
Aggiunto di nascosto sonnifero al tè. Battaglia legale in corso per evitare altri richiami.Nel Regno Unito, un giovane affetto da sindrome di Down è stato ripetutamente e segretamente sedato affinché gli fosse iniettato il vaccino Astrazeneca. L’Icb - Integrated Care Board, una diramazione locale del servizio sanitario nazionale britannico (Nhs) - nel 2021 ha ottenuto un ordine del tribunale che gli ha consentito a tal fine la somministrazione segreta di sedativi. La Procura ha stabilito che ciò rappresentasse il «migliore interesse» di Adam - questo il nome di fantasia attribuitogli dal Telegraph -, in quanto categoria a rischio. La stessa formula usata per staccare la spina ai bambini con deformazioni congenite, come nei casi di Alfie Evans e Indi Gregory. Ora, però, la madre intende denunciare l’Icb per «vaccinazione forzata», da lei equiparata a un’aggressione, e violazione dei diritti umani. L’evoluzione del dispotismo mite, già prefigurato due secoli fa da Alexis de Tocqueville, è da un po’ arrivata al punto in cui lo Stato si sostituisce ai genitori nel decidere quale sia il bene dei loro figli. Adam è soggetto a una serie di ordini della Corte di protezione perché, scrive il Telegraph, «non ha capacità» e non può prendere decisioni per conto proprio, dove «capacità» qui va intesa nel significato giuridico di «capacità di agire», cioè la facoltà di un soggetto di compiere atti giuridicamente validi che modificano la sua sfera giuridica. È in questo contesto, come per altro avviene anche in Italia, che i tribunali stabiliscono quale tipo di tutela si adatti meglio al singolo soggetto. Forme che in genere prevedono la nomina di un adulto di riferimento, normalmente un genitore, curatore degli interessi della persona. Sul vaccino anti Covid, però, lo Stato ha deciso autonomamente quale fosse il miglior interesse di Adam, oggi quasi trentenne. Per aggirare la sua paura degli aghi e somministrargli le dosi di vaccino, a tazze di tè e bicchieri di succo d’arancia sono stati segretamente aggiunti dei sedativi. Secondo i documenti legali consultati dal Telegraph, il metodo è stato scelto perché «evita l’uso di contenzione fisica». Oltre a non essere stata d’accordo, ora la madre si deve anche opporre a una nuova richiesta dell’Icb che consentirebbe al personale della casa di cura, ogni volta che il governo pubblica nuove linee guida sui vaccini, di somministrare sedativi e vaccini senza dover ottenere l’approvazione del tribunale.«In quanto madre di Adam, so che cosa è meglio per lui», ha dichiarato la donna. «Credo che questo intervento statale eccessivo sia ingiusto, soprattutto ora che il contesto Covid è cambiato così drasticamente». Nel 2021, la sentenza aveva stabilito che, sebbene Adam trovasse le «procedure sanitarie stressanti», i benefici del vaccino superassero «di gran lunga i rischi». Secondo il Telegraph, però, le due dosi sarebbero state somministrate a novembre del 2023 e a giugno del 2024, tempistiche che fanno pensare a un movente più ideologico che medico. La madre ha sostenuto che iniettargli il vaccino «contro la sua volontà» avrà come conseguenza che il giovane «non sarà in grado di fidarsi delle persone e la sua vita sarà piena di paura». Inoltre, egli aveva già avuto il Covid in forma lieve. Lo stesso Adam, d’altra parte, non aveva grande voglia di vaccinarsi. Durante il picco della pandemia, per quattro volte i suoi assistenti gli hanno sottoposto un pacchetto speciale creato da Mind, l’ente benefico per la salute mentale, che spiegava il funzionamento del vaccino e la sua somministrazione, ma il giovane si è sempre rifiutato. In tre casi, inoltre, il piano di sedazione sarebbe fallito, in almeno uno dei quali per iniziativa dello stesso Adam, che avrebbe buttato la bevanda nel lavandino. Motivo per cui, probabilmente, si è poi passati all’inganno dei succhi di frutta.Quello che colpisce di più, però, non è l’aggiramento della volontà di Adam, il quale per ovvie ragioni è un soggetto sotto tutela, ma la vaccinazione forzata contro il parere della madre. La donna si trova oggi costretta a condurre una battaglia legale per vedersi riconosciuto un diritto sacrosanto: poter avere l’ultima parola sui trattamenti medici del figlio disabile.
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