2019-12-05
Dietrofront di Visco. Tenta di assolvere il Fondo salva Stati
Dopo averlo stroncato, il capo di Bankitalia dice di essere stato frainteso e parla di modifiche che però non sono state realizzate.Doveva essere una difesa asettica del fondo salva Stati. Numeri snocciolati con l'ausilio di tabelle fin troppo chiare. Grecia, Cipro, Portogallo, Spagna e Irlanda hanno ricevuto in tutto 480 miliardi di sostegni finanziari. Di questi il Mes ne ha messi quasi 110, per ora rimborsati per 20. L'Italia ha contribuito per quasi 60 in totale (Efsf, aiuti diretti, Mes). Ma ciò che rimugina nella testa di Ignazio Visco sono le sue stesse parole: «I piccoli e incerti benefici di un meccanismo per la ristrutturazione dei debiti sovrani devono essere soppesati considerando l'enorme rischio che il semplice annuncio della sua introduzione inneschi una reazione a catena di aspettative di default, che può diventare una profezia che si autoavvera». Parole e caratteri che entrerebbero in un tweet e avanzerebbe ancora spazio. La frase pronunciata da Visco lo scorso 15 novembre deve senz'altro averlo tormentato nelle settimane successive; e più che una difesa del Mes la sua audizione resa ieri alle commissioni bilancio di Camera e Senato finisce per apparire come una interpretazione autentica di quelle parole. Senza peraltro fugare i dubbi e le perplessità in merito ai contestati contenuti della riforma del Mes di cui sappiamo, grazie alle dichiarazioni rese sempre ieri dal presidente dell'Eurogruppo Mario Centeno, che verrà approvata così com'è e senza cambiamenti anche se non a dicembre 2019 ma a febbraio 2020 con la scusa dei documenti sussidiari ancora da completare e tradurre, ma soprattutto con la speranza che di qui ad allora il polverone in Italia si sia calmato.Visco ci tiene a precisarlo fino alla noia. Non si riferiva tanto al Mes quanto alla possibilità che si potessero proporre soluzioni di automatica ristrutturazione del debito; e il governatore sottolinea come questa non sia prevista all'interno della bozza di riforma. Peccato però che la bozza di riforma sia la stessa oggi rispetto a quella di due settimane fa, dal momento che appare anzi chiaro come la proposta oggi discussa sia stato addirittura frutto di un accordo preso già a dicembre 2018. Anzi Visco sottolinea come il Mes - con l'introduzione di nuove clausole (Cacs) in sostituzione di quelle attuali da inserire nei regolamenti di emissione dei titoli con scadenza superiore a un anno - renda ancor più semplice la realizzazione della ristrutturazione del debito una volta scelta questa strada. E questo ridurrebbe l'incertezza, a giudizio di Visco. La contraddizione è palese. Cosi come non molto fortunato appare il confronto fatto con il default argentino. Tema non inserito nella sua relazione, ma evocato in un inciso verbale durante la lettura. Anche perché quello di Buenos Aires è il classico caso di default su un debito pubblico di entità tutto sommato contenuta rispetto al Pil (inferiore al 50%) ma che è denominato in una valuta straniera (il dollaro Usa), della cui emissione l'Argentina non poteva chiaramente avere il controllo. Che è esattamente la stessa identica situazione in cui si trova oggi qualsiasi Paese della zona euro che si è monetariamente castrato in favore della Bce. Come dire «ristruttureremo in caso di necessità il nostro debito più in fretta e meglio di quanto ha fatto Buenos Aires». Una difesa decisamente molto poco entusiasmante. Visco a più riprese sottolinea come sia necessario che all'interno dell'Eurozona via sia un asset a rischio zero che in tutti gli altri Paesi è costituito dai titoli di Stato dotati dell'esplicita garanzia di una Banca centrale nazionale. Come dire: abbiamo esplicitamente previsto che gli Stati dell'Eurozona possano essere insolventi, mettiamoci una toppa e creiamo un titolo a rischio zero emesso da un fantomatico super Stato europeo. Fattispecie che, però, presuppone la messa in comune dei debiti pubblici nazionali: cosa che i Paesi del Nord Europa non vorranno mai attuare. Bel rompicapo. Risolvibile con la proposta dell'ex vice ministro Garavaglia, che pone al governatore una proposta tanto innocente quanto provocatoria: sarebbe sufficiente che la Bce garantisse esplicitamente i debiti pubblici dell'Eurozona come avviene in ogni altra parte del mondo e non ci sarebbe bisogno di alcun Mes. Nelle risposte Visco sottolinea che in caso di crisi sistemica alla Bce toccherebbe proprio fare questo, perché «una moneta senza Stato è una moneta con una grande difficoltà e questa non è un'idea di Borghi ma lo sosteneva pure Padoa Schioppa». Concetto su cui alcuni minuti prima lo stesso governatore si era espresso in maniera meno esplicita chiarendo come l'utilizzo delle risorse del Mes per alimentare il salvadanaio da utilizzare nelle risoluzioni di banche finirà per non risolvere i problemi che si dovessero verificare in una situazione di crisi sistemica. E un'analisi di Bloomberg evidenziata ieri dagli analisti di Robeco stima che 100 euro investiti nelle banche tedesche nel 1988 oggi varrebbero 74. E gli stessi 100 euro investiti nelle banche tedesche quotate nel 2008 oggi varrebbero 10. Insomma, banche tedesche in crisi da soccorrere con il Mes che in caso di crisi sistemica non sarà all'altezza e dovrà di fatto intervenire la Bce (sempre che i governi dell'Eurozona siano tutti d'accordo). Capite ora perché finirà malissimo?
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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