2024-06-30
«La difesa dei dati sanitari non è da no vax: è scritta nei Trattati Ue»
Ginevra Cerrina Feroni (Imagoeconomica)
Oggi scade il termine per opporsi al caricamento nel Fse. Il vicepresidente del Garante Ginevra Cerrina Feroni: «La questione è seria, dopo le contestazioni a 18 Regioni potremmo anche bloccare il trattamento. La Carta dei diritti parla chiaro».Scade proprio oggi il termine entro il quale i cittadini italiani possono opporsi al caricamento dei propri dati e dei documenti clinici antecedenti il 19 maggio 2020 nel Fascicolo sanitario elettronico (Fse). Il tema è stato prima ignorato per poi suscitare diverse polemiche. La professoressa Ginevra Cerrina Feroni, ordinario di diritto costituzionale e vicepresidente dell’Autorità garante per la privacy, ne parla con La Verità.Il Garante per la privacy, ancora una volta controcorrente, si è schierato a tutela della protezione dei dati dei cittadini riguardo al Fascicolo sanitario elettronico. «Proteggere i dati personali significa proteggere la persona. Senza la precondizione della protezione dell’identità personale, che è oggi un’identità “datificata”, nessun’altra libertà è autenticamente concepibile. E questo compito, in Europa, è stato affidato alle cosiddette autorità indipendenti. L’indipendenza è dai governi di qualunque colore politico e dalle pressioni del mercato. Compito decisamente scomodo: il periodo dell’emergenza pandemica ne è stata una chiara rappresentazione. Dalla sua istituzione, il Garante privacy rappresenta un presidio cruciale di tutela dei cittadini. Una sfida-missione non banale, il più delle volte in solitaria».Riguardo al Fse, il Garante ha il potere, come extrema ratio, di bloccare i trattamenti dei dati personali? «I poteri del Garante sono quelli di controllare che i trattamenti di dati personali rispettino la disciplina europea e nazionale. Nel caso di violazioni, l’Autorità può rivolgere ammonimenti e ingiungere di conformare i trattamenti alle disposizioni normative, fino ad imporre la limitazione provvisoria o definitiva del trattamento. La vicenda del Fse - rispetto alla quale l’Autorità ha, appunto, avviato procedimenti di contestazione nei confronti di 16 Regioni e di 2 Province autonome - è molto seria». Cosa è contestato alle Regioni?«La pesante difformità a livello nazionale dei diritti degli interessati, quali il diritto di oscuramento dei dati e dei documenti presenti nel Fse, il diritto di poter consultare gli accessi effettuati sul proprio profilo, il diritto di esprimere consensi specifici per le diverse finalità perseguibili con il fascicolo (ad esempio cura, prevenzione, profilassi), la mancata adozione delle misure volte a garantire la sicurezza e l’integrità dei trattamenti. Mi auguro che non si debba arrivare a misure estreme come il blocco ma che in tempi rapidi vi sia, da parte delle Regioni, una messa a regime rispetto alle disposizioni del decreto ministeriale del 7 settembre 2023. Ricordo che la corretta attuazione del Fse è il presupposto di tutta l’architettura che si sta costruendo, dall’Ecosistema dei dati sanitari, (Eds) allo Spazio europeo dei dati sanitari (Ehds), fino al nuovo sistema di interconnessioni e, ovviamente, all’Intelligenza artificiale». Le Regioni e Province autonome coinvolte sono 18: quali mancano all’appello?«Su tre Regioni (Val d’Aosta, Abruzzo e Sicilia) sono ancora in corso i preliminari accertamenti che per le altre Regioni/Province sono stati già definiti».Cosa risponde alle obiezioni sollevate dal presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, che sostiene che chi rallenta il Fse «mette a rischio la salute dei cittadini»? «Non so a cosa si riferisca il presidente Fedriga. La protezione dei dati non deve essere vista come un ostacolo alla digitalizzazione dei dati sanitari ma un elemento utile a far crescere la fiducia dei cittadini verso questa nuova realtà. Un tema non di pochi, ma di tutti. Il Fse è uno strumento attraverso il quale il cittadino dovrebbe poter tracciare la storia della propria vita sanitaria, condividendola - con il proprio consenso e in maniera sicura - con gli operatori sanitari. Ma tutto questo non deve inficiare il diritto all’autodeterminazione informativa, che è strumento di governo delle informazioni che ci riguardano - tra l’altro quelle più preziose come lo sono le sanitarie - fondato su pretese di trasparenza e correttezza. Come Autorità, abbiamo ritenuto necessario che i cittadini potessero liberamente scegliere se far confluire nel Fse i propri dati sanitari antecedenti al 2020». Un diritto da esercitarsi entro oggi… «Peccato che la campagna informativa non abbia avuto in termini di efficacia i risultati promessi. In generale mi piace pensare ad una cittadinanza informata, adulta, consapevole. Non sudditi infantilizzati, ma cittadini responsabilizzati su diritti e doveri».Può fare un esempio concreto per cui la mancata tutela e le violazioni della privacy riguardo ai dati sanitari potrebbero condizionare concretamente la vita quotidiana di un cittadino?