2024-10-26
Dossieraggio, spiati anche Scaroni (Milan) e Gorno Tempini (Cdp)
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Giovanni Melillo e Marcello Viola (Ansa)
L’inchiesta della Dda di Milano e dei carabinieri di Varese svela il lato oscuro delle agenzie investigative e dell'accesso abusivo alle banche dati nazionali. Quattro persone sono ai domiciliari. E' indagato anche Enrico Pazzali, presidente di Fondazione Fiera Milano e azionista di Equalize.Le accuse sono di associazione per accesso abusivo al sistema telematico, atti di corruzione, intercettazione illecita e persino detenzione illecita di apparecchi per le intercettazioni. Ma la maxinchiesta della Dda sul dossieraggio portata avanti dalla procura di Milano rischia di aprire il vaso di pandora di quello che il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo ha definito come un «gigantesco mercato nero delle informazioni riservate» che potrebbe valere milioni di euro.Gli indagati sono più di 50, mentre le persone fermate sono sei. Quattro sono finiti agli arresti domiciliari. Tra questi l’ex super poliziotto Carmine Gallo, che ha passato una vita in procura di Milano e ha avuto stretti contatti con diversi procuratori. Tra gli indagati ci sono anche Leonardo Maria Del Vecchio, figlio del fondatore di Luxottica, e il banchiere Matteo Arpe insieme con il fratello Fabio. Ma nelle carte compaiono anche i nomi di Marco Talarico, l’amministratore delegato della banca d’investimenti Lmdv Capital di Del Vecchio jr o Fabio Candeli, l’amministratore delegato di Banca Profilo, banca di cui è azionista Arpe tramite il fondo Sator. Tutto passava da Equalize, la società dove il socio di maggioranza è Enrico Pazzali (presidente della fondazione Fiera Milano). A detta della procura, quindi, Equalize avrebbe ricevuto in questi anni incarichi per approfondire questioni di business, ma anche per spiare la situazione patrimoniale di possibili co eredi testamentari. Accedere ai dati sensibili avveniva spesso tramite accessi telematici abusivi. L’agenzia Equalize, infatti, non solo tramite l’aiuto di alcuni hacker, potevano appoggiarsi su funzionari di polizia infedeli che, per il lavoro fatto in passato potevano raccogliere ogni tipo di informazioni sulle vittime. Queste venivano sarebbero state prelevate in particolare dalle banche dati strategiche nazionali, come lo Sdi (per i precedenti di polizia dei cittadini), il Serpico dell'agenzia delle entrate, e il sistema valutario legato alle cosiddette Sos di Bankitalia, per poi rivenderle su commissione dei clienti. Fra gli spiati tramite l’accesso alle banche dati ci sono il presidente del Milan Paolo Scaroni, ma ance il presidente di Cassa Depositi e Prestiti, Giovanni Gorno Tempini o il banchiere Massimo Ponzellini.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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Il Comune di Merano rappresentato dal sindaco Katharina Zeller ha reso omaggio ai particolari meriti letterari e culturali della poetessa, saggista e traduttrice Mary de Rachewiltz, conferendole la cittadinanza onoraria di Merano. La cerimonia si e' svolta al Pavillon des Fleurs alla presenza della centenaria, figlia di Ezra Pound.