2025-08-08
La delfina di Nordio colpevole di efficienza
Giusi Bartolozzi (Imagoeconomica)
Soprannominata negli ambienti ostili «la zarina di via Arenula», Giusi Bartolozzi è da sempre donna di legge, prima avvocato e poi toga. Velocità e decisionismo i suoi tratti più noti. Qualità che, se fosse di sinistra, le varrebbero applausi anziché ritratti al vetriolo.Ieri il presidente della Camera Fontana ha respinto l’istanza di Avs, gli atti restano segreti: «Prassi consolidata».Lo speciale contiene due articoli.Paga la tremenda colpa di avere una marcia in più. Nel mondo felpato degli alti funzionari dello Stato, dove le scarpe con la para vengono talvolta scambiate per pantofole, Giusi Bartolozzi indossa volentieri le sneakers per i 10.000 passi quotidiani. La capogabinetto del ministro Carlo Nordio pensa veloce e va veloce, detesta che le carte rimangano sulle scrivanie, che i dossier diventino origami, che le urgenze si trasformino in sbadigli. Si chiama efficienza, di solito si accompagna alla solitudine. La donna che rischia di rimanere con il cerino acceso del caso Almasri, sulla questione finora ha pronunciato solo una frase: «Non temo niente, chiarirò ogni dubbio». Poi, secondo una fonte del ministero, ha passato la giornata a lavorare.Lady Bartolozzi è nota per tre caratteristiche: sa fare il suo mestiere come pochi altri e per questo ha scalato velocemente i gradini di palazzo Piacentini; è soprannominata «la zarina di via Arenula» nei ritratti antipatizzanti per enfatizzare in negativo doti rare (nella pubblica amministrazione) come il decisionismo e il dinamismo; viene coccolata da Nordio con l’ironico apprezzamento «la mia ministra», frase che in questi mesi ha creato non poche gastriti nei dintorni. Se fosse di sinistra potrebbe facilmente difendersi dalle accuse di dispotismo dando dei «sessisti» a chi le ha pronunciate, ma è una persona seria quindi tira dritto. In queste ore legge e rilegge con aria perplessa la richiesta di autorizzazione a procedere del Tribunale dei ministri, dove a lei (non indagata) viene riservato dalle tre colleghe accusatrici un urticante contropelo: «Intrinsecamente contraddittoria», «la sua versione è da ritenere sotto diversi profili inattendibile e, anzi, mendace». Tutto ciò per presunte reticenze nell’informare il ministro, anche se in sede di deposizione lei ha ribadito che con Nordio «mi sento 40 volte al giorno». Giusi Bartolozzi è siciliana di Gela, ha 55 anni e un percorso professionale nel mondo della giustizia: prima avvocato e poi magistrato. Dopo un periodo di pratica a Roma diventa giudice civile e penale nella sua Gela, poi a Palermo. Torna nella capitale in Corte d’Appello e trova l’anima gemella fra i codici: sposa l’avvocato Gaetano Armao, ex vicepresidente della giunta regionale siciliana di Nello Musumeci. Nel 2018 viene folgorata dalla politica e scende in campo con Silvio Berlusconi; è eletta alla Camera e partecipa alla Commissione Giustizia e alla Commissione Antimafia. Non proprio pizza e fichi. Della sua avventura politica si ricordano tre episodi decisivi, in chiave (udite udite) progressista. I primi due la allontanano da Forza Italia: vota a favore del Ddl Zan sull’omotransfobia contro le indicazioni del partito e qualche mese dopo vota un emendamento sulla giustizia con la sinistra, diventando per qualche giorno un’icona guevarista. Come conseguenza lascia gli azzurri per entrare nel gruppo misto. È la cosiddetta mini diaspora radical, in compagnia di Elio Vito, Renata Polverini, Stefania Prestigiacomo e Matteo Perego. Il terzo episodio in realtà è un giro di giostra del 2020 nel luna park di Montecitorio. Vittorio Sgarbi, al culmine di un’invettiva delle sue, la insulta pesantemente per aver preso le difese della magistratura (anche questo nel magico mondo dem oggi non conta). Tutti ricordiamo Sgarbi portato fuori dall’Aula a braccia dai commessi mentre tuona maledizioni poco divine; ecco, la destinataria era lei. Al termine della legislatura Bartolozzi non viene ricandidata, ma Nordio decide di avvalersi delle sue qualità da fighter per immettere adrenalina negli uffici di via Arenula: prima come vice capo di gabinetto, poi come capo con licenza di schiacciare l’acceleratore. Il risultato è elettrico: sette dirigenti (il Foglio li ha contati) danno le dimissioni. E dopo la vicenda del generale libico, il Crozza dei senatori Matteo Renzi chiede al ministro di «cominciare la riforma dividendo la sua carriera da quella di Bartolozzi». La sua colpa? Avere tenuto la barra dritta, non avere balbettato, non essersi messa in ferie. Dicono che voglia tornare alla politica e che sia considerata una risorsa meloniana per il prossimo