«Gli accessi ai dati sanitari da parte di terzi non autorizzati possono avere effetti devastanti sulla vita delle persone, penso al rapporto di lavoro o alla stipula di un mutuo. Il tema è cruciale, non è un caso che si sia sentita la necessità di introdurre nel nostro Paese l’oblio oncologico».Se ne è parlato davvero poco…«Le Regioni e le Province dovrebbero implementare campagne informative dirette non solo ai cittadini ma anche ai medici di base, ai farmacisti e a ogni altro operatore sanitario interessato, in modo che il Fse sia valorizzato e utilizzato in piena trasparenza».La profilazione di un cittadino sulla base dell’evidenza dei suoi dati, e non dell’evidenza clinica, potrebbe condurre a un contingentamento «algoritmico» delle prestazioni sanitarie nei suoi confronti?«I rischi di discriminazione algoritmica sono così evidenti che il nuovo regolamento sull’Intelligenza artificiale colloca i trattamenti nel campo della salute tra quelli ad alto rischio. Allo stato attuale non è previsto l’utilizzo di sistemi di Ia per elaborare i dati contenuti nel Fse. Come evidenziato dal Garante nel Decalogo per la realizzazione di servizi sanitari nazionali attraverso sistemi di Intelligenza artificiale, la profilazione di un individuo tramite i dati sanitari per fini di interesse pubblico rilevante deve essere espressamente prevista dal diritto degli Stati membri, nel rispetto di misure adeguate a tutela dei diritti, delle libertà e dei legittimi interessi degli interessati. In mancanza di una norma specifica, pertanto, non è possibile utilizzare i dati nel Fse con la logica di Ia».C’è il rischio che la digitalizzazione dei dati sanitari possa condurre a una deresponsabilizzazione dei medici nei confronti dei pazienti, ad esempio delegando a un algoritmo la somministrazione di farmaci e terapie?«Oggi non è previsto un obbligo del medico di alimentare e consultare il fascicolo, né una specifica responsabilità in caso di mancato accesso al Fse del paziente. L’Autorità ha richiamato la necessità di accompagnare l’introduzione dei sistemi di Ia a una revisione degli aspetti deontologici ed etici, nonché di quelli legati alla responsabilità professionale».L’istituzione di un Habeas Corpus elettronico è realizzabile o è velleitaria?«L’Habeas corpus è la sottrazione del corpo all’arbitrio dell’altrui signoria. La continua produzione di norme europee volte alla digitalizzazione delle nostre esistenze impone una sistematizzazione e un coordinamento. In alcune occasioni ho parlato della necessità quasi di un “Corpus iuris digitalis”». E ha fatto bene. Eppure qualcuno ancora sostiene che queste sono le battaglie dei cosiddetti «no vax»«Il termine “no vax” è in sé irricevibile nella misura in cui ha assunto declinazioni di sapore diffamante rispetto a scelte libere, legittime e delicatissime delle persone sul proprio corpo. Esso tende - come è successo durante la pandemia - a categorizzare gli individui che non si conformano, a isolarli, a condannarli, a psichiatrizzarli, negando il pluralismo di idee, di valori, di scelte etiche, asse fondante di ogni sistema democratico e costituzionale. Qui poi non si sta parlando di vaccini, ma di esercitare un diritto, quale è la protezione dei propri dati personali specificamente sanitari, addirittura garantito dai Trattati europei».Cosa sta cambiando nel panorama giuridico globale? Si va verso una «massificazione» di diritti e protocolli sanitari, a discapito dell’individuo?«Il diritto alla protezione dei dati personali è un diritto fondamentale individuale ai sensi della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (art. 8). Sono molto frequenti i provvedimenti che il Garante adotta nei confronti di titolari del trattamento che coinvolgono anche solo una singola persona, specie nel contesto sanitario e lavorativo». C’è più consapevolezza da parte dei cittadini su questo tipo di campagne, come ad esempio quella che state conducendo sul Fascicolo sanitario elettronico?«Sì, abbiamo registrato un crescente coinvolgimento dei cittadini, che si rivolgono al Garante con segnalazioni, reclami o quesiti che quotidianamente pervengono ai nostri uffici. I cittadini stanno acquisendo consapevolezza della loro identità digitale e sempre più rivendicando il diritto alla autodeterminazione informativa, che è alla base della disciplina sulla privacy. Ma la strada di una visione della privacy come elemento progettuale, secondo i ben noti principi di privacy by design e by default, è ancora lunga».
Attività all'aria aperta in Val di Fassa (Gaia Panozzo)
Gabriele D'Annunzio (Getty Images)
Lo spettacolo Gabriele d’Annunzio, una vita inimitabile, con Edoardo Sylos Labini e le musiche di Sergio Colicchio, ha debuttato su RaiPlay il 10 settembre e approda su RaiTre il 12, ripercorrendo le tappe della vita del Vate, tra arte, politica e passioni.
Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida (Ansa)