2025-03-11
La Philadelphia messa in ginocchio dal Covid nella nuova serie crime prodotta da Ridley Scott
True
Dope Thief, i cui episodi usciranno due a due, dal 14 marzo al 25 aprile, racconta con i toni del thriller l'evoluzione rapidissima, l'escalation, di una vicenda umana che, altrimenti, avrebbe restituito solo miseria e disperazione.Il titolo è quello di un libro, dato alle stampe nel 2009. L'ambientazione, però, è diversa, e così gli intenti che muovono i protagonisti dell'intreccio. Dope Thief, adattamento televisivo del romanzo omonimo, scritto da Dennis Tafoya, non va indietro fino ai primi anni Duemila. Si ferma alla storia più recente, al 2021, per la precisione, a una Philadelphia che stenta a muovere passi certi nell'era post Covid-19. L'economia stagna. Il lavoro piange. Non c'è occasione di riscatto, fra i sobborghi di quella città americana, divenuta tristemente nota per le epidemie di droga e morte. Ray, il volto di Bryan Tyree Henry, e Manny Carvalho, interpretato da Wagner Moura, sono amici di lunga data: due sbandati, cresciuti ai margini della società, accomunati dal riformatorio, da una vita di pretesti e furtarelli. Sono adulti, ormai, il crimine un loro oggetto interiore. Gli anni non hanno portato loro alcuna consapevolezza, alcun talento, alcuna voglia di cercare riscatto attraverso mezzi tradizionali e leciti. Perciò, hanno continuato a vivere di espedienti. Ray e Manny, nella Philadelphia messa in ginocchio dal Coronavirus, hanno deciso di sbarcare il lunario rubando in casa d'altri. Non gente qualunque, ma criminali come loro. I due, nella serie tv (disponibile su Apple Tv+ da venerdì 14 marzo), si sono imposti una sorta di codice d'onore. Una roba alla Robin Hood, rubare ai ricchi per dare a se stessi, dove ricchi, però, non siano coloro che hanno fatto fortuna attraverso il proprio genio, ma attraverso attività criminali. Ray e Manny rubano agli spacciatori, fingendosi agenti della Dea. Sbattono giù le porte di casa loro, irrompono a forza, vestiti come agenti, e portano via denaro e mercanzia. Uno schema, questo, che è parso funzionare bene fin quando la coppia, suo malgrado, non ha finito per infilarsi nella magione di pezzi grossi. Allora, il castello crolla. Gli agenti fittizi, che reciprocamente s'erano promessi di non ricorrere mai ad armi e violenza, si trovano prigionieri di una spirale pericolosa, ben più grande di quanto avrebbero mai pensato. Quella casa, la casa che avrebbe dovuto essere una fra le tante, si rivela, infatti, il più grande nascondiglio di narcotici della costa orientale, imponendo ai due di abbandonare (e di volata, pure) il metodo consolidato.Dope Thief, i cui episodi usciranno due a due, dal 14 marzo al 25 aprile, racconta con i toni del thriller l'evoluzione rapidissima, l'escalation, di una vicenda umana che, altrimenti, avrebbe restituito solo miseria e disperazione. Lo fa, però, prendendo le distanze dalle atmosfere del romanzo. E non è solo l'anno scelto come riferimento a dare adito alle diversità del racconto. Piuttosto, è lo spirito con il quale gli sceneggiatori hanno deciso di leggere e rileggere i protagonisti, gli agenti fittizi. Sono loro a essere diversi, non machi adrenalinici come in tanti (troppi) film, ma esseri fragili, usati - anche e soprattutto - per dare una caratterizzazione inedita (e un po' retorica, di quella retorica politicamente corretta che spesso si accompagna alla fluidità di genere) all'amicizia fra uomini.Ray e Manny si vogliono bene senza che la manifestazione del sentimento possa togliere loro alcunché in termini di virilità. Piangono, si abbracciano. Raccontano l'uno all'altro le proprie paure, sfiorando i confini dell'amicizia così come il femminile l'ha sempre interiorizzata. Sono maschi teneri in un universo di pescecani. Necessari no di certo, guardabili nonostante la retorica sì.
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