2020-10-22
Dopo sette mesi di flop e figuracce Arcuri ci spiega cosa dovrebbe fare
Sono trascorsi sette mesi da quando Domenico Arcuri è stato nominato commissario straordinario per l'emergenza Covid. Era infatti il 16 marzo il giorno in cui l'amministratore delegato di Invitalia fu incaricato di supplire Angelo Borrelli, un ragioniere che, come capo della Protezione civile, si era trovato all'improvviso in prima fila e in prima serata tv ad affrontare la pandemia. Perché in luogo di un modesto burocrate sia stato scelto un modesto manager non è dato sapere. Né è nota la ragione che ha indotto un uomo privo delle competenze necessarie come Arcuri ad accettare il compito delicato di guidare la task force anti coronavirus. I maligni dicono che l'uomo fosse stanco di stare nelle retrovie delle aziende di Stato e aspirasse a un ruolo più prestigioso, che gli garantisse la ribalta. Sta di fatto che il giovanotto cedette alle lusinghe politico-istituzionali e, purtroppo per noi, da lì in poi ne abbiamo patito le conseguenze. L'elenco delle manchevolezze è lungo e sulla Verità vi abbiamo aggiornato più volte. Se ora ne torniamo a parlare è però per segnalare l'ultima uscita del top manager il quale, nonostante i flop collezionati in sette mesi, non ha perso la verve e la supponenza. Per esempio, vi segnaliamo che ieri, in piena emergenza per il crescere dei contagi, sul Corriere della Sera è uscita una intervista a tutta pagina in cui Arcuri annunciava il raddoppio dei tamponi. Detta così sembrerebbe una buona notizia, perché se c'è una cosa che abbiamo capito in questi mesi è la necessità di individuare i malati prima che arrivino in ospedale e abbiano contagiato decine di persone. In realtà, mentre gli italiani sono spaventati dall'improvvisa recrudescenza della malattia, il super commissario non aveva altro da dire se non che «a breve le Regioni arriveranno a 200.000 prelievi al giorno». Premesso che già ora si registra un numero di controlli quotidiani che oscilla fra 140.000 e 160.000 tamponi e dunque 200.000 non sono il doppio, che cosa intende Arcuri per «breve»? Secondo il Corriere, che lo segnala nel titolo, ci vorranno due mesi e per farlo bisognerà a ricorrere ai medici di base. Ma i dottori della mutua non hanno gli strumenti, ha obiettato Federico Fubini, il giornalista autore dell'intervista. La segnalazione della lacuna però non ha fermato il super commissario, il quale ha replicato senza esitazioni. «Dobbiamo darglieli, a loro e ai pediatri. Poi chiedergli un coinvolgimento pieno, una ritrovata centralità nella medicina di territorio». La fretta forse non ha consentito al collega di domandare perché in sette mesi Arcuri non abbia trovato il tempo di dare quegli strumenti ai medici di base a cui ora, in piena seconda ondata, il flop manager dice di voler provvedere. Schivato il tranello della mancanza di mezzi da destinarsi ai dottori della mutua, il super commissario ha dunque potuto galoppare nella prateria delle promesse, lanciandosi in una serie di annunci degni del presidente del Consiglio. «Facciamo ormai stabilmente oltre 100.000 tamponi molecolari al giorno e ci stiamo attrezzando per chiudere il gap tra domanda e offerta». Sì, proprio così, manco si trattasse di una fornitura di banchi scolastici. «Daremo alle Regioni molto presto la possibilità di arrivare a 200.000 tamponi al giorno», ha proseguito l'uomo che ha in mano il destino della nostra salute e, purtroppo, anche il nostro portafogli. «Stiamo chiudendo l'offerta pubblica per i test rapidi antigenici e ne compreremo 10 milioni, non cinque». I posti in terapia intensiva non sono cresciuti come si era detto, lo ha incalzato a questo punto Fubini. «Pre crisi avevamo 5.179 posti letto in terapia intensiva. Abbiamo distribuito 3.109 ventilatori e oggi dovremmo avere 8.288 posti attrezzati. Invece ne abbiamo 6.628: ne mancano 1.600. Giorni fa ho chiesto alle Regioni dove sono quei ventilatori e quando attrezzeranno quei posti letto». Risposta? Gli chiede l'intervistatore. «Stanno rispondendo piano piano. Del resto, i cosiddetti piani di rafforzamento dei posti in terapia Covid hanno una durata media di 27 mesi». Ecco, l'unica notizia degna di nota nella lunga intervista del flop manager sta qui, in una frase buttata lì a giustificazione del mancato aumento dei letti di terapia intensiva: il potenziamento ha una durata media di due anni e tre mesi. Ma certo, che fretta c'è? In fondo Arcuri è lì solo da sette mesi. Che bisogno si ha di ottenere le risposte in 24 ore? Le Regioni possono rispondere piano piano perché i programmi di rafforzamento sono biennali. A leggere l'intervista, si capisce perché Arcuri risponda sempre al futuro: daremo, faremo, raddoppieremo. E si capisce perché usi formule sfuggenti come «stiamo lavorando» e «stiamo chiudendo», senza mai ancorarle al presente. Per il super commissario all'emergenza, l'emergenza non è così grave. Stiamo tornando alla situazione di marzo? «No», assicura Arcuri, «siamo in un altro mondo». Sì, nel Terzo.
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