2020-11-14
Don Giuseppi ci spiega anche il Natale
Giuseppe Conte (Getty images)
Per giustificare la situazione, il premier si veste da parroco: «È una festa spirituale, se si è in tanti non viene bene...». Nei pieni poteri ci sono anche quelli religiosi?«Ricordati che devi morire!». «Si, sì, mò me lo segno…»: chi non ricorda la battuta dell’indimenticabile Massimo Troisi, che in Non ci resta che piangere risponde così al monaco trappista che lo invita alla meditazione? Bene, il premier Giuseppe Conte ieri ha vestito i panni di Fra Peppino da Volturara Appula, e con un paio di battute, rivolte al leader della Cgil, Maurizio Landini, si è rivelato nella sua natura di trappista, o se preferite di monaco cistercense della Stretta Osservanza. «Considereremo la curva epidemiologica che avremo a dicembre», ha detto Conte a Landini, «ma il Natale non lo dobbiamo identificare solo con lo shopping, fare regali e dare un impulso all’economia. Natale, a prescindere dalla fede religiosa, è senz’altro anche un momento di raccoglimento spirituale. Il raccoglimento spirituale, farlo con tante persone non viene bene». Se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo, Conte: camaleontico come nessun altro, dopo aver indossato i panni dell’avvocato e del presidente del Consiglio con pieni poteri (compresi quelli religiosi?), si infila il saio e ci accompagna nel cammino della redenzione, invitandoci a un Natale solitario, ascetico, tutto dedicato al «raccoglimento spirituale». Del resto, altro che shopping: gli imprenditori, i commercianti, i lavoratori autonomi italiani sono ormai ridotti alla fame dalle chiusure imposte dal governo guidato da don Giuseppi, che non ha fino ad ora provveduto a mettere a disposizione di chi si ritrova senza incassi gli adeguati sostegni. Considerato che la fame prolungata può provocare allucinazioni, Fra Peppino Conte ci invita a percorrere la strada dell’estasi mistica, preparandoci a un Natale all’insegna della meditazione solitaria. «Farlo con tante persone non viene bene», ci rassicura , parlando del raccoglimento spirituale, e noi lo immaginiamo la sera della vigilia, con indosso un saio, che consuma un frugale cenone, in compagnia del suo fedele discepolo Padre Rocco, fondatore dell’ordine dei Casalini in quanto discendente diretto di Ubertino da Casale, tra i massimi predicatori spirituali. Ci sembra di vederli, Fra Peppino e Padre Rocco: «Rocco, assaggia un tozzo di pane raffermo, non esagerare con il digiuno, che finirai per vedere il Quirinale». «Tranquillo, Fra Peppino, la manciata di fave di ieri sera mi basterà per diversi giorni, e comunque ho già avuto una visione mistica: ho parlato in sogno con Mario Draghi e mi ha detto di non temere, che non ha nessuna intensione di prendere il tuo posto». Una scena di purezza, di ripudio dell’opulenza, di esaltazione della spiritualità natalizia che non potrà che riscaldare i cuori degli italiani, già abbondantemente votati alla sofferenza e al martirio, considerato il governo che sono costretti a sopportare. Un quadretto della disperazione che ben rappresenta il nostro sventurato paese, un presepe laico al quale mancano la Madonna (che potrebbe essere rappresentata da una Lucia Azzolina piangente), il bue e l’asinello (in questo caso i protagonisti sceglieteli voi, di ministri perfetti per i due ruoli ce n’è in abbondanza).
Iil presidente di Confindustria Energia Guido Brusco
Alla Conferenza annuale della federazione, il presidente Guido Brusco sollecita regole chiare e tempi certi per sbloccare investimenti strategici. Stop alla burocrazia, realismo sulla decarbonizzazione e dialogo con il sindacato.
Visione, investimenti e alleanze per rendere l’energia il motore dello sviluppo italiano. È questo il messaggio lanciato da Confindustria Energia in occasione della Terza Conferenza annuale, svoltasi a Roma l’8 ottobre. Il presidente Guido Brusco ha aperto i lavori sottolineando la complessità del contesto internazionale: «Il sistema energetico italiano ed europeo affronta una fase di straordinaria complessità. L’autonomia strategica non è più un concetto astratto ma una priorità concreta».
La transizione energetica, ha proseguito Brusco, deve essere affrontata con «realismo e coerenza», evitando approcci ideologici che rischiano di danneggiare la competitività industriale. Decarbonizzazione, dunque, ma attraverso strumenti efficaci e con il contributo di tutte le tecnologie disponibili: dal gas all’idrogeno, dai biocarburanti al nucleare di nuova generazione, dalle rinnovabili alla cattura e stoccaggio della CO2.
Uno dei nodi principali resta quello delle autorizzazioni, considerate un vero freno alla competitività. I dati del Servizio Studi della Camera dei Deputati parlano chiaro: nel primo semestre del 2025, la durata media di una Valutazione di Impatto Ambientale è stata di circa mille giorni; per ottenere un Provvedimento Autorizzatorio Unico ne servono oltre milleduecento. Tempi incompatibili con la velocità richiesta dalla transizione.
«Non chiediamo scorciatoie — ha precisato Brusco — ma certezza del diritto e responsabilità nelle decisioni. Il Paese deve premiare chi investe in innovazione e sostenibilità, non ostacolarlo con inefficienze che non possiamo più permetterci».
Per superare la frammentazione normativa, Confindustria Energia propone una legge quadro sull’energia, fondata sui principi di neutralità tecnologica e sociale. Uno strumento che consenta una pianificazione stabile e flessibile, in linea con l’evoluzione tecnologica e con il coinvolgimento delle comunità. Una recente ricerca del Censis evidenzia infatti come la dimensione sociale sia cruciale: i cittadini sono disposti a modificare i propri comportamenti, ma servono trasparenza e dialogo.
Altro capitolo centrale è quello delle competenze. «Non ci sarà transizione energetica senza una transizione delle competenze», ha ricordato Brusco, rilanciando la necessità di investire nella formazione e nel rafforzamento della collaborazione tra imprese, università e scuole.
Il presidente ha infine ringraziato il sindacato per il rinnovo del contratto collettivo nazionale del settore energia e petrolio, definendolo un esempio di confronto «serio, trasparente e orientato al futuro». Un modello, ha concluso, «basato sul dialogo e sulla corresponsabilità, capace di conciliare la valorizzazione del lavoro con la competitività delle imprese».
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