2019-04-26
Dolce vita per l’amico di babbo Renzi imputato per Consip
Guadagna più di 250.000 euro all'anno e si occupa di petrolio. Lettera anonima: «Ha stretti rapporti con Russia e Cecenia».Il Pd rischia di perdere Scandicci. Contro il sindaco uscente del «feudo» del Rottamatore, l'ex assessore che ha lasciato il partito dopo il No al referendum costituzionale. Cresce anche il centrodestra.Lo speciale comprende due articoli. A fine maggio il giudice Clementina Forleo dovrà decidere in sede d'udienza preliminare se mandare a processo gli imputati dell'inchiesta Consip. Il più enigmatico di tutti resta l'imprenditore Carlo Russo, per cui a dicembre la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per millantato credito. Ma il reato a gennaio è stato cancellato dalla cosiddetta legge Spazzacorrotti ed è stato assorbito da una riformulazione del traffico di influenze illecite (di cui erano accusati Russo e Tiziano Renzi, per il quale i pm hanno chiesto l'archiviazione).Il millantato credito aveva come pena massima 5 anni, il nuovo articolo arriva a 4 anni e sei mesi. Per questo l'avvocato Gabriele Zanobini nei giorni scorsi ha fatto visita al pm romano Mario Palazzi per verificare l'aggiornamento del capo d'accusa in vista dell'udienza e nell'occasione ha domandato al magistrato se fosse eventualmente contrario a una richiesta di patteggiamento (valutato in questa fase dalla difesa al pari del rito abbreviato e del giudizio ordinario). Ma a quanto ci risulta la pubblica accusa non accetterà nessun patteggiamento.Forse perché si aspetta di vedere se in aula Russo continuerà a mantenere il suo ostinato mutismo o vorrà dare la sua versione dei fatti. Di certo il trentacinquenne toscano mal sopporta l'idea di essere considerato un fanfarone che si vantava di rapporti inesistenti con i pubblici ufficiali, in particolare con l'ex ad di Consip Luigi Marroni; si sente un lobbista a tutto tondo e difficilmente avrebbe anche solo immaginato di patteggiare una pena per millantato credito. Ma adesso il reato è stato cancellato e Russo è tornato sotto inchiesta per traffico di influenze illecite, sebbene nella sua nuova versione: la condotta punita non consiste più solo nello sfruttamento di relazioni esistenti, ma anche nella vanteria di relazioni «asserite» con un pubblico ufficiale.In aula Russo potrebbe decidere di raccontare la sua verità, anche se il suo avvocato non esclude che possa continuare a stare zitto. Infatti l'ex amico e collaboratore di Tiziano Renzi, da quando ha iniziato a frequentare il babbo dell'ex premier, ha svoltato. Nonostante l'inchiesta. Russo si è lasciato alle spalle le fallimentari esperienze professionali nel campo della distribuzione dei farmaci e dei centri massaggi, finite con chiusure di aziende e un'iscrizione sul registro degli indagati per autoriciclaggio. Nel gennaio 2015 è stato assunto alla Ceg elettronica industriale di Bibbiena (Arezzo) e nell'agosto-settembre 2017, in piena inchiesta Consip, esibiva una busta paga da 8.000 euro netti al mese (quasi 180.000 lordi l'anno), documento che ha utilizzato anche per garantire l'affitto di un bilocale per una conoscente presso un'agenzia immobiliare. Con la Ceg, nel novembre 2015, con Matteo Renzi premier, ha preso parte alla missione imprenditoriale in Iran guidata dall'allora viceministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda. Del resto la Ceg progetta e realizza impianti siderurgici per la fabbricazione e la finitura di tubi da impiegare nella ricerca e nell'estrazione petrolifera e del gas.Ma non è finita. Nel lussuoso attico di Scandicci in cui abita (nello stesso palazzo ha casa la famiglia del calciatore Andrea Barzagli), secondo le fonti della Verità, Russo ha realizzato una piccola spa all'interno della veranda che si apre meccanicamente e si trasforma in terrazza nei mesi più caldi. Agli ospiti offre bottiglie di vino da centinaia di euro l'una, ma soprattutto li delizia con i racconti delle sue imprese e, nel momento clou, mostra una sua foto con il presidente russo Vladimir Putin.Il ragazzo sarebbe attivo nel ramo del petrolio e del gas e si vanterebbe di avere una società in Russia e una in Arabia saudita. Non sappiamo se siano millanterie o meno, ma una lettera anonima arrivata ad alcuni media e consegnata alla Procura di Roma denuncia i suoi presunti rapporti con il controverso leader Ramzan Kadyrov, il quale, spalleggiato da Putin, governa la Cecenia secondo la sharia islamica. «Il Carlo Russo si sta recando in Russia con assidua frequenza, una o due volte al mese, davvero tanto per chi fino a pochi mesi fa non aveva mai messo piede in quelle zone», scrive la gola profonda. «Russo è da anni attivo nel settore oil e gas e collabora con varie società del settore. L'importante apertura in Russia serve al Russo a far crescere i suoi affari». Business che si estenderebbero anche all'Africa, dove l'imputato dell'inchiesta Consip avrebbe collegamenti con grandi compagnie petrolifere, in particolare nei Paesi francofoni del Continente nero. Russo avrebbe ospitato all'hotel Four seasons di Firenze anche un noto industriale in rapporti con l'Eni ed ex console onorario in Congo. Nei giorni scorsi abbiamo contattato Russo per informarlo del contenuto della lettera anonima e lui, dopo aver ascoltato, anziché smentire i suoi rapporti con Kadyrov e il resto, ci ha domandato che cosa c'entrassero quelle notizie con l'inchiesta Consip. Poi ha chiuso la conversazione. Di certo Russo allo stipendio che gli versa la Ceg aggiunge consulenze per decine di miglia di euro che raccoglie attraverso la sua Rc consulting che nel 2017 ha presentato un bilancio con 337.580 euro di ricavi (zero nel 2016) e un utile di 109.675 euro. Introiti che permettono di far schizzare il suo reddito personale ben sopra i 250.000 euro. Davvero molti per un presunto millantatore. