2021-04-20
È a destra il vero partito dei lavoratori Usa
Yegor Aleyev/Getty Images
Crescono negli Stati Uniti i micro finanziamenti ai repubblicani. Donazioni sotto i 200 dollari che raccontano come la gente comune senta i trumpiani più vicini alle proprie istanze. Il contrario di quel che accade alla sinistra, sostenuta dai grandi gruppi industriali.Vi ricordate quando, ai tempi della campagna elettorale di Mitt Romney nel 2012, i repubblicani erano additati come il «partito dei ricchi»? Ebbene sembra proprio che la situazione stia mutando profondamente. Secondo quanto sottolineato dal Financial Times, gli ultimi documenti resi disponibili dalla Federal election commission mostrano che vari esponenti politici repubblicani hanno ricevuto milioni di dollari in contributi elettorali nel primo trimestre del 2021: milioni in gran parte legati a piccoli finanziamenti dal basso. Tra l'altro, ad aver conseguito i migliori risultati sono parlamentari storicamente vicini a Donald Trump: alcuni dei quali risultano anche probabili candidati alla nomination repubblicana del 2024. Il senatore del Missouri, Josh Hawley, ha raccolto oltre 3 milioni di dollari nei primi tre mesi del 2021, quando, nello stesso periodo dell'anno scorso, si era fermato a 120.000 dollari: dei recenti finanziamenti quasi il 60% proviene da donazioni singole inferiori ai 200 dollari. Situazione positiva anche per il senatore del Texas, Ted Cruz, che, nei primi tre mesi del 2021, ha raccolto 3,6 milioni di dollari rispetto agli 1,6 milioni racimolati nel primo trimestre del 2020: in questo caso, è circa il 70% della cifra complessiva ad arrivare da donazioni singole inferiori ai 200 dollari. Da sottolineare è anche che, oltre ad aver energicamente spalleggiato l'ex presidente repubblicano, entrambi non debbano affrontare campagne elettorali imminenti (il loro mandato in Senato non scade infatti nel 2022). Un altro ferreo sostenitore di Trump come il deputato repubblicano Jim Jordan ha incassato, tra gennaio e marzo, 2,1 milioni di dollari, circa tre volte quanto da lui rastrellato nel primo trimestre dello scorso anno: una cifra considerevole, di cui l'80% è frutto di donazioni sotto i 200 dollari. L'ex addetta stampa alla Casa Bianca e attuale candidata al governatorato dell'Arkansas, Sarah Huckabee Sanders, ha invece raccolto 4,8 milioni dallo scorso gennaio, con il 90% dei contributi che si è attestato, secondo il sito The Hill, attorno ai 100 dollari. La dinamica non riguarda del resto soltanto i repubblicani di strettissima osservanza trumpiana. Stando al sito Axios, i capigruppo al Senato e alla Camera, Mitch McConnell e Kevin McCarthy, hanno per esempio raccolto rispettivamente 700.000 dollari e 1,4 milioni di dollari in piccole donazioni: tutto questo, mentre nel primo trimestre del 2019, si erano fermati, rispettivamente, a 200.000 e 190.000 dollari. Questo poi ovviamente non vuol dire che i piccoli donatori siano esclusivamente concentrati nel Partito repubblicano. Tuttavia ci sono due elementi correlati da notare. Il primo è che i repubblicani storicamente non hanno mai fatto granché leva sulle piccole donazioni dal basso: questo era semmai un cavallo di battaglia della sinistra del Partito democratico. In particolare, l'autodefinitosi «socialista» Bernie Sanders finanziò pressoché esclusivamente la propria campagna presidenziale del 2016 a suon di piccoli finanziamenti: un fattore che il senatore del Vermont usò anche come strumento di polemica politica contro la potenza finanziaria di Hillary Clinton. Il secondo elemento da sottolineare è che i grandi colossi aziendali americani stanno abbandonando il Partito repubblicano per sostenere quello democratico. Ufficialmente questo riposizionamento è stato giustificato con l'assalto al Campidoglio dello scorso 6 gennaio e con la contestata riforma elettorale della Georgia. In realtà, si tratta di una dinamica già in atto da tempo. A settembre, il Financial Times riportò, per esempio, come grandi società operanti nei settori immobiliare, assicurativo e dei servizi finanziari avessero iniziato a spostarsi significativamente verso l'asinello: se nel 2016 appena il 35% dei loro finanziamenti elettorali complessivi erano rivolti ai dem, nel 2020 la quota era salita al 45%. Tutto questo, senza trascurare il pesantissimo appoggio economico fornito da alcuni importanti settori industriali e tecnologici americani all'asinello durante l'ultima campagna elettorale: a partire dalla Silicon Valley. In tal senso, risulta istruttivo il caso del senatore dem, Raphael Warnock, il vincitore di uno dei due ballottaggi della Georgia che, nel primo trimestre di quest'anno, ha raccolto l'astronomica cifra di 5,7 milioni di dollari. Ebbene, la Federal election commission, in riferimento al ciclo 2021-2022, ha riportato che, pur contando anche su piccoli finanziamenti, il suo comitato avrebbe ricevuto danarose donazioni da parte di dipendenti di Google, Apple, Microsoft, Amazon, Airbnb, Netflix e Facebook. Insomma, mentre i potenti Ceo del cosiddetto «woke capitalism» continuano a convergere sui dem, l'elefantino si sta progressivamente rafforzando nei piccoli finanziamenti dal basso, dimostrando una significativa vicinanza alle classi lavoratrici e alle piccole e medie imprese. Ma dimostrando soprattutto che, oggi, il partito del big business è sempre più quello democratico.
Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo in occasione del suo incontro con il premier greco Kyriakos Mitsotakis.