2025-06-25
Diminuiscono i cittadini in povertà: facciamo meglio di Parigi e Berlino
Marco Fortis (Imagoeconomica)
Le persone in uno stato di grave deprivazione materiale sono scese da 7,3 milioni nel 2015 a 2,7 nel 2024. Rappresentano il 4,6% della popolazione: in Francia sono il 6,6%, in Spagna l’8,3, in Germania il 6,2.La speranza è sempre la stessa, in ogni mutazione genetica del liberismo: che il denaro letteralmente coli giù dalla tavola dei più ricchi e arrivi a quella dei più poveri. In mezzo, ci sono gli Stati, che dovrebbero regolare il traffico della redistribuzione tra miliardari, ceti alti, ceti medi e ceti bassi. Gli ultimi numeri dicono che l’Italia non sta per nulla male: la ricchezza aumenta, ma si concentra sempre in troppe poche mani. Con un dato a sorpresa, l’indice di «grave deprivazione materiale», rappresentato da una seria esposizione delle persone a un minimo imprevisto finanziario, è nettamente inferiore a quello di Francia, Spagna e Germania. Insomma, c’è un tessuto sociale che tiene, forse più del previsto, e c’è una distribuzione collettiva della ricchezza che inizia lentamente a migliorare.I numeri li ha tirati fuori, e li ha spiegati, l’economista liberale Marco Fortis, che insegna economia industriale alla Cattolica di Milano e dirige la Fondazione Edison. Intervistato da ItaliaOggi, Fortis spiga innanzitutto che anche in un contesto turbato dalle guerre, «i consumi stanno tenendo», ma che a spingere l’economia italiana sono gli investimenti, come dimostra anche la crescita dei macchinari negli ultimi sei mesi. Dopo di che, l’economista segnala «un dato che mi pare importante in un periodo in cui si sta parlando di bassi salari e povertà nel nostro Paese». Si tratta, continua Fortis, dell’indicatore di grave deprivazione materiale, misurato sulla base di 13 diversi segnali che vanno dall’impossibilità di affrontare spese impreviste all’avere debiti fino al non riuscire a permettersi un pasto adeguato una volta ogni due giorni: «Se nel 2015, dopo l’austerità del 2011-13, erano 7.386.000 gli italiani in questo stato, nel 2024 sono diventati 2.710.000, il 4,6% della popolazione» E per fare dei confronti, in Francia l’anno scorso era in grave deprivazione materiale il 6,6% della popolazione, in Spagna l’8,3%, in Germania il 6,2%. Sono numeri che vanno in qualche modo contro corrente, almeno se ci si ferma al dibattito politico e sui giornali. Ma per Fortis ci dicono che nell’ultimo decennio «c’è stato un irrobustimento del tessuto sociale del nostro Paese che, unito al recupero in atto del potere d’acquisto, può contribuire alla tenuta dei consumi, anche se certo non possiamo aspettarci che siano in grado da soli di portarci a un crescita del Pil del 3% l’anno, anche perché la popolazione sta calando». Per carità, non si tratta di negare i problemi che l’economia italiana deve affrontare, a cominciare dalla politica industriale (vedi ex Ilva e settore auto), dalle tariffe elettriche che minano la competitività europea delle nostre imprese e dagli stipendi bassi, che insieme alla denatalità rischiano di far scappare i giovani e rendere l’Italia un Paese sempre più anziano e alle prese con i noti squilibri pensionistici e migratori. Tuttavia, questi dati sulla povertà ci dicono che nel complesso la ricchezza aumenta e continua a distribuirsi in modo diseguale, anche se l’Italia tiene meglio di una volta. La settimana scorsa, un report molto dettagliato di Ubs sulla ricchezza globale spiegava che in Italia ci sono poco più di 1,3 milioni di milionari in dollari e che l’Italia si distingue per solidità e ricchezza privata. Gli analisti del colosso svizzero facevano notare che la Penisola ha una posizione finanziaria netta positiva rispetto all’estero pari al 15% del Pil, dato superiore alla media Ue e dovuto «all’elevato livello di risparmio delle famiglie italiane». Un risparmio che fa gola a tutti i grandi gestori e fondi mondiali, come si vede anche dal risiko bancario in corso. Gli ultimi dati di Bankitalia e Istat, rielaborati a fine maggio da Fabi e Withub, dicevano che le famiglie italiane hanno 2.211 miliardi di risparmi, che significano 37.525 euro a famiglia. Si tratta di una media di Trilussa, ma il dato assoluto è impressionante perché copre oltre due terzi del debito pubblico, senza contare banche e imprese. Del tema salariale si parla invece tantissimo. Ovviamente il problema esiste ed è inutile negarlo. Così come è inutile negare che i vari governi che si sono succeduti dopo l’adesione all’euro potevano fare ben poco, che i sindacati hanno pensato ad altro e che se le imprese pagano poco e male i loro dipendenti la responsabilità non è dei partiti, delle fasi lunari o della Germania, ma di una visione forse un po’ miope. Secondo Eurostat, nel 2023 lo stipendio medio lordo in Italia era a quota 32.749 euro, ma rispetto all’anno precedente si è registrata una crescita del 2,83%. Resta il divario con la media Ue, che ammonta a 5.149 euro l’anno in meno. Il problema centrale è sempre quello della crescita, senza la quale c’è poco da distribuire e redistribuire. La ricetta di Fortis in una fase così incerta è questa: dobbiamo «irrobustire il ciclo degli investimenti e rafforzare la nostra industria». E farci trovare pronti quando la locomotiva tedesca riprenderà a marciare. Gli allarmi sugli italiani «sempre più poveri» non basteranno a centrare l’obiettivo.
«It – Welcome to Derry» (Sky)
Lo scrittore elogia il prequel dei film It, in arrivo su Sky il 27 ottobre. Ambientata nel 1962, la serie dei fratelli Muschietti esplora le origini del terrore a Derry, tra paranoia, paura collettiva e l’ombra del pagliaccio Bob Gray.
Keir Starmer ed Emmanuel Macron (Getty Images)
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