
Viviamo in una dittatura delle minoranze (specie se islamiche). Non arrendiamoci al conformismo e stiamo con chi ha ragione.Per diventare infrangibili imparare a smascherare il buonismo. Buonismo vuol dire fare il male spacciandolo per bene, spacciandolo per una specie di giustizia sociale e di fratellanza umana di cui invece è una parodia, con livide accuse di vari tipi di cattiveria, di fobie e di «ismi», a chi riesce a sottrarsi allo schema manipolatorio.La frase «noi stiamo sempre dalla parte delle minoranze» è ovunque ripetuta come un mantra ed è la colonna portante del politicamente corretto. In realtà è una frase che denuncia una assoluta mancanza di pensiero logico e una resa alla mancanza di etica. Si sta dalla parte di chi ha ragione, ma questo presuppone la capacità di stabilire chi ha ragione, necessita quindi della ossuta volontà di distinguere il bene dal male, capacità che nel postmoderno si sta un po' spampanando, con voluttuosi passaggi al pensiero debole o direttamente al non pensiero, così si fa prima e si resta immersi in una misericordia tonda e paffuta come lo zucchero filato, con la consistenza della panna montata e delle sabbie mobili. Una volta accettato che tutto è relativo, non c'è più la capacità di stabilire cosa è bene e cosa è male, chi ha ragione e chi ha torto, e quindi la minoranza brilla e scintilla come un imperativo etico. Gli uomini d'onore, e per uomini d'onore si intendono coloro che hanno un onore, cioè un'etica, stanno dalla parte di chi ha ragione.Se in una situazione conflittuale una minoranza ha ragione, si sta dalla parte della minoranza, se ha torto si sta dalla parte di chi cerca di contenerla. La maggioranza ha il dovere di rispettare la minoranza e la minoranza ha il dovere di rispettare la maggioranza. Nessuna maggioranza ha il dovere di rispettare minoranze che irridono alla sua religione e alla sua morale. La frase «noi stiamo sempre dalla parte delle minoranze», frase di cosmica mancanza di logica, indica che le minoranze hanno sempre ragione a prescindere, e porta a una dittatura delle minoranze, a una frammentazione della società in una miriade di comunità chiuse, ognuna asserragliata nel suo ringhioso vittimismo, come brillantemente spiegato dal filosofo francese Pascal Bruckner nei suoi imperdibili libri, La tirannia della penitenza e Il singhiozzo dell'uomo bianco.Quello che nemmeno Pascal Bruckner sottolinea è che ci sono minoranze di serie A e minoranze di serie B. Tra le minoranze di serie A ci sono le comunità islamiche.Per evitare il rischio di offenderle si levano i crocefissi, si vietano i canti di Natale, in una corsa al ridicolo le maestre storpiano canzoncine sostituendo la parola Gesù con la parola Perù e altre amenità di questo calibro. Per non offendere le minoranze islamiche si vieta il maiale nelle scuole, ma non si offre cibo kosher quindi la minoranza ebraica si arrangi e non si elimina il manzo che resta incontrastato ovunque: gli induisti, anche loro, sono minoranza di serie B? La buonanima dell'ayatollah Khomeini non aveva una stima eccelsa per entrambe le categorie e il politicamente corretto si adegua. Gli atti di antisemitismo della minoranza islamica contro gli ebrei europei sono talmente frequenti e violenti che è sconsigliato su suolo europeo portare la kippà o altri segni visibili di appartenenza ebraica. Gli ebrei uccisi in attentati sono sempre di più, anche bambini sono stati intenzionalmente assassinati come i bimbi della scuola ebraica di Tolosa, anche qualche cristiano è stato assassinato intenzionalmente e con un certo entusiasmo, ma quelli, non facendo parte di una minoranza, sono considerati irrilevanti e quindi possiamo infischiarcene. Nel caso si chiarisce che si è trattato di un povero isolato con problemi psichici, assolutamente isolato, che l'importante è non generalizzare, e che ci sono gessetti colorati a sufficienza. I cristiani europei hanno avuto qualche restrizione, entrare nelle cosiddette no go zone lo si fa a proprio rischio e pericolo. Nel terrificante libro La France orange mécanique (Francia arancia meccanica), Laurent Obertone spiega come più della metà dei crimini sessuali su suolo francese sia commesso dalla minoranza islamica, e che precise direttive del ministero dell'Interno impongano che i nomi e la origine etnica non siano rivelati. Stessa situazione in Germania e in Svezia, ma non in Ungheria. Noi plebei cafoni abbiamo l'impressione che questa cosa si potrebbe chiamare censura, ma ci assicurano che no, è la prevenzione dell'islamofobia, prevenire è meglio che curare, e l'islamofobia è uno dei crimini più odiosi. A noi plebei e cafoni viene l'idea che l'islamofobia sia lo psicoreato di un futuro, anzi di un presente dannatamente totalitario, ma è una nostra impressione. Il fatto che ebrei, sempre più numerosi, lascino la Francia - e gli ebrei non sono immigrati, sono uno dei costituenti dell'Europa - ci sembra dannatamente inquietante, la visita psichiatrica cui vogliono sottoporre Marine Le Pen ci sembra molto inquietante e abbiamo deciso di inquietarci. Siamo plebei e cafoni e non vogliamo migliorare. Fatevene una ragione. Ce lo permette la nostra assoluta mancanza di razzismo, l'essere pienamente coscienti che tutte le creature umane nascano con le stesse potenzialità, e che quindi le differenze tra un gruppo etnico e l'altro non sono strutturali, ma culturali. Non esiste la «Buddofobia» e non esiste la «induismofobia», quindi la sempre più solidamente diffusa islamofobia testimonia che c'è un gruppo etnico che ha caratteristiche ideologiche che lo rendono temibile. Il razzismo lo abbiamo quando si mente. Quando si dice la verità e si sta illustrando un problema, si sta appunto dicendo la verità e si stanno mostrando statistiche. Se un gruppo etnico ha maggiore aggressività e minori risultati scientifici lo si dichiara, perché questo ha una causa, che è culturale e una soluzione, che è anche'essa culturale. I cristiani più violentemente aggrediti sul suolo europeo sono le minoranze di cristiani immigrati da Paesi islamici. A Bergamo la comunità dei cristiani pakistani mi segnala microaggressioni continue, a Torino la comunità copta segnala a aggressioni.Le minoranze o le si rispetta tutte o nessuna, altrimenti vuol dire un dannato intollerabile razzismo, una resa ai più forti, un'abdicare ai principi più sacri.Impariamo a diventare belve, leoni, leonesse: si combatte per la giustizia, non per le minoranze. Decine di migliaia di cristiani assassinati nei Paesi dove sono minoranza, la Nigeria per esempio, non appassionano?
