2025-11-28
Putin: «Non ordinerò un attacco all’Europa Pronto a firmare»
Lo zar: «Ucraini via dal Donbass, ma niente accordo finché c’è Volodymyr Zelensky». Dagli Usa garanzie a Kiev solo a trattato siglato.Non che ci sia molto da fidarsi. Fatto sta che ieri, mentre monta la psicosi bellica del Vecchio continente, Vladimir Putin ha lanciato un segnale agli europei: «Se hanno spaventato i loro cittadini», ha detto, «e vogliono sentire che non abbiamo alcuna intenzione e nessun piano aggressivo contro l’Europa, va bene, siamo pronti a stabilirlo in ogni modo». L’impegno firmato di Mosca a non attaccare l’Occidente, in effetti, era uno dei 28 punti del primo piano di Donald Trump, ricusato con sdegno sia dagli europei stessi, sia da Kiev. Ma è ancora la versione americana che lo zar confida di discutere, dal momento che i russi specificano di non vedere alcun ruolo dell’Ue nei negoziati.Da Oltrecortina, su diverse questioni, arriva comunque aria gelida. Intanto, Putin pretende che gli ucraini si ritirino dall’intero Donbass, altrimenti non ci sarà alcuna tregua; in più, aggiunge che un accordo è «legalmente impossibile» se rimane in sella Volodymyr Zelensky, la cui leadership viene considerata «illegittima» dagli aggressori. Evidentemente, costoro non ne accetterebbero nemmeno la ricandidatura alle elezioni che, sempre in base alla originaria bozza statunitense, dovrebbero tenersi entro tre mesi dal termine del conflitto. Per il resto, il capo del Cremlino, che comprende o finge di avere comprensione dei timori dei vicini, giura di essere «pronto al dialogo sulla sicurezza europea, se l’Occidente lo vuole».Sulla prossima tornata di trattative con Washington, pesano le rivelazioni a proposito della telefonata di Steve Witkoff con la controparte russa, alla quale l’inviato di Donald Trump dava irrituali consigli, destinati a Putin, sul modo di gestire il faccia a faccia con il presidente Usa. Crescono i sospetti che, a diffondere le registrazioni, più che i servizi dell’Ucraina, di certo interessata a screditare un funzionario la cui accondiscendenza al nemico non è gradita alla resistenza, siano stati gli apparati di intelligence interni: membri della Cia o della National security agency. In ogni caso, riassorbita l’iniziale irritazione, Mosca prosegue il dialogo. Witkoff, il cui lavoro è stato elogiato da Putin, sarà in Russia la prossima settimana, dopo un vertice nel weekend tra delegazioni americane e ucraine; e il ministro degli Esteri di Mosca, Sergej Lavrov, si sta preparando a incontrare i diplomatici americani. Lo zar ha confermato che le sue truppe «stanno intensificando l’offensiva»; tuttavia, il britannico Institute for the study of war considera troppo lenta l’avanzata nel Donetsk per assegnare la vittoria agli invasori. Chi abbia il coltello dalla parte del manico è chiaro ugualmente.Sperando di scongiurare la resa completa, l’Ue, che sgomita per ritagliarsi uno spazio di movimento, punta i piedi: l’Eurocamera, ieri, ha votato una risoluzione che esclude l’eventuale riconoscimento di qualsiasi annessione. Tra le forze politiche italiane, si sono espressi a favore Fdi, Pd, Fi e Avs; sono risultati divisi tra contrari e astenuti i pentastellati; si sono astenuti i leghisti.Uno dei pallini dei falchi è il contingente che dovrebbe essere spedito in Ucraina. Lo vogliono Keir Starmer ed Emmanuel Macron; lo reputano un’ipotesi «fuori questione» in Russia. È vero che la coalizione dei volenterosi ha ricevuto un appoggio importante: la Turchia, dalla condotta ambigua, ha espresso interesse per l’iniziativa. Con un distinguo importante, però: anzitutto, serve il cessate il fuoco. È la stessa posizione degli estoni, nonostante la loro esibizione di posture muscolari nei confronti della Federazione di Putin. E anche il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, ha frenato ancora: «È troppo presto», ha tagliato corto, «non sarà sicuramente possibile prima di eventuali negoziati di pace». Non è della partita nemmeno Giorgia Meloni, da sempre immune alla