
Il re del foro, amante dei trenini e architetto della privatizzazione di Autostrade, è alle prese con tre partite incerte: la causa di Rcs contro Blackstone, la guerra di Leonardo Del Vecchio verso Alberto Nagel e la difesa di Ubi da Intesa.Classe 1940, fiorentino di nascita, appassionato di trenini elettrici tanto da avere pure investito anni fa in una società che li produce, Sergio Erede è il più noto avvocato d'affari d'Italia. Di certo un pioniere nel settore con il suo studio Erede Bianchi specializzato in fusioni e acquisizioni fondato nel 1969, quando aveva solo 29 anni, dopo un'esperienza a capo dell'ufficio legale dell'Ibm. Perfettamente bilingue italiano inglese, possiede anche la lingua e il diritto francesi. E un curriculum di studi blasonato: si laurea in giurisprudenza, con lode, a Milano nel '62; master ad Harvard nel '64 e primi lavori a Boston e New York. L'ascesa diventa rapida con la Erede e associati, che alla fine degli anni Novanta - quando anche in Italia sono nati i grandi studi d'affari sul modello delle law firm anglosassoni - ha contribuito a dar vita a Bonelli Erede Pappalardo insieme a Franco Bonelli e Aurelio Pappalardo.La carriera - e la fama - se l'è costruita sul campo al fianco di big dell'industria e della finanza degli ultimi 40 anni. A cominciare dal primo grande cliente, Carlo De Benedetti, con il quale gestirà l'agonia di Olivetti e la nascita di Omnitel, futura Vodafone. Roberto Colaninno lo tiene con sé e insieme architettano l'Opa Telecom. La madre di tutte le scalate, dicono alcuni; il peccato originale che carica il gruppo di quei debiti che ancora oggi l'appesantiscono, dicono altri. Nel suo trackrecord ci sono anche l'Opa Generali/Ina, la privatizzazione di Autostrade e Aeroporti di Roma, le quotazioni di Enel e Finmeccanica. Erede non si è mai tirato indietro quando gli sono stati offerti posti nei cda di aziende come Bnl, Interpump, l'Espresso, Manetti & Roberts, Manuli Rubber, Marzotto, Sintonia e Luxottica.In base ai dati elaborati da Legal community, Bonelli Erede si conferma anche nel 2018 lo studio con il fatturato più elevato, con 166 milioni di euro. E nel 2019 si è fuso con Lombardi associati dando vita a una delle maggiori law firm italiane. L'avvocato Erede, che il prossimo 14 agosto spegnerà 80 candeline sulla torta, sembra però aver perso il suo tocco magico come ha fatto notare qualche giorno fa il sito Lettera43 guardando alle ultime due partite giocate contro avversari forse più agili e scaltri. La prima nella squadra di Urbano Cairo impegnato, come presidente e ad di Rcs, nell'arbitrato per la contestata cessione per 120 milioni della sede del Corriere della Sera di via Solferino a Blackstone nel 2013, oggetto di una causa del fondo Usa verso il gruppo editoriale.Un match complicato tanto che Erede, legale di Rcs insieme a Francesco Mucciarelli (Francesco Gatti, Carlo Pavesi e Giuseppe Iannaccone assistono invece il fondo americano) ha suggerito al suo cliente di farsi dare una manleva che il cda del gruppo editoriale ha approvato lo scorso 28 gennaio facendosi quindi eventualmente carico anche dei milioni della causa intentata proprio nei confronti di Cairo. Una scelta per altro finita sotto il faro della Consob per la tempistica con la quale si è arrivati al cda convocato il 21 agosto in tarda serata - diversi erano i consiglieri assenti visto il periodo vacanziero e l'orario notturno - durante il quale è stata presa la decisione, non comunicata immediatamente al mercato ma solo diversi mesi dopo e in seguito a indiscrezioni di stampa.Il parere del collegio arbitrale sulla validità o meno dell'atto di cessione dei palazzi è atteso nel mese di marzo e sarà decisivo per le sorti dell'intero scontro legale in atto, visto che alla Suprema corte di New York è congelata, per ora, la causa per risarcimento danni (600 milioni) depositata dal fondo guidato da Stephen A. Schwarzman. La vicenda è attentamente monitorata da Intesa Sanpaolo, che detiene gran parte del debito di Rcs, La stessa Intesa capitanata da Carlo Messina che ha sparigliato un'altra grande partita che vede in campo l'avvocato Erede, da sempre il legale di fiducia di Leonardo Del Vecchio: quella su Mediobanca.L'inedito asse tra Cà de Sass e Piazzetta Cuccia che si è formato per preparare l'offerta pubblica su Ubi è destinato a cambiare gli equilibri nel salottino dei soci di Mediobanca dove negli ultimi mesi ha creato scompiglio l'ingresso rumoroso del patron di Luxottica che ha rastrellato il 9,88% diventandone primo azionista e aspirando a cambiarne la governance in vista dell'assemblea di ottobre chiamata a rinnovare il cda. Del Vecchio, che con il capitano di Intesa non ha di certo buoni rapporti, ora potrebbe essere messo più agilmente in un angolo dall'ad Alberto Nagel, con il placet di altri azionisti come la Mediolanum di Ennio Doris che non a caso ha già «benedetto» con entusiasmo l'operazione.Ma Erede sullo sfondo di questa sfida gioca con due maglie: quella di Del Vecchio e anche quella di co counsel legale di Ubi nella trattativa sull'ops di Intesa (assistita dallo studio Pedersoli). Riuscirà a ritrovare il tocco magico sbloccando le impasse su entrambi i fronti? Certo, i tempi sono cambiati. Il mercato è diverso e i vecchi salotti non ci sono più. «C'è una sproporzione tra quello che eravamo abituati a fare negli anni Novanta e Duemila e le griglie anche operative di oggi», dice un altro avvocato d'affari di lungo corso alla Verità il quale ricorda «che la specialità di Erede è sempre stata la stesura dei contratti, più che il societario o il fiscale e che un tempo assieme al fiuto “tecnico" l'avvocato ha spesso goduto di ottime relazioni con alcune parti politiche».
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





