2021-01-09
Dieci buoni motivi per non partecipare alla celebrazione dei 100 anni del Pci
(Fototeca Gilardi/Getty Images)
Colosso assai fragile, si nutre di miti fasulli, come l'esclusiva sulla guerra di Liberazione e la presunta «superiorità etica».Guida ragionata per (non) partecipare alle celebrazioni dei 100 anni dalla nascita del Pci, Partito comunista italiano.1 Il Pci è stato un partito costituente della prima repubblica (pur essendo nato nel 1921, prima della marcia fascista su Roma) e si estingue con essa: a 70 anni, nel 1991, travolto dallo tsunami provocato dal crollo del muro di Berlino nel 1989, mentre il sistema sarà investito dal ciclone Tangentopoli nel 1992. 2 Il Pci è stato l'eterno secondo dello schieramento politico, dietro la Dc. Non è mai andato al governo: al massimo lo ha sostenuto dall'esterno, due volte, con gli esecutivi di solidarietà nazionale di Giulio Andreotti, prima e dopo il sequestro di Aldo Moro nel 1978. Unico sorpasso: alle europee del 1984 - 11.714.000 voti e il 33.33% contro gli 11.583.000 e il 32.96 della Dc - complice anche la suggestione collettiva innescata dai «funerali di popolo» (due milioni di persone) per la morte improvvisa del segretario Enrico Berlinguer in campagna elettorale.3 Il Pci ha impiegato 63 anni (e quattro leader: Antonio Gramsci, Palmiro Togliatti, Luigi Longo, Berlinguer) per diventare, anche se solo per una volta, il primo partito italiano, ma gliene basteranno solo 7 (e due segretari: Alessandro Natta e Achille Occhetto) per scomparire. Come se la lunga marcia l'avesse sfiancato, un colosso dai piedi d'argilla. Ma allora su cosa si è fondata per decenni la pretesa solidità monolitica del Bottegone? 4 L' auto storytelling del Pci si nutre di alcuni miti. A cominciare da quello della «guerra di Liberazione», come se la cacciata dei nazifascisti non sia stata anche merito degli alleati angloamericani, ma esclusivamente dei partigiani, e manco di tutti: solo di quelli «rossi» della Brigata Garibaldi (tra questi, mio nonno). C'è voluto il presidente Carlo Azeglio Ciampi per dare dignità al sacrificio dei militari italiani a Cefalonia dopo l'8 settembre 1943: rifiutarono di consegnare le armi ai tedeschi, caddero in almeno 6.500.5 Nessuno nega che molti militanti del Pci abbiano pagato con la vita il loro impegno, e non soltanto durante la Resistenza: si pensi ai dirigenti assassinati dalla mafia come Pio La Torre o, negli anni del terrorismo, a Guido Rossa, sindacalista comunista, pronto a denunciare i fiancheggiatori delle Brigate rosse all'Italsider di Genova. A risultare intollerabile è la pretesa -"egemonica», per usare un concetto gramsciano - del monopolio sulle battaglie contro la criminalità organizzata e negli anni di piombo. Anche perché bisognerebbe non dimenticare quanto scritto da Rossana Rossanda sul Manifesto durante il sequestro Moro: «A leggere i comunicati delle Br si ha l'impressione di sfogliare un album di famiglia» . 6 Altro mantra fondativo: la «diversità», da cui discende come corollario la «superiorità etica» di dirigenti e militanti. Diversi perché migliori, Togliatti «il Migliore» per antonomasia. A cancellare le tracce dei propri errori, di sicuro. Connivenza con lo stalinismo? Ma quando mai. Il silenzio sulla repressione in Ungheria nel 1956 e in Cecoslovacchia nel 1968? Passiamo oltre. Si arrivò solo alla contorta ammissione berlingueriana, peraltro solo nel 1981: «La capacità di rinnovamento delle società dell'Est ha esaurito la sua spinta propulsiva», come se non stesse parlando del golpe comunista del generale Wojciech Jaruzelski in Polonia, ma del lancio di un vettore spaziale. Il tutto nel rispetto del totem del «centralismo democratico»: il partito dettava la linea, e amen. A chi non era d'accordo, veniva indicata la porta, come successe con i dissidenti del Manifesto, in testa proprio Rossanda, radiati per «frazionismo» nel 1969, colpevoli tra l'altro di aver criticato la linea tiepida sui morti di Praga. 