giro. Tutto dipenderà dal finale di questo docufilm dal titolo «L’invasione degli ultragiudici». Il governo è pronto a proteggerla facendo scattare la legge costituzionale (articolo 9, comma 3): «Se il reato viene commesso da più soggetti in concorso tra loro, sia l’assemblea a indicare a chi - anche se non ministro o parlamentare - si estenda il diniego».Bartolozzi è accusata perfino di avere intimato ai funzionari, nel mezzo della crisi Almasri, di non usare le mail per gli scambi di informazioni riservate. Ha detto a una collega: «Basta. Basta. Basta. Non comunicate più. Segnati su Signal». Il minimo sindacale, anche se in una situazione simile qualche Procura di nostra conoscenza avrebbe lasciato il telefonino acceso in collegamento con La Repubblica. Napoleone Bonaparte diceva sbuffando: «L’intendance suivra». Dopo, sempre dopo. Viva le zarine con le sneakers, convinte che è possibile farla arrivare prima o durante.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/delfina-nordio-colpevole-di-efficienza-2673868852.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lex-pm-protegge-la-capogabinetto-e-rivendica-esegui-i-miei-ordini" data-post-id="2673868852" data-published-at="1754637832" data-use-pagination="False"> L’ex pm protegge la capogabinetto e rivendica: «Eseguì i miei ordini» Le mosse del tribunale dei ministri hanno alimentato nuovamente la polemica sul caso Almasri, ovvero la liberazione del generale libico arrestato in Italia lo scorso gennaio. In Parlamento prende il via l’esame della richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dei tre membri del governo indagati, i ministri Matteo Piantedosi e Carlo Nordio, e il sottosegretario di Stato Alfredo Mantovano. Ieri il Guardasigilli ha scagionato Giusi Bartolozzi, sua capo di gabinetto accusata di coinvolgimento nella vicenda, ma non formalmente indagata, con un comunicato ufficiale. «Dopo una continua, pubblica e ininterrotta diffusione di notizie sul ruolo della mia capogabinetto, ho letto la motivazione del tribunale dei ministri e le illazioni che ne hanno tratto alcuni giornali. Ritengo puerile ipotizzare che il mio capo di gabinetto abbia agito in autonomia» sottolinea Nordio, ribadendo allo stesso tempo che «tutte, assolutamente tutte le sue azioni sono state esecutive dei miei ordini, di cui ovviamente mi assumo la responsabilità politica e giuridica». Quindi l’esclusione completa della «sola ipotesi, che ho appreso con raccapriccio, che un’eventuale incriminazione della mia collaboratrice sia un escamotage per attribuire alla giurisdizione penale un compito che ora è squisitamente parlamentare», in quanto tutto questo «mi fa inorridire». Nella sostanza, costituirebbe una «strumentalizzazione politica della Giustizia. Mi auguro che queste insinuazioni finiscano, e che il Parlamento si pronunci definitivamente sul ruolo del mio ministero di cui, ripeto, sono l’unico e responsabile capo». Ieri il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, ha respinto la richiesta della capogruppo Avs Luana Zanella di pubblicare e mettere a disposizione di «tutti i parlamentari, dell’informazione e di chi intenda farsi una opinione» non soltanto il testo della richiesta del Tribunale dei ministri, ma anche «gli allegati e gli ulteriori atti inviati dall’autorità giudiziaria» alla Giunta per le autorizzazioni sulla vicenda Almasri. La terza carica dello Stato ha sottolineato che quegli atti «sono riservati alla consultazione dei soli membri della Giunta» come da prassi consolidata e mai contraddetta. Sulla tempistica, la Camera ha deciso all’unanimità che entro la fine di settembre sarà pronta la relazione sull’esame delle carte inviate dal Tribunale dei ministri e che l’Aula voterà definitivamente entro ottobre.Il centrodestra ha i numeri per respingere la richiesta, ma dovrà sottoporsi a un dibattito parlamentare che si annuncia infuocato. Per arginare gli attacchi, la strategia del governo, seppur tardiva, potrebbe essere quella di apporre il segreto di Stato sulla vicenda: in questo scenario, la maggioranza si farebbe scudo della legge costituzionale sulla responsabilità dei ministri, invocando ragioni di interesse pubblico superiore dietro la liberazione di Almasri. Anche perché come riferito dal direttore dell’Aise, Giovanni Caravelli, Almasri era un «elemento di vertice» della Rada Force, la forza speciale libica antiterrorismo che collabora da anni con l’intelligence italiana.Inoltre, il mancato arresto è servito anche a salvaguardare i nostri connazionali in Libia. Per applicare il segreto di Stato, cosa che può fare soltanto il premier Meloni, basta un cdm convocato d’urgenza come accadde sul caso del rapimento