
Il rincaro sul lavoro domestico sarà cancellato. Ma si dovrebbe poter dedurre l'intera paga di chi dà assistenza a un invalido.Cancellare l'«errore» non basta. Non è sufficiente eliminare dal decreto dignità la norma sul rincaro dei contributi (+0,5 per cento) per i contratti a tempo determinato, quelli insomma che se la famiglia assume una colf a tempo determinato, o un'anziana prende una badante solo per l'estate, deve pagare di più. Perché quella di colf e badanti è una vera beffa fiscale per il cittadino. Anziani e disabili sono costretti a servirsi di badanti, spesso senza arte né parte e, comunque, il più delle volte a pagarli in nero perché lo Stato è disattento, quando non insensibile, alla disabilità. Le cui spese dovrebbero essere interamente deducibili, altro che rincarate. Anche se a spegnere l'allarme lanciato ieri in prima pagina dal Giornale, titolo di testata: «Colf e badanti: arriva la stangata», con riferimento appunto ai rincari previsti dal decreto dignità, ci ha pensato - in contemporanea - il Corriere della Sera: «Si prepara una marcia indietro sull'aumento dei costi a carico delle famiglie che hanno un aiuto in casa, e cioè una colf, una badante o una baby sitter. Governo e maggioranza sono pronte a cancellare la norma contenuta nel decreto dignità, già in vigore ma adesso in Parlamento per la conversione in legge». Insomma, l'aumento dei contributi a carico delle famiglie, fino a 160 euro in più l'anno, dovrebbe essere eliminato direttamente dal governo con un emendamento da presentare in commissione o in Aula.trascuratezza fiscaleResta il fatto che è tempo di dichiarazione dei redditi e gli italiani, nel tentativo di alleviare in qualche modo la pressione fiscale, vanno alla ricerca delle detrazioni e deduzioni possibili, poche e il più delle volte figurative, che sempre deludono, in particolare gli anziani, i malati e i disabili costretti a ricorrere per il compimento degli atti più elementari della vita quotidiana al supporto di un familiare o di un «badante», per lavarsi, mangiare, sedersi o sdraiarsi a letto.Queste persone, che soffrono di menomazioni e malattie o gli anziani, resi impediti anche solamente dagli acciacchi dell'età, una condizione destinata a crescere in una società nella quale la vita si è allungata, quando affetti da una «grave e permanente invalidità o menomazione» devono sostenere, oneri di «assistenza specifica» e di «assistenza personale nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana». Si tratta di condizioni di drammatica sofferenza che il fisco tratta con straordinaria trascuratezza.detrazioni ridicoleParliamo delle spese sostenute da «persona handicappata» che l'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) definisce al comma 1 come «colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione». Con la precisazione (comma 3) che «qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità». E, pertanto, assicura «priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici».Ebbene, nonostante la «connotazione di gravità» e la promessa di farne una «priorità» che, peraltro, com'è ovvio non è solamente «correlata all'età», dal reddito complessivo di queste persone, l'articolo 10, lettera b) del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) consente siano deducibili «le spese mediche e quelle di assistenza specifica nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione». Per assistenza specifica s'intende la collaborazione infermieristica, mentre per i «badanti» (cioè «gli addetti all'assistenza personale nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana», così si esprime l'articolo 15, lettera 1-septies, del Tuir: dall'imposta lorda si detrae una somma pari al 19% delle spese sostenute per un importo non superiore a euro 2.100, cioè 399 euro. Sempreché il reddito complessivo non superi i 40.000 euro. È la vergognosa negazione di un diritto fondamentale, quello ad una condizione di vita appena dignitosa. doppia imposizioneInfatti, alla persona non autosufficiente un badante (oltre vitto e alloggio) non costa meno di 1.000 euro al mese, in sostanza 13.000 l'anno, compresa la tredicesima mensilità, esclusi i contributi (autonomamente detraibili fino all'importo di 1.549,37 euro, come si deduce del comma 2 del richiamato articolo 10 del Tuir, in sostanza la metà di quanto viene corrisposto all'Inps). Ora non è dubbio che si tratti di una gravissima discriminazione a carico di chi soffre una difficile condizione personale, perché viene tassato un reddito che l'invalido trasferisce ad altro soggetto il quale, sussistendone le condizioni, dovrà fare la propria dichiarazione al fisco. In sostanza quella somma viene tassata due volte, in quanto reddito dell'invalido e del badante.Si consideri, inoltre, che l'invalido il quale «si fa assistere» in proprio non grava sul bilancio del Servizio sanitario nazionale, come avverrebbe se fosse ricoverato in una struttura accreditata. Parliamo, in particolare, degli invalidi totali, non autosufficienti che non possono fare a meno di una assistenza continua. E se sono ricoverati in una residenza per anziani neppure le spese di degenza sono deducibili.necessità, non facoltàGiustizia, quella giustizia che la gente istintivamente percepisce come esigenza fondamentale di una società, anche quando digiuna di studi giuridici, dovrebbe portare