È in corso Expo 2015, il sole cuoce tanto da spaccare le pietre e lui, Giorgio, si trova in fila con gli amici per entrare al padiglione del Kazakistan. Arriva un messaggino di lei, Claudia. È la ragazza di cui lui è innamorato senza speranza: lei lo vede solo come un amico. Il messaggino dice che lei ha casa libera e vorrebbe fornicare con lui (ovviamente lei non scrive «fornicare», ma il sinonimo da sito pornografico ve lo risparmiamo). Lui impazzisce di gioia, non se lo aspettava. È giustamente incredulo, o meglio crede che lei scherzi. Lei insiste che non scherza. Lui prova a titubare, ma presto crolla. Abbandona gli amici in fila, corre a prendere l'auto per correre da lei, chiede anche se deve portare qualcosa da mangiare. Ma lei è sparita, non dà più segni di vita. Poi, finalmente, si degna di rispondere e confessa che si trattava di uno scherzo: «Sì che era uno scherzo Giorgio, ma sei completamente stupido? Quando mai potrei fornicare con te?». A quel punto lui impazzisce di nuovo, ma non di gaudio. Si trasfigura in un pazzo (giustamente) furioso e scrive, tutto in maiuscolo: «HO UN ATTACCO EPILETTICO TRA 5 MINUTI». In preda al delirio, le scrive: «Sei una deficiente totaleeee». Lei cerca di buttarla in vacca: sei «un credulone», gli dice; «la colpa è un po' tua» e «si capiva che era uno scherzo».
Infine, l'esplosione assoluta. Lui, il povero Giorgio, comincia a scrivere a ripetizione (sempre tutto in maiuscolo): «HO LASCIATO 5 ORE DI CODA AL PADIGLIONE DEL KAZAKISTAN PER TE». Lo scrive, per l'esattezza, sette volte di seguito e poi lo continua a ribadire come ritornello di altre strofe di messaggi come «IO ORA VENGO LÌ E MI FACCIO TUA SORELLA E PURE TUA MAMMA CHE È PIÙ FIGA DI TE ANCHE SE HA 54 ANNI». A quel punto, avviene il miracolo. Claudia cede davvero: «Facciamo che per stasera te la dò», perché «tra l'altro vederti così incazzato mi ha pure un po' eccitata». Giorgio, ancora furioso, reagisce da maschione troppo a lungo vituperato, senza sentimentalismo: «ECCO BRAVA». E ribadisce di nuovo, a scanso di equivoci: «HO LASCIATO 5 ORE DI CODA AL PADIGLIONE DEL KAZAKISTAN PER TE».
Questi messaggi con il terrificante sfondo della coda al padiglione kazako di Expo sono l'apoteosi del «teatro della Friendzone». Una serie di tragedie in poche battute che, da almeno un anno, sono raccolte sulla pagina Facebook «Boom. Friendzoned», che vanta ormai un milione e mezzo di «mi piace». Si tratta di una collezione di foto che immortalano gli scambi di sms tra varie coppie di amici. Che hanno una particolarità: uno dei due è innamorato perso dell'altro, ma l'altro non lo ricambia. Lo considera - appunto - soltanto un amico. E, di solito, glielo comunica in modo piuttosto brutale.
Esistono molti mali al mondo, lo sappiamo. Ma ce n'è uno diffuso a macchia d'olio, mai trattato da nessuno prima della comparsa di «Boom. Friendzoned». O, comunque, non con tanta compassione e insieme ironia. Perché la caratteristica dell'essere «friendzonati» - ovvero posizionati nella zona «amicizia» mentre si vorrebbe stare in quella «relazione sessuale» o «relazione sentimentale» - è che al rifiuto si aggiunge la schiavizzazione. Il soggetto «friendzonante» non solo non ama, ma accetta o addirittura pretende tutte le cose che il soggetto innamorato fa per lui nella speranza di salire di zona. Il livello tragicomico delle centinaia di screenshot collezionati dalla pagina è altissimo, le variazioni sul tema tali da riempire un'enciclopedia del dramma. C'è il friendzonante che scrive al friendzonato: «Ti amo anche io, ma di bene». Ma piuttosto odiami e vieni a letto con me! C'è chi sfrutta i sentimenti amorosi altrui per chiedere aiuti e favori. Ma comunque sia, il noto cetriolo finisce sempre per ledere il povero innamorato, che non trova quasi mai la forza di sottrarsi.
L'archivio di dialoghi è infinito, e infatti è finito in un libro. Si intitola appunto Ti amo di bene (Piemme), è costituito da centosessanta pagine di dialoghi tra schiavi d'amore e padroni di stronzaggine (diciamolo) e verrà presentato domani alle 15:30, al Mondadori Megastore di Piazza Duomo a Milano. Occorre averne una copia perché il trascurato dramma del friendzonato contemporaneo non sia giammai dimenticato.
Sarà presente all'a presentazione all'appuntamento anche Enrico Mauro - il genio che ha fondato la relativa pagina Facebook - per firmare le copie. Ma, soprattutto, si tratterà di qualcosa di più di una semplice presentazione. Sarà una sorta di raduno di tutti i friendzonati d'Italia per i quali, è stato annunciato, ci saranno «sorprese!».
Mi domando di che tipo. Nell'attesa di scoprirlo partecipando all'happening, immagino manichini appesi al soffitto come nel gioco della pentolaccia: quello che in Messico si chiama «piñata» e consiste nel prendere a bastonate, bendati, la suddetta pentola. Che in questo caso potrebbe avere tratti antropomorfi, a simboleggiare tutti gli «amici» che si sono approfittati dell'amore altrui. I «friendzonati» potrebbero allora compiere un gesto catartico per sfogare le umiliazioni subite, lanciandosi sul fantoccio e coprendolo di mazzate. Le stesse che i friendzonati vorrebbero rifilare ai loro carnefici. Magari i poverini non troveranno pace, ma volete mettere la sacrosanta soddisfazione? Immagino anche che a questo raduno di cuori infranti saranno presenti sagome in stile tiro al segno su cui attaccare la foto del friendzonante e sparare ad aria compressa. Oppure manichini da lapidare a sassate. E ancora piscine vuote nelle quali riversare tutte le proprie lacrime per poi tuffarcisi a nuotare. Magari, alla convention di domani, capiterà pure che qualche «friendzonato» si innamori di un suo gemello di sventura, dimenticando per sempre le passate sofferenze. E non ne dubito: ci sarà anche, tra la folla, qualche raro esemplare di friendzonato che, alla fine, è riuscito a fidanzarsi con l'oggetto del suo paziente amore. O ci saranno ex friendzonati accompagnati da chi, diversamente dall'arcigno friendzonante, li ha apprezzati e voluti.
Ci voleva proprio questa rassegna dell'orgoglio friendzone. Una sorta di «Friendzone Day» che sicuramente non sfigurerà accanto a tutti gli altri «Day» che siamo ormai abituati a celebrare nelle piazze. Diversamente dagli altri, questo, almeno, farà anche ridere.