fumisteria franco-inglese. Ieri, il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha dato pane al pane: «La sicurezza dell’Ucraina», ha commentato, «non può essere garantita da truppe europee che vanno laggiù, perché quante dovrebbero essere? Duecentomila? Trecentomila?». A Downing Street e all’Eliseo, qualcuno dovrebbe ricordarsi che nel Donbass c’è un fronte; mica una passerella.L’unica opzione seria in ballo è un meccanismo modellato sull’esempio dell’articolo 5 del Trattato Nato, come suggerito da Roma. Solo che gli Stati Uniti non intendono regalare nulla a Kiev: ai rappresentanti dell’Ue, Marco Rubio avrebbe riferito che, prima di sottoscrivere le garanzie per l’Ucraina, gli americani vogliono l’armistizio. È un altro mezzo di pressione su Zelensky, il quale ringrazia Trump e auspica «ulteriori progressi positivi nella diplomazia». È una sfida pure all’Unione, la cui sincera apertura al negoziato resta quanto meno dubbia.Lo Stato profondo tedesco, ad esempio, non crede manco a mezza rassicurazione di Putin. Anzi, è convinto che la cessazione delle ostilità darebbe a Mosca tempo e modo di riorganizzarsi, per poi sferrare un attacco alla Nato, magari in anticipo rispetto alla fatidica scadenza del 2029. Sarebbe sorto da questa paura un «piano segreto», talmente segreto da essere stato illustrato ieri dal Wall Street Journal. Già due anni e mezzo fa, 12 alti ufficiali della Bundeswehr si sarebbero riuniti a Berlino e avrebbero partorito l’Operation plan Germany, alias Oplan Deu: 1.200 pagine, che prevedono il dispiegamento di 800.000 soldati ai confini orientali, dettagli sul trasporto di uomini e mezzi, investimenti per adeguare le infrastrutture alle esigenze belliche. Un progetto che sembra in parte confluito nella «Schengen militare» lanciata dall’Europa, oltre che nel programma per il potenziamento dei collegamenti ferroviari ad alta velocità. L’Ue l’ha venduto come un traguardo a beneficio dei civili; al contrario, potrebbe diventare un ennesimo tassello degli inquietanti prodromi bellici.Per di più, Politico riferisce che gli europei starebbero mettendo a punto una serie di attacchi ibridi in reazione ai blitz russi: offensive cyber, rapida attribuzione a Mosca di ogni sospetto sabotaggio, addirittura operazioni di propaganda, speculari alla diffusione in Occidente della disinformazia putiniana. Forse, la guerra che aspettavamo per il 2029 è già cominciata.
(Esercito Italiano)
Si è conclusa l’esercitazione «Mangusta 2025», che ha visto impiegati, tra le provincie di Pisa, Livorno, Siena, Pistoia e Grosseto, oltre 1800 militari provenienti da 7 diverse nazioni e condotta quest’anno contemporaneamente con le esercitazioni CAEX II (Complex Aviation Exercise), dell'Aviazione dell'Esercito, e la MUFLONE, del Comando Forze Speciali dell’Esercito.
L’esercitazione «Mangusta» è il principale evento addestrativo annuale della Brigata Paracadutisti «Folgore» e ha lo scopo di verificare la capacità delle unità paracadutiste di pianificare, preparare e condurre un’operazione avioportata in uno scenario di combattimento ad alta intensità, comprendente attività di interdizione e contro-interdizione d’area volte a negare all’avversario la libertà di movimento e ad assicurare la superiorità tattica sul terreno e la condotta di una operazione JFEO (Joint Forcible Entry Operation) che prevede l’aviolancio, la conquista e la tenuta di un obiettivo strategico.
La particolarità della «Mangusta» risiede nel fatto che gli eventi tattici si generano dinamicamente sul terreno attraverso il confronto diretto tra forze contrapposte, riproducendo un contesto estremamente realistico e imprevedibile, in grado di stimolare la prontezza decisionale dei Comandanti e mettere alla prova la resilienza delle unità. Le attività, svolte in modo continuativo sia di giorno che di notte, hanno compreso fasi di combattimento in ambiente boschivo e sotterraneo svolte con l’impiego di munizionamento a salve e sistemi di simulazione, al fine di garantire il massimo realismo addestrativo.
