2022-07-09
«Dobbiamo insegnare ai nostri ragazzi l’orgoglio di lavorare come artigiani»
Il re dei gelatieri del Cilento Enzo Crivella: «Sul territorio hanno la possibilità di diventare imprenditori di successo. Con coraggio e fatica».Enzo Crivella, maestro gelatiere di Sapri (Salerno), instancabile e vulcanico masterchef del «gelato fatto ad arte», ideatore della «geogelatografia» («Scrivere la geografia significativa del territorio attraverso il gelato»), è uno dei pochissimi maestri gelatieri italiani insignito del Mam, il titolo di Maestro d’arte e mestiere equivalente al prestigioso Meilleur ouvrier de France (Mof) che incorona artigiani professionisti d’estrema eccellenza. Premiato poiché «più grande gelataio e animatore del gusto che il Cilento abbia mai avuto», habitué della Guida gelaterie d’Italia del Gambero Rosso, ha lanciato un’idea curiosa: ha proposto ai gelatieri sapresi di creare una unica gelateria senza dipendenti, gestita solo dai proprietari con ruoli diversi, per risolvere il problema dell’assenza di personale. «Naturalmente, è una provocazione per aprire la discussione», spiega Crivella alla Verità. «Senza personale, abbiamo grandissime difficoltà a mandare avanti le nostre piccole attività che già subiscono una pressione fiscale notevole».Spesso si parla dei grandi imprenditori milionari, ma in Italia ci sono tantissimi piccoli artigiani che lavorano in cucina con i dipendenti.«Ci sono diversi tipi di imprenditori. La mia attività nasce nel 1950 con mio padre e c’erano imprenditori che utilizzavano gli operai in una maniera oggi impensabile. Il rapporto tra imprenditore e operaio è cambiato moltissimo. Non si deve identificare pregiudizialmente una categoria dei buoni e una dei cattivi: c’è buon senso da entrambe le parti. Ma tanti ragazzi adesso non vogliono avvicinarsi al mondo del lavoro, in questo caso quello dell’artigianalità, penalizzato moltissimo, vogliono seguire altre strade, tipo l’influencer».Lei fa i colloqui, ha l’impressione che i ragazzi non vogliano più fare questi lavori artigianali?«Io dico loro: “Guardate che se fate questo mestiere poi diventate imprenditori, com’è stato per me, imparate il mestiere e poi diventate imprenditori”».È un messaggio che non viene mandato di frequente ai ragazzi... «Sento spesso la solita frase banale sugli imprenditori sfruttatori, ma quale ragazzo oggi accetterebbe di essere sfruttato? In realtà io li vedo abbastanza ribelli... Ma intanto questa narrazione ha creato una diatriba tra imprenditori e lavoratori. È una cosa voluta e non so da chi. Ma, nella realtà, noi coi ragazzi abbiamo dei rapporti bellissimi, piacevoli. Dovremmo piuttosto parlare di questioni come il divario tra Nord e Sud in questo settore, la differenza tra lavori annuali e lavori stagionali».Semplificare certo non aiuta a capire. Briatore ha proposto di togliere il reddito di cittadinanza ai giovani durante l’estate.«I ragazzi che vogliono avere visibilità vanno anche volentieri da Briatore o da Cracco. Ma da un artigiano anonimo no. Il protagonismo sfrenato odierno ci sta danneggiando ad ogni livello. Non c’è più l’aspirazione. La prima cosa che chiedono è “Quanto mi dai?”. C’è già una chiusura, una giustificazione, anche coi genitori, che hanno la responsabilità di non spingere questi ragazzi a trovarsi un lavoro». Bisognerebbe far tornare ai giovani l’amore per questi lavori e l’orgoglio di farli, dunque? «Nel nostro territorio molti ragazzi sono diventati imprenditori di sé stessi. Non ci credevo molto, nella mia militanza ventennale con Slow Food, invece questo ritorno alla terra, come diceva Carlin (Carlo Petrini, ndr), si è verificato, con mio grande piacere. Spesso vado incontro a questi ragazzi facendo un gelato coi loro prodotti, per dare visibilità. Questa ritrovata dignità, che l’agricoltura, ai loro occhi, aveva perso, è la chiave del loro successo». Cosa pensa della proposta di togliere d’imperio il reddito di cittadinanza?