente, aiuto per tutte le malattie da raffreddamento. Il cavolo verza aiuta anche lo stomaco, ha effetto protettivo sulla mucosa gastrica e funziona come calmante del reflusso gastroesofageo. Importante in esso è, come dicevamo, anche lo zolfo, responsabile dell’odore pungente, ma che aiuta ad essere più belli visto che rafforza e mantiene in salute capelli, unghie e pelle e anche a restare giovani, poiché rinforza le articolazioni, contenendo MSM. Ancora importanti la clorofilla, con effetto antiossidante, e i fitosteroli, utili per contrastare il colesterolo alto e in particolare il cosiddetto «colesterolo cattivo» cioè l’LDL che si deposita sulle pareti arteriose ispessendole, indurendole e così aumentando il rischio di problematiche cardiovascolari anche importanti. Secondo l’Airc, Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, infine, la molecola indolo-3-carbinolo (I3C), presente in tutte le crocifere e quindi nel cavolo verza, pare essere in grado di ripristinare l’attività del gene PTEN, gene oncosoppressore che però se muta o malfunziona può far sviluppare e crescere il tumore. Questo gene opera anche in patologie metaboliche. Le dosi anticancro osservate nei laboratori americani che stanno studiando questo gene e il rapporto con la molecola contenuta anche nel cavolo verza sono superiori a qualche foglia di cavolo nel piatto, ma mangiarlo spesso e in buona quantità conduce verso quella direzione.