7 E la retorica sulle «mani pulite», l'onestà, il «buon governo» nelle regioni rosse? In realtà, una perfetta macchina organizzativa, anche del consenso, che si basava sulla logica di appartenenza. Per farsene un'idea, basterebbe la lettura di Falce e carrello, scritto dal fondatore di Esselunga Bernardo Caprotti, sugli ostacoli incontrati nel fare impresa causa opposizione del sistema delle cooperative rosse, accusate tra l'altro di veicolare i finanziamenti occulti in arrivo dall'Est. E anche sorvolando sul coinvolgimento del dirigente Primo Greganti nella Tangentopoli con epicentro a Milano, che dire della valigetta con un miliardo di lire di Raul Gardini entrata nella sede del partito a Roma, «e arrivata ai piani alti» (così Antonio Di Pietro)? E della sentenza di condanna per fatti antecedenti, 1987, ovvero le tangenti prese dal Pci sugli appalti per i lavori della metropolitana milanese?8 Cosa aggiungere sul «consociativismo», la partecipazione del Pci alla spartizione di posti, leggi lottizzazione, negli enti pubblici tipo la Rai? E della longa manus sul più grande dei sindacati, la Cgil? E dell'influenza diretta sull'intelligencija nostrana? Pescando a caso nel nutrito elenco: Giulio Einaudi, Italo Calvino, Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia, Luchino Visconti, Ettore Scola, Renato Guttuso...9 Sbriciolatisi il muro di Berlino e l'Urss, sepolta dalle macerie la prima repubblica, dal momento che si capì Come vivere - e bene - senza i comunisti, pamphlet provocatorio di Roberto D'Agostino, il Pci si dissolse. Per mimetizzazione. Trasformandosi prima in Pds, segretari: Occhetto e poi Massimo D'Alema.Poi in Ds, segretari: D'Alema e poi Walter Veltroni, già capo dell'ufficio propaganda del Pci, che nel 2011 negherà in una lettera a La Repubblica di essere mai stato «ideologicamente» comunista. A seguire Piero Fassino, un altro comunista della vecchia scuola (capace di scrivere nella sua autobiografia del 2003 Per passione: «Sono nato nel tempo dell'uva matura, il 7 ottobre 1949, lo stesso giorno, mese e anno in cui nasceva la Repubblica democratica tedesca», mica cotica, che è il modo con cui i romani esprimono il loro «hai detto niente!"), che accompagnerà i Ds alla fusione con la Margherita di Francesco Rutelli nel Pd, primo segretario, ça va sans dire: l'ex-non comunista Veltroni.: Il Pd, erede del Pci, negli ultimi 10 anni è riuscito a governare per 8 (insieme a chi ha compiuto scissioni alla sua sinistra): dall'appoggio all'esecutivo di Mario Monti, alla presenza in quelli di Enrico Letta, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte, con la sola eccezione del precedente di Giuseppi. Ma, al solito, chiamandosi fuori da ogni responsabilità: la politica è in crisi? Prevale il populismo? E che colpa abbiamo noi?, sembrano gorgheggiare molti suoi esponenti, come la band dei Rokes. In prima fila, gli ex comunisti: Zingaretti, che - come il fido Goffredo Bettini - proviene dalla Fgci, l'organizzazione giovanile del Pci (che formava i suoi quadri anche alla scuola delle Frattocchie, frazione alle porte di Roma). D'Alema, che ancora sale in cattedra: «Non si manda via l'uomo più popolare del Paese (Giuseppe Conte) per volere del più impopolare (Renzi)», frase che pronunciata da chi fa parte di un partito - Leu, Liberi e uguali - sotto il 3% nei sondaggi proprio come la renziana Italia viva, suona vagamente spiazzante. Pier Luigi Bersani, che secondo i maligni sarebbe il suggeritore di più di una mossa del ministro della Salute Roberto Speranza, in passato ai vertici della Sinistra giovanile dei citati Ds. MoraleIl passato di un'illusione, è stata la sentenza sul comunismo dello storico francese François Furet nel 1995. L'illusione è trapassata. I finti illusi sono ancora tra noi.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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