Di particolare rilievo le attività condotte con l’obiettivo di sviluppare e testare le nuove tecnologie, sempre più fondamentali nei moderni scenari operativi. Nel corso dell’esercitazione infatti, oltre ai nuovi sistemi di telecomunicazione satellitare, di cifratura, di alimentazione elettrica tattico modulare campale anche integrabile con pannelli solari sono stati impiegati il Sistema di Comando e Controllo «Imperio», ed il sistema «C2 DN EVO» che hanno consentito ai Posti Comando sul terreno di pianificare e coordinare le operazioni in tempo reale in ogni fase dell’esercitazione. Largo spazio è stato dedicato anche all’utilizzo di droni che hanno permesso di ampliare ulteriormente le capacità di osservazione, sorveglianza e acquisizione degli obiettivi.
La «Mangusta 2025» ha rappresentato un’importante occasione per rafforzare la cooperazione e l’amalgama all’interno della cosiddetta Airborne Community. A questa edizione hanno partecipato la Brigata Paracadutisti Folgore, la 1st Airborne Brigade giapponese, l’11th Parachute Brigade francese, il 16 Air Assault Brigade Combat Team britannica, il Paratrooper Regiment 31 e la Airborne Reconnaissance Company 260 tedesche, la Brigada «Almogávares» VI de Paracaidistas e la Brigada de la Legión «Rey Alfonso XIII» spagnole e la 6th Airborne Brigade polacca.
L’esercitazione ha visto il contributo congiunto di più Forze Armate e reparti specialistici. In particolare, l’Aviazione dell’Esercito ha impiegato vettori ad ala rotante CH-47F, UH-90A, AH-129D, UH-205A e UH-168B/D per attività di eliassalto ed elitrasporto. L’Aeronautica Militare ha assicurato il supporto con velivoli da trasporto C-27J e C-130J della 46ª Brigata Aerea, impiegati per l’aviolancio di carichi e personale, oltre a partecipare con personale paracadutista «Fuciliere dell’Aria» del 16° Stormo «Protezione delle Forze» e fornendo il supporto logistico e di coordinamento dell’attività di volo da parte del 4° Stormo.
A completare il dispositivo interforze, la 2ª Brigata Mobile Carabinieri ha partecipato con unità del 1° Reggimento Carabinieri Paracadutisti «Tuscania», del 7° Reggimento Carabinieri «Trentino Alto Adige» e del 13° Reggimento Carabinieri «Friuli Venezia Giulia». Il 1° Tuscania ha eseguito azioni tipiche delle Forze Speciali, mentre gli assetti del 7° e 13° alle attività di sicurezza e controllo nell’area d’esercitazione e alle attività tattiche di contro-interdizione.
Questa sinergia ha permesso di operare efficacemente in un ambiente operativo multi-dominio, favorendo l’interoperabilità tra unità, sistemi e procedure, contribuendo a consolidare la capacità di coordinamento e integrazione.
Oltre a tutti i Reparti della Brigata Paracadutisti «Folgore», l’esercitazione ha visto la partecipazione del: 1° Reggimento Aviazione dell'Esercito «Antares», 4° Reggimento Aviazione dell'Esercito «Altair», 5° Reggimento Aviazione dell'Esercito «Rigel», 7° Reggimento Aviazione dell'Esercito «Vega», 66° Reggimento Fanteria Aeromobile «Trieste», 87° Reparto Comando e Supporti Tattici «Friuli», 9° Reggimento d'Assalto Paracadutisti «Col Moschin», 185° Reggimento Paracadutisti Ricognizione Acquisizione Obiettivi «Folgore», 4° Reggimento Alpini Paracadutisti, 1° Reggimento «Granatieri di Sardegna», 33° Reggimento Supporto Tattico e Logistico «Ambrosiano», 33° Reggimento EW, 13° Reggimento HUMINT, 9° Reggimento Sicurezza Cibernetica «Rombo» e 4° Reparto di Sanità «Bolzano» e di assetti di specialità dotati di sistema d’arma «Stinger» del 121° Reggimento artiglieria contraerei «Ravenna».
Continua a leggereRiduci