naturalmente alla conclusione che la paga del badante debba essere integralmente dedotta dal reddito imponibile dell'invalido «datore di lavoro» perché destinata ad assicurare l'«assistenza personale nei casi di non autosufficienza nel compiere gli atti della vita quotidiana». La badante non è una «dama di compagnia», della quale un tempo godevano le nobildonne. Non si tratta, infatti, un aiuto facoltativo, come quello della collaboratrice domestica che spolvera, lava i pavimenti e cucina, ma di una necessità che, come detto, è finalizzata a consentire ad un invalido di vivere dignitosamente.problema delle famiglieOggi, nel governo presieduto da Giuseppe Conte, in adempimento di un impegno che il leader della Lega Matteo Salvini aveva preso nel corso della campagna elettorale, poi recepito dal contratto di governo, c'è un ministro con una specifica delega alla famiglia ed alle disabilità. È Lorenzo Fontana, veronese, battagliero paladino della famiglia come l'ha individuata la Costituzione all'articolo 29, costituita da un uomo e da una donna. Perché la «società naturale fondata sul matrimonio» ha come finalità essenziale quella della procreazione, perché i figli sono un investimento per la famiglia e lo Stato. Come hanno compreso in Europa gli Stati che hanno da tempo adeguato il regime fiscale della famiglia, dalla Francia alla Svezia, alla Danimarca. Con attenzione alle disabilità, che sono un problema delle famiglie. E la famiglia è il laboratorio della nuova politica economica e, quindi, fiscale. Ciò che non sfuggirà al ministro dell'Economia, Giovanni Tria, magari su input di Luigi Di Maio, Matteo Salvini e Lorenzo Fontana. Per fare giustizia e far emergere il lavoro nero diffuso nel settore dell'assistenza personale, con un recupero dell'imposizione a carico del lavoratore, contestualmente qualificando professionalmente i badanti, uomini e donne, ai quali va richiesta la conoscenza di nozioni infermieristiche minime necessarie per l'assistenza ad un malato o ad un anziano.obbligo del patentino Un impegno per il ministro Fontana da gestire con i colleghi del Lavoro, Luigi Di Maio e della Salute, Giulia Grillo, per l'istituzione di un patentino che attesti, al termine di un corso di formazione, la capacità professionale di un badante. Sono tutto sommato interventi semplici, da adottare rapidamente. Quelli fiscali, in particolare perché è evidente che il lavoro nero in questo settore è particolarmente esteso, per cui non c'è da temere una perdita di gettito. Anzi, il fisco accerterebbe nuovi redditi e l'Inps nuovi contributi. Argomento fin qui mai affrontato dal pur loquace suo presidente, Tito Boeri.
Cartelli antisionisti affissi fuori dallo stadio dell'Aston Villa prima del match contro il Maccabi Tel Aviv (Ansa)
Dai cartelli antisionisti di Birmingham ai bimbi in gita nelle moschee: i musulmani spadroneggiano in Europa. Chi ha favorito l’immigrazione selvaggia, oggi raccoglie i frutti elettorali. Distruggendo le nostre radici cristiane.
Uno spettro si aggira per il mondo: lo spettro dell’islamo-socialismo. Da New York a Birmingham, dalle periferie francesi alle piazze italiane, cresce ovunque la sinistra di Allah, l’asse fra gli imam dei salotti buoni e quelli delle moschee, avanti popolo del Corano, bandiera di Maometto la trionferà. Il segno più evidente di questa avanzata inarrestabile è la vittoria del socialista musulmano Zohran Mamdani nella città delle Torri Gemelle: qui, dove ventiquattro anni fa partì la lotta contro la minaccia islamica, ora si celebra il passo, forse definitivo, verso la resa dell’Occidente. E la sinistra mondiale, ovviamente, festeggia garrula.
Il neo sindaco di New York Zohran Mamdani (Ansa)
Il sindaco di New York non è un paladino dei poveri e porta idee che allontanano sempre più i colletti blu. E spaccano l’Asinello.
La vulgata giornalistica italiana sta ripetendo che, oltre a essere uno «schiaffo» a Donald Trump, la vittoria di Zohran Mamdani a New York rappresenterebbe una buona notizia per i diritti sociali. Ieri, Avvenire ha, per esempio, parlato in prima pagina di una «svolta sociale», per poi sottolineare le proposte programmatiche del vincitore: dagli autobus gratuiti al congelamento degli affitti. In un editoriale, la stessa testata ha preconizzato un «laboratorio politico interessante», sempre enfatizzando la questione sociale che Mamdani incarnerebbe.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 7 novembre con Carlo Cambi
Il luogo dell'accoltellamento a Milano. Nel riquadro, Vincenzo Lanni (Ansa)
Nei principali Paesi europei, per essere riconosciuto «pericoloso» basta la segnalazione di un medico. Qui invece devi prima commettere un delitto. E pure in questo caso non è detto che una struttura ti accolga.
Vincenzo Lanni, l’accoltellatore di Milano, aveva già colpito. Da condannato era stato messo alla Rems, la residenza per le misure di sicurezza, poi si era sottoposto a un percorso in comunità. Nella comunità però avevano giudicato che era violento, pericoloso. E lo avevano allontanato. Ma allontanato dove? Forse che qualcuno si è preso cura di Lanni, una volta saputo che l’uomo era in uno stato di abbandono, libero e evidentemente pericoloso (perché se era pericoloso in un contesto protetto e familiare come quello della comunità, tanto più lo sarebbe stato una volta lasciato libero e senza un riparo)?






