2019-07-26
Di Maio accerchiato cerca alleati e comincia dal suo miglior nemico
Il vicepremier grillino incontra Matteo Salvini in una fase critica: il Movimento è diviso e la sua leadership traballa. In cambio di appoggio, ha dato via libera al rimpasto chiesto dal Carroccio dopo il sorpasso alle europee. «Non so se Siri sapesse dei 30.000». Vito Nicastri, socio di Paolo Arata, interrogato sul piano per tentare di corrompere il leghista: «Ho sentito dire della promessa di soldi, ma non che il politico ne fosse a conoscenza». Lo speciale comprende due articoli. Il faccia a faccia tra i due vicepremier c'è stato, ieri all'ora di pranzo. Matteo Salvini e Luigi Di Maio si sono incontrati a Palazzo Chigi. Era stato Di Maio, più volte negli ultimi giorni, a chiedere un incontro al leader della Lega. In grande difficoltà all'interno del suo partito, Di Maio ha chiesto a Salvini una tregua, ma soprattutto ha cercato di intuire quali siano le reali intenzioni del ministro dell'Interno rispetto alla sorte della legislatura. Secondo alcune fonti, Di Maio avrebbe anche prospettato a Salvini la possibilità di riequilibrare la composizione del governo, offrendo al collega vicepremier la disponibilità a ragionare del famoso «rimpasto» post europee. Altri «spifferi» raccontano che Di Maio avrebbe detto a Salvini che le manovre del premier Giuseppe Conte, in tandem con il capo dello Stato Sergio Mattarella, per dare vita a un governo «del presidente» in caso di caduta dell'esecutivo, non avranno mai il suo sostegno. L'unico punto sul quale le fonti che abbiamo interpellato concordano, è che l'incontro tra Di Maio e Salvini è servito a rasserenare almeno un po' i rapporti, non solo tra i due protagonisti ma anche tra Lega e M5s e che quindi l'ipotesi di elezioni a ottobre, ovviamente salvo risvolti imprevedibili, sia tramontata. «Non c'è stato alcun pranzo», ha detto Matteo Salvini smentendo le voci che parlavano di un incontro a tavola, «io ho mangiato una mozzarella a casa da solo, poi voi scrivete quello che volete. Con Di Maio abbiamo parlato di opere pubbliche, cantieri e Tav. Io non litigo mai con nessuno», ha risposto il ministro dell'Interno a chi gli chiedeva se avesse siglato la pace con Di Maio, «se il governo fa, il governo va avanti. La questione aperta è la prossima manovra economica: io e la Lega pensiamo a un forte taglio delle tasse per lavoratori, famiglie e imprese. Per farlo devi aprire un confronto con l'Europa perché non devi sottostare alle imposizioni dell'Europa. Se tutti sono disponibili ad aprire un confronto per il bene dell'Italia e degli italiani facciamolo. Se invece qualcuno ha paura o ha dei dubbi me lo dica. Se c'è la volontà di costruire, si va avanti», ha proseguito Salvini, «ma bisogna essere in due. Aver sbloccato la Tav e altre opere è un buon segnale, ma voglio capire qual è l'idea di manovra economica». A proposito di manovre, non economiche ma di politica internazionale, non sfugge agli osservatori più attenti un dato: immediatamente prima di incontrare Salvini, Luigi Di Maio ha fatto visita all'ambasciatore degli Stati Uniti, Lewis Eisemberg, nella residenza di Villa Taverna. I due hanno parlato di vari temi, si è appreso, e anche dell'affaire Savoini: «Gli Usa», ha detto Di Maio, «sono il nostro principale alleato. L'Italia è sempre leale verso il patto atlantico». Il legame del M5s con gli Stati Uniti è da sempre molto solido, ma negli ultimi tempi Washington ha visto con preoccupazione alcune prese di posizione dei pentastellati, in particolare sull'intesa con la Cina per la Via della Seta e - la scorsa settimana - sulla risoluzione sul Venezuela approvata dal Parlamento europeo, che ha chiesto agli Stati membri di applicare «sanzioni supplementari» contro il regime di Nicolas Maduro, sottolineando la «viva preoccupazione per la grave situazione di emergenza in Venezuela che sta mettendo seriamente a repentaglio la vita dei cittadini del paese» e ribadendo il pieno sostegno al «legittimo presidente ad interim, Juan Guaidò, e all'Assemblea nazionale, che è l'organismo democratico legittimo». La Lega ha votato a favore della risoluzione (entrando quindi in rotta di collisione con la Russia, che sostiene Maduro), mentre gli europarlamentari del M5s si sono astenuti. È molto probabile che l'ambasciatore Eisemberg abbia chiesto a Di Maio quali sono le prospettive del governo italiano su questo fronte, così come sulla tensione sempre più alta con l'Iran. Tra i temi dell'incontro tra Salvini e Di Maio, anche il nodo delle autonomie: «È un argomento», ha detto Di Maio prima di incontrare il ministro dell'Interno, «che credo meriti tutto il tempo che serve, perché è un intervento epocale. Noi saremo i garanti dell'unità nazionale. Non vogliamo che il Centro-Sud venga penalizzato da un'autonomia che deve servire solo a due regioni. Ma si farà», ha aggiunto Di Maio, «senza l'assunzione regionale dei docenti, con il fondo di perequazione e i livelli essenziali di prestazioni per il Centro-Sud, si farà solidale perché la Repubblica è una e indivisibile». Dunque, l'incontro tra i due vicepremier - il primo dallo scorso 11 luglio - è stato interlocutorio. Di Maio si trova in una posizione che definire scomoda è un eufemismo: si è messo contro il premier Conte e non riesce a uscire dall'imbuto in cui è precipitato, inevitabilmente, dopo il flop alle europee. Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico ha chiesto a Salvini di dargli una mano per non affondare definitivamente. In nome dei vecchi tempi, quelli dei «gemelli diversi», diventati parenti serpenti. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/di-maio-accerchiato-cerca-alleati-e-comincia-dal-suo-miglior-nemico-2639345662.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="non-so-se-siri-sapesse-dei-30-000" data-post-id="2639345662" data-published-at="1758078223" data-use-pagination="False"> «Non so se Siri sapesse dei 30.000» «Ho sentito dire che c'era questa promessa di 30.000 euro, ma non sono in grado di dire se questa fosse solo un'intenzione di Arata o se Siri ne fosse a conoscenza». Sono le parole del re siciliano dell'eolico Vito Nicastri (socio in affari del professor Paolo Arata), sentito insieme a suo figlio Manlio dal gip del Tribunale di Roma Emanuela Attura durante un incidente probatorio al quale ha partecipato anche il pm Mario Palazzi. I due Nicastri sono stati sentiti su quanto a loro conoscenza sul presunto piano di Arata di corrompere l'ex sottosegretario della Lega Armando Siri con 30.000 euro per ottenere in cambio emendamenti a favore delle sue aziende. «Ho sentito dire che c'era questa promessa di 30.000 euro, ma se fosse solo un'intenzione di Arata o se Siri ne fosse a conoscenza non lo so dire», ha aggiunto Manlio. Al centro dell'approfondimento investigativo c'era proprio la frase intercettata dalla Direzione investigativa antimafia di Trapani in cui Arata dice al figlio Francesco e a Manlio «gli do 30.000 euro». Tracce del passaggio effettivo di quei fondi, poi, non ne sono state trovate. Le disinvolte chiacchierate di Arata e company, inoltre, soprattutto dopo la scoperta di una telecamera puntata sul cancello di casa di Nicastri e delle microspie in auto, vanno lette nel loro complesso. Fatto anche di tante millanterie, come riconosciuto nell'informativa dagli stessi investigatori. E anche l'ipotizzato incontro tra Nicastri e Siri non cambia le carte in tavola. In una ambientale del 10 settembre Arata, parlando di Siri col figlio Francesco e con Manlio Nicastri, aveva detto: «Guarda Paolo... gli ho detto... Armando questo… l'ha conosciuto anche tuo papà è venuto a pranzo anche a casa mia...». E Manlio replicò: «Sì... sì... lo so...». «Mi sembra di avere conosciuto Siri a un pranzo a casa di Arata prima che venisse eletto in Parlamento», ha detto Vito Nicastri durante l'incidente probatorio. Subito dopo è intervenuto l'ex parlamentare di Forza Italia che ha smentito: «Quanto detto da Nicastri non corrisponde a verità. Posso portare mia moglie a testimoniare che la circostanza non è assolutamente vera». Siri aveva già detto pubblicamente di non aver conosciuto il re dell'eolico: «Non so assolutamente chi sia questo imprenditore coinvolto». «Noi siamo terzi rispetto alla vicenda», ha commentato l'avvocato Fabio Pinelli, difensore di Siri, «queste sono chiacchiere fatte da soggetti diversi rispetto a Siri. È emerso in modo inconfutabile non solo che non c'è stata dazione, ma neanche offerta. Faccio presente, in ogni modo, che l'eventuale offerta sarebbe comunque stata respinta da Siri. Ma sia Vito Nicastri sia suo figlio Manlio hanno detto che nessuna offerta è stata fatta». Ecco la lettura complessiva che ne fa il difensore di Siri: «Manlio, lo ha spiegato in aula, ha inteso le parole di Arata come un'intenzione di cui si era ripromesso lo stesso ex deputato di Forza Italia». L'offerta probabilmente avrebbero dovuto farla dopo l'approvazione dell'emendamento di cui si parla nelle intercettazioni che, però, non è stato approvato. E anche l'avvocato Gaetano Scalise, che difende il professor Arata, è sulla stessa linea: «Manlio Nicastri ha escluso che il senatore Siri fosse a conoscenza di dazioni di denaro, la frase detta da Arata è una frase affermativa e basta. I due Nicastri hanno escluso che mai si sia parlato di una promessa. Loro l'hanno riferita come una intenzione». Sono da leggere così quindi quelle parole sulle quali è stato costruito, anche con virgolettati costruiti ad arte, l'attacco politico contro l'ex sottosegretario.