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/dolce-vita-per-lamico-di-babbo-renzi-imputato-per-consip-2635550956.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-pd-rischia-di-perdere-scandicci" data-post-id="2635550956" data-published-at="1758064558" data-use-pagination="False"> Il Pd rischia di perdere Scandicci I tempi delle percentuali bulgare del Partito democratico sembrano lontanissimi perfino a Scandicci, la seconda città della provincia di Firenze per numero di abitanti che andrà alle urne il 26 maggio. Era il feudo del Rottamatore Matteo Renzi e trampolino di lancio dell'eurodeputata Simona Bonafè. Qui la sinistra governa ininterrottamente dal dopoguerra. Ma ora la poltronissima da sindaco, che a denti stretti nei bar da un po' di anni, ironia della sorte, chiamano «podestà», se la contendono una pasionaria che ha mollato il Pd e un militante leghista che è riuscito a mettere insieme l'armata del centrodestra. I candidati sono sei. E ovviamente c'è anche Sandro Fallani, il primo cittadino uscente, in corsa per il secondo mandato. Cinque anni fa vinse al primo turno con oltre il 72%, percentuale che lo fece schizzare verso i primi posti della classifica dei sindaci più votati d'Italia (e da sinistra sostengono che, proprio come fece Renzi da presidente della Provincia, una volta diventato assessore si sia fatto assumere da un'azienda per farsi pagare i contributi). Ha schierato tre liste civiche, una delle quali capeggiata da un assessore uscente che è punto di riferimento della locale comunità senegalese. In città si racconta che alle scorse primarie furono proprio gli 80 senegalesi che andarono a votare per Fallani l'ago della bilancia. Ora, però, a preoccupare il Giglio magico ma anche la segreteria provinciale dem, c'è il 40% incassato dal Rottamatore alle politiche di un anno fa, dato considerato molto basso per gli standard Pd a Scandicci, soprattutto se si considera che il candidato era proprio Renzi, e c'è una donna: l'ex piddina Chiara De Lucia. Ha inaugurato la sua corsa elettorale con un evento in cui il coprotagonista era l'opinionista Andrea Scanzi. De Lucia, che sedeva tra i banchi del Consiglio comunale, è uscita dal partito votando No al referendum costituzionale del 2016. Ha chiamato la sua civica Aria che mancava. E ritiene di averne già tolta un po', di aria, al centrosinistra: «Puntiamo al ballottaggio e con un po' di colpi siamo riusciti ad azzoppare le loro sicurezze e qualche cappa di omertà coinvolgendo opinione pubblica e prefetto». La sua lettura è questa: «La situazione è grave, contaminata da interessi (c'è ancora mezza città da costruire e ormai ci sono più multinazionali che artigiani) e rapporti di vario genere con l'ala ortodossa e meno competente del familismo renziano». Se la prende pure con Maria Elena Boschi. E non risparmia colpi al Giglio magico, raccontando di una Scandicci noir: «Abbiamo bisogno di rilanciare se vogliamo liberare questa città da forze oscure». Qui non sono passate inosservate neanche le coincidenze legate alla presenza di Oliviero Toscani che, l'8 marzo 2018 entra nel Pd, il 5 ottobre fotografa la Boschi, il 30 ottobre fotografa Diye Ndiaye, l'assessore senegalese del Pd che posa per uno spot di Benetton con la fascia da sindaco. «Ma davvero poi ci stupiamo che il Partito democratico gli abbia regalato le Autostrade?», disse il deputato di Fratelli d'Italia Giovanni Donzelli. Il tutto mentre proprio in quel periodo la giunta Fallani stava cercando soluzioni per uno svincolo autostradale. Anche Leonardo Batistini, da dieci anni in Consiglio comunale e ora alla guida del centrodestra unito a trazione leghista, è sceso in campo. E fa un esempio: «Per presentare una lista alle elezioni devi raccogliere 200 firme e capita spesso che qualche amico si rifiuti pur pensandola come te per paura di ripercussioni». Qui c'è ancora chi crede che se non hai in tasca la tessera del Pd, poi te la fanno pagare. «Però», sdrammatizza, «qualche mese fa è venuto Renzi a fare due passi con il sindaco uscente e nei sondaggi la mia percentuale è salita di due punti». Ed ecco spiegata la ragione dell'assenza del Bullo. Poi si fa di nuovo serio. E racconta una strana storia legata alla pubblicità elettorale dell'amministrazione attuale mandata nelle case dei cittadini grazie alle sponsorizzazioni di imprese che, a dire del candidato leghista, sarebbero direttamente legate all'edificabilità dei terreni. In tanti in città ormai sostengono che se si dovesse andare al ballottaggio Scandicci festeggerebbe il suo 25 aprile. Il Movimento 5 stelle, che cinque anni fa ottenne oltre l'11%, ha schierato il militante Bruno Tallarico. Per CasaPound ci prova il giovanissimo Matteo Daddi, che qui ha fondato un circolo. E per il Partito dei comunisti italiani è sceso in campo Enzo Bellocci. Inutile cercarlo su Facebook: odia i social e non ha neanche il cellulare. Ma qualche voto lo rosicchierà al Pd.