2019-11-07
Di Maio vuole pieni poteri agli Esteri e ruba le deleghe al suo ex ministero
Entro il 2020 il Mise sarà del tutto svuotato dalle competenze avute fino a oggi. Al ministro Stefano Patuanelli resteranno da gestire solo le crisi industriali. Mentre la politica del commercio estero va alla Farnesina.Il progetto del ministro Luigi Di Maio di rendere la Farnesina il cuore degli investimenti esteri prosegue senza intoppi. Se a metà settembre erano già passati dal Mise sotto la sua egida le deleghe sulla strategia per la politica commerciale, la promozione all'estero e l'internazionalizzazione del sistema Italia, è di qualche giorno fa la decisione che anche i fondi di Simest andranno gestiti dall'ex ministro dello Sviluppo economico. Il passaggio di consegne avviene proprio mentre Di Maio si trova in Cina per discutere degli accordi sulla Via della Seta, su cui avrà totale competenze entro l'inizio del prossimo anno dopo che il decreto del 21 settembre già approvato in commissione affari esteri a ottobre, entrerà a pieno regime. «L'intesa firmata a Roma con Xi Jinping ha dato un grande sviluppo alle relazioni bilaterali ed è anche un'apertura di credito», ha spiegato il ministro al Corriere della Sera. «La Via della Seta vale più dei soli investimenti e dei commerci e qui a Shanghai ho detto chiaramente ai cinesi che ci aspettiamo ancora di più e che i nostri due Paesi non sono mai stati così vicini». Non è un caso che come capo di gabinetto del Mae sia arrivato l'ex ambasciatore a Pechino, Ettore Sequi. La strategia di Di Maio ricalca in pieno quella di Silvio Berlusconi, che nel lontano 2002, quando da presidente del Consiglio mantenne l'interim agli esteri dopo le dimissioni di Renato Ruggiero in polemica con la Lega, provò a fondere il commercio estero con la Farnesina. L'obiettivo del Cavaliere era quello di rendere i nostri ambasciatori nel mondo una sorta di alfieri del made in Italy, agenti commerciali del Sistema Italia nel mondo. Il tentativo non andò in porto. Le feluche resistettero alle sirene berlusconiane ma ci fu anche un'opposizione da parte dell'allora ministro Antonio Marzano di Forza italia, che arrivò a minacciare le dimissioni se il progetto fosse andato in porto. Ora i tempi sono cambiati. Di Maio, che ha dalla sua l'appoggio del Quirinale e anche quello del Partito democratico, sta riuscendo nell'impresa di scorporare tutta la parte di internazionalizzazione dal Mise. In pratica dal 1° gennaio 2020 il leader pentastellato potrà gestire le risorse e avrà pieni poteri di promozione e internazionalizzazione delle imprese italiane come anche avrà voce in capitolo sulla promozione della partecipazione a società e imprese miste all'estero. A Stefano Patuanelli, in pratica, resteranno solo le crisi industriali da gestire. L'ultimo tassello è quello di Simest che, con Sace, forma il polo dell'export e dell'internazionalizzazione del gruppo Cassa depositi e prestiti per promuovere il made in Italy nel mondo. Non è un caso che nelle ultime settimane continui a circolare l'ipotesi che alla presidenza di Simest arrivi Pasquale Salzano, ex uomo Eni ora ambasciatore in Qatar. I vertici di Simest sono scaduti nella primavera 2018. È uno dei tanti capitoli di rinnovo degli incarichi nella partecipate pubbliche al momento in sospeso. Salzano è di Pomigliano D'Arco come Di Maio. I due si conoscono da tempo. Per questo sarebbe il profilo ideale per sostituire Salvatore Rebecchini, mentre come sostituto di Alessandra Ricci, attuale amministratore delegato, si parla di Simonetta Acri, attuale capo del business di Sace. Del resto, ora la Farnesina avrà in mano il fondo di Venture capital, quello di sostegno in regime de minimis di tutte le fasi di internazionalizzazione delle piccole e medie imprese. E ancora gestirà il trade finance delle imprese italiane, per progetti extra Ue, con contributi in conto interessi su acquisition finance e equity finance abbinata alle partecipazioni. Alla fine del 2018 Simest aveva in portafoglio progetti nel mondo per 10 miliardi di euro. Ma non c'è solo questo. Entro il 2020 il Mise sarà del tutto svuotato dalle competenze avute fino a oggi. Si prevede anche la soppressione della direzione generale, come la ripartizione di quasi 100 unità in uffici di competenza della Farnesina. A settembre Il Sole 24 Ore stimava poi uno spostamento di 140 milioni di fondi straordinari del piano del made in italy, uniti più 17-18 milioni di fondi ordinari e 11 milioni di campagna straordinaria di promozione. A questi si aggiungono i 50 milioni che riguardano il piano export per il Sud, grazie ai fondi europei, gestito direttamente dall'Agenzia Ice per il commercio estero. Ice viene oggi finanziata con circa 75 milioni di euro per spese di gestione e personale, con più di 400 persone in Italia e altrettanti uffici all'estero. In pratica da gennaio il ministero Affari esteri avrà ora potere di indirizzo e vigilanza sulle attività dell'Agenzia Ice e si occuperà della ripartizione delle risorse, già iscritte nello stato «di previsione della spesa del bilancio statale relativo al Mise destinate al contributo in favore di istituti, enti, associazioni, consorzi per l'internazionalizzazione e di Camere di commercio italiane all'estero, per lo svolgimento di specifiche attività promozionali, di rilievo nazionale, per l'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese». Insomma, la politica del commercio estero ora passa tutta dalle mani di Di Maio.
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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