2024-12-11
Dopo la condanna dell’intellighenzia, per Caffo arriva quella del tribunale
Leonardo Caffo (Imagoeconomica)
Quattro anni di carcere al filosofo per maltrattamenti e lesioni all’ex compagna. Farà appello: «Io colpito per educarne mille».Se i giudici di Milano avessero letto uno dei suoi primi saggi, A come animale, scritto a quattro mani con un altro filosofo della sinistra più raffinata come Felice Cimatti, forse sarebbero stati più clementi. E invece ieri il tribunale di Milano ha condannato a 4 anni di carcere il catanese Leonardo Caffo, accusato di maltrattamenti aggravati e lesioni gravi nei confronti della sua ex compagna. «Non c’è alcun tipo di differenza qualitativa tra noi e gli altri animali», scriveva Caffo in tempi non sospetti, senza fare i conti con la responsabilità penale e con il fatto che le donne non si toccano neppure con un fiore.Il filosofo catanese farà appello, si proclama innocente e sostiene di essere vittima di un clima avvelenato dal «colpirne uno per educarne mille». Fino a sentenza definitiva, è innocente, però l’imbarazzo a sinistra è notevole perché su Caffo, quando era un semplice indagato, era già scattata la fatwa tra compagni e la meglio intellighenzia lo aveva costretto a ritirarsi dal festival Più libri più liberi di Roma, diretto da Chiara Valerio. Ora che lo hanno condannato, chissà che gli faranno. Gli daranno un biglietto per Pechino sola andata. O gli daranno del fascista. La sentenza di ieri è stata emessa da un collegio multigender, formato da due donne e un uomo, dopo che l’accusa era stata sostenuta in aula dal pm Giovanni Tarzia e le indagini seguita dalla pm Milda Milli. Ad agosto di due anni fa, la gip Ileana Ramundo aveva disposto nei confronti di Caffo l’allontanamento dalla casa familiare con divieto di avvicinamento all’ex compagna (oggi trentenne), che si è costituita parte civile. I pm avevano chiesto quattro anni e mezzo di pena, il collegio ne ha dati quattro riconoscendo che sulla donna sono state perpetrate «inaudite violenze» e che le sono state rivolte «offese raccapriccianti e umilianti» tali da «far perdere alla vittima la propria dignità».Non solo, ma in occasione di alcuni litigi, il filosofo avrebbe invitato la fidanzata a uccidersi per non essere riuscita «a fare nulla nella vita». Ci sarebbe, poi, stato un episodio di violenza fisica quando, durante un litigi, le avrebbe storto con forza un braccio provocandole «una frattura scomposta» e un «accorciamento del dito».Il tribunale di Milano ha escluso per l’imputato due delle tre aggravanti contestate (una dal reato di maltrattamenti sulla ex compagna dal 2020 al 2022 e l’altra per le lesioni) e lo ha condannato all’interdizione dai pubblici uffici e al risarcimento del danno, patrimoniale e non, alla ex compagna da liquidarsi in sede civile e con una provvisionale di 35.000 euro.Caffo l’ha presa con filosofia, almeno apparentemente, ma non ha rinunciato a inquadrare la sua vicenda dal punto di vista sociologico, in questo adeguandosi mestamente allo spirito di un tempo in cui ogni reato tra uomo e donna diventa strumento di battaglie ideologiche.«Spero ancora che non ci sia violenza nei confronti delle donne e non vedo nessuna ragione per contestare una battaglia così sacrosanta», ha detto dopo la condanna di primo grado. Ma ha poi aggiunto: «Va bene colpirne uno per educarne mille: io sono stato colpito, speriamo che adesso educhino anche gli altri mille. Non so se sconto un clima, il clima è parzialmente giustificato perché la violenza di genere c’è. Non sarò qui a fare il paladino dell’altro lato, non mi vendo al migliore offerente». Di sicuro, Caffo si ritiene innocente e annuncia che «in appello cercheremo di provare a raccontare una verità diversa, in primo grado non siamo riusciti. Il futuro che vedo è pessimo e mi spiace profondamente per le persone coinvolte». La sua ex compagna, invece, denuncia un clima contrario: «Questa sentenza conferma una verità che per quasi due anni ho cercato di far emergere. Chiunque denuncia una situazione simile si scontra con un sistema che troppo spesso manca di strumenti adeguati per supportare le vittime».Già prima che arrivasse la sentenza penale, Caffo era stato processato e condannato dal suo ambiente di riferimento, ovvero la sinistra più chic e impegnata nelle battaglie di genere. Ne aveva fatto le spese una delle sue paladine come Chiara Valerio. La scrittrice è responsabile della rassegna romana Più libri più liberi, andata in scena la scorsa settimana a dedicata a Giulia Cecchettin. Quando si è saputo che aveva invitato anche Caffo, si erano scatenate le polemiche delle femministe e degli zelanti più femministi delle femministe. Come il fumettista Zerocalcare, che ha ritirato la sua partecipazione, pur lasciando le copie del libro in vendita e partecipando al firmacopie. La Valerio, mezzo processata nella terza Camera della sinistra tv, ovvero Propaganda live su La7, si era difesa con rara cultura: «Chi non è condannato in via definitiva ha il diritto costituzionale di parlare. Bisogna mantenere degli spazi pubblici dove si può discutere. A oggi Caffo è innocente».Ma la polemica forcaiola non si era placata e lui aveva tolto tutti d’impaccio rinunciando a partecipare. Oggi i quattro anni di condanna in primo grado sono una pena pesante, ma la sua morte civile era stata decretata dai compagni con una settimana d’anticipo.
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)