«Reputo che il reddito di cittadinanza sia stato una grande conquista e una necessità per i bisognosi, però la sua seconda fase, trovare un lavoro, è stata un fallimento e tanti percettori si sono adagiati su queste cifre mensili. Lo Stato potrebbe darle agli imprenditori che assumono i ragazzi col reddito: lo stipendio non costerebbe 1500-1800 euro al mese a noi imprenditori, ma 500-600 euro in meno e lo Stato aiuterebbe sia i ragazzi, sia gli imprenditori. Non sarebbe più un regalo a loro, perché li assumi. Né a noi, perché li assumiamo. Abbiamo criticato per anni l’assistenzialismo della Democrazia Cristiana, ma elargire soldi così è uno spreco ed è inutile. Dobbiamo prendere coscienza di una situazione drammatica. Sempre meno persone hanno in mano poteri sempre più ampi». Ampliare il numero dei piccoli imprenditori significherebbe anche costruire un capitalismo più gentile?«Sì. Più equo, più giusto, più spalmato. Bisogna assistere i ragazzi nel progetto di diventare imprenditori, farli affacciare al mondo del lavoro e poi farli appassionare, come accadde a me. Ci vogliono produzione e produttività per migliorare la società. Nella semplicità ci sono tutte le soluzioni, lo dico da anni. Bisogna tornare alla tradizione anche nel campo del lavoro».
A condurre, il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin. In apertura, Belpietro ha ricordato come la guerra in Ucraina e lo stop al gas russo deciso dall’Europa abbiano reso evidenti i costi e le difficoltà per famiglie e imprese. Su queste basi si è sviluppato il confronto con Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, società con 70 anni di storia e oggi attore nazionale nel settore energetico.
Cecconato ha sottolineato la centralità del gas come elemento abilitante della transizione. «In questo periodo storico - ha osservato - il gas resta indispensabile per garantire sicurezza energetica. L’Italia, divenuta hub europeo, ha diversificato gli approvvigionamenti guardando a Libia, Azerbaijan e trasporto via nave». Il presidente ha poi evidenziato come la domanda interna nel 2025 sia attesa in crescita del 5% e come le alternative rinnovabili, pur in espansione, presentino limiti di intermittenza. Le infrastrutture esistenti, ha spiegato, potranno in futuro ospitare idrogeno o altri gas, ma serviranno ingenti investimenti. Sul nucleare ha precisato: «Può assicurare stabilità, ma non è una soluzione immediata perché richiede tempi di programmazione lunghi».
La seconda parte del panel è stata guidata da Giuliano Zulin, che ha aperto il confronto con le testimonianze di Maria Cristina Papetti e Maria Rosaria Guarniere. Papetti ha definito la transizione «un ossimoro» dal punto di vista industriale: da un lato la domanda mondiale di energia è destinata a crescere, dall’altro la comunità internazionale ha fissato obiettivi di decarbonizzazione. «Negli ultimi quindici anni - ha spiegato - c’è stata un’esplosione delle rinnovabili. Enel è stata tra i pionieri e in soli tre anni abbiamo portato la quota di rinnovabili nel nostro energy mix dal 75% all’85%. È tanto, ma non basta».
Collegata da remoto, Guarniere ha descritto l’impegno di Terna per adeguare la rete elettrica italiana. «Il nostro piano di sviluppo - ha detto - prevede oltre 23 miliardi di investimenti in dieci anni per accompagnare la decarbonizzazione. Puntiamo a rafforzare la capacità di scambio con l’estero con un incremento del 40%, così da garantire maggiore sicurezza ed efficienza». Papetti è tornata poi sul tema della stabilità: «Non basta produrre energia verde, serve una distribuzione intelligente. Dobbiamo lavorare su reti smart e predittive, integrate con sistemi di accumulo e strumenti digitali come il digital twin, in grado di monitorare e anticipare l’andamento della rete».
Il panel si è chiuso con un messaggio condiviso: la transizione non può prescindere da un mix equilibrato di gas, rinnovabili e nuove tecnologie, sostenuto da investimenti su reti e infrastrutture. L’Italia ha l’opportunità di diventare un vero hub energetico europeo, a patto di affrontare con decisione le sfide della sicurezza e dell’innovazione.
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Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)