2025-11-28
Emiliano rivuole la toga e più soldi
Dopo 22 anni di politica, l’ex governatore chiede di rientrare in magistratura (con uno stipendio raddoppiato). E se dovesse indagare su esponenti di partito?Dipendenza dalla toga: dopo ben 22 anni di attività politica, Michele Emiliano vuole tornare a fare il magistrato. Non ha intenzione di restare disoccupato neanche per un paio d’anni (sono insistenti le voci di una sua candidatura in Parlamento nel 2027) questo istrionico protagonista della vita pubblica italiana, che ha appeso la toga al chiodo nel 2003, quando è diventato sindaco di Bari, carica ricoperta per due volte e alla quale è seguita quella di presidente della Regione Puglia, un altro decennio di attività istituzionale. Emiliano, prima di indossare la fascia tricolore a Bari, dal 1990 al 1995 aveva lavorato presso la Procura di Brindisi occupandosi di lotta alla mafia; poi si era trasferito a Bari come sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia. Emiliano viene rieletto primo cittadino nel 2009, dopo aver tentato invano la scalata alla presidenza della Regione Puglia, e resta in carica fino al 2014. Prima di diventare governatore, nel 2015, ricopre l’incarico di assessore alla legalità di San Severo.Dopo due mandati da presidente della Regione, Emiliano deve cedere lo scettro al suo ex delfino Antonio Decaro, che gli impedisce di candidarsi al consiglio regionale. Si ipotizza un suo ingresso in giunta, ma niente da fare: Decaro non vuole più saperne di Michele Emiliano, al quale viene prospettata come dicevamo una candidatura in Parlamento alle prossime politiche. Che fare in questi due anni? Ecco l’idea: come riporta Repubblica, ritorna a fare il magistrato, cessando dall’aspettativa. Non solo: Emiliano chiede che gli venga riconosciuta la settima valutazione di professionalità, ovvero la più alta, che gli consentirebbe di raddoppiare lo stipendio che percepiva quando lasciò la toga, e di guadagnare circa 7.000 euro al mese. Emiliano ha presentato la relativa pratica al Consiglio giudiziario di Bari, che darà il suo parere prima di inviarla alla Quarta commissione del Csm, da cui passerà al Plenum. Una pratica corredata, ed è un fatto curioso, dagli atti messi in campo come sindaco e come presidente di Regione. Emiliano con la magistratura ha avuto anche un problema non irrilevante: nel 2018, in seguito a una sentenza della Corte costituzionale che stabilisce che i magistrati non possano avere tessere di partito, Emiliano dovette rinunciare alla tessera del Pd, del quale era diventato segretario regionale pugliese. «Ho chiesto un aumento di stipendio? È una sciocchezza totale», commenta Emiliano a Tagadà, su La7, «ogni lavoratore quando torna chiede la ricostruzione della carriera ed è accaduto ad altri magistrati che sono rientrati». «In teoria dovrei tornare a fare il magistrato, anche se, avendo 66 anni», sottolinea ancora all’Adnkronos, «purtroppo mi resterebbero ancora pochi mesi prima della pensione che scatta a 67 anni. In ogni caso l’ultima delle mie preoccupazioni è il mio futuro. Sono come tutti i lavoratori che rientrano dopo l’aspettativa e che ricostruiscono la carriera ai fini della pensione, tutto qua. Alcuni giornali la mettono in modo completamente distorto come se fosse una mia iniziativa. Tutti i magistrati che rientrano al loro lavoro, siccome c’è la progressione di carriera per anzianità automatica, come nel caso di specie, fanno la ricostruzione di carriera. Solo che per la magistratura passa dalle valutazioni del Csm, ovviamente. Altri magistrati hanno fatto la stessa ricostruzione», aggiunge ancora Emiliano, «una l’ho firmata io da presidente, o anche i militari. Si va in pensione e finisce la storia. L’unica pensione è quella, come presidente non c’è pensione, non c’è il vitalizio, né il trattamento di fine mandato. Io rischio di aver perso 10 anni di liquidazione per aver fatto il presidente».Tutto vero, ma un problema etico si pone. Emiliano, da giudice, potrebbe trovarsi a esaminare casi che hanno legami con il mondo politico, o che vedono come protagonisti esponenti di partiti: nessuno dubita della sua imparzialità, ma come si sentirebbe l’eventuale indagato? Non si può non immaginare qualche preoccupazione derivante dalla lunga militanza politica del giudice Emiliano. Detto ciò, il fenomeno dell’astinenza da auto blu è assai diffuso, soprattutto tra i protagonisti della politica che dopo aver ricoperto incarichi di primo livello si ritrovano ad affrontare la vita da semplici cittadini. Niente autista, corsie preferenziali, privilegi: per chi ha perso l’abitudine ad affrontare problemi come quello di trovare un parcheggio per la propria auto il ritorno alla normalità può essere vissuto con grande difficoltà e un senso di frustrazione. Frustrazione che dovrebbe durare pochi secondi, giusto il tempo di rendersi conto che milioni di cittadini non hanno mai avuto la possibilità di avere un autista, un’auto blu e uno stipendio di 7.000 euro al mese. Basterebbe pensarci. Basterebbe…
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