(Ansa)
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(IStock)
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Antonio Tajani (Ansa)
Alla Triennale di Milano, Azione Contro la Fame ha presentato la Mappa delle emergenze alimentari del mondo, un report che fotografa le crisi più gravi del pianeta. Il ministro Tajani: «Italia in prima linea per garantire il diritto al cibo».
Durante le Giornate Contro la Fame, promosse da Azione Contro la Fame e inaugurate questa mattina alla Triennale di Milano, è stato presentato il report Mappa delle 10 (+3) principali emergenze alimentari globali, un documento che fotografa la drammatica realtà di milioni di persone colpite da fame e malnutrizione in tutto il mondo.
All’evento è intervenuto, con un messaggio, il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha espresso «gratitudine per il lavoro prezioso svolto da Azione Contro la Fame nelle aree più colpite dalle emergenze alimentari». Il ministro ha ricordato come l’Italia sia «in prima linea nell’assistenza umanitaria», citando gli interventi a Gaza, dove dall’inizio del conflitto sono state inviate 2400 tonnellate di aiuti e trasferiti in Italia duecento bambini per ricevere cure mediche.
Tajani ha definito il messaggio «Fermare la fame è possibile» un obiettivo cruciale, sottolineando che l’insicurezza alimentare «ha raggiunto livelli senza precedenti a causa delle guerre, degli eventi meteorologici estremi, della desertificazione e dell’erosione del suolo». Ha inoltre ricordato che l’Italia è il primo Paese europeo ad aver avviato ricerche per creare piante più resistenti alla siccità e a sostenere progetti di rigenerazione agricola nei Paesi desertici. «Nessuna esitazione nello sforzo per costruire un futuro in cui il diritto al cibo sia garantito a tutti», ha concluso.
Il report elaborato da Azione Contro la Fame, che integra i dati dei rapporti SOFI 2025 e GRFC 2025, individua i dieci Paesi con il maggior numero di persone in condizione di insicurezza alimentare acuta: Nigeria, Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Bangladesh, Etiopia, Yemen, Afghanistan, Pakistan, Myanmar e Siria. In questi Paesi si concentra oltre il 65% della fame acuta globale, pari a 196 milioni di persone. A questi si aggiungono tre contesti considerati a rischio carestia – Gaza, Sud Sudan e Haiti – dove la situazione raggiunge i livelli massimi di gravità.
Dal documento emergono alcuni elementi comuni: la fame si concentra in un numero limitato di Paesi ma cresce in intensità; le cause principali restano i conflitti armati, le crisi climatiche, gli shock economici e la fragilità istituzionale. A complicare il quadro contribuiscono le difficoltà di accesso umanitario e gli attacchi agli operatori, che ostacolano la distribuzione di aiuti salvavita. Nei tredici contesti analizzati, quasi 30 milioni di bambini soffrono di malnutrizione acuta, di cui 8,5 milioni in forma grave.
«Non è il momento di tagliare i finanziamenti: servono risorse e accesso umanitario per non interrompere gli interventi salvavita», ha dichiarato Simone Garroni, direttore di Azione Contro la Fame Italia.
Il report raccoglie anche storie dal campo, come quella di Zuwaira Shehu, madre nigeriana che ha perso cinque figli per mancanza di cibo e cure, o la testimonianza di un residente sfollato nel nord di Gaza, che racconta la perdita della propria casa e dei propri cari.
Nel mese di novembre 2025, alla Camera dei Deputati, sarà presentato l’Atlante della Fame in Italia, realizzato con Percorsi di Secondo Welfare e Istat, che analizzerà l’insicurezza alimentare nel nostro Paese: oltre 1,5 milioni di persone hanno vissuto momenti di scarsità di risorse e quasi 5 milioni non hanno accesso a un’alimentazione adeguata.
Dal 16 ottobre al 31 dicembre partirà infine una campagna nazionale con testimonial come Miriam Candurro, Germano Lanzoni e Giorgio Pasotti, diffusa sui principali media, per sensibilizzare l’opinione pubblica e sostenere la mobilitazione di aziende, fondazioni e cittadini contro la fame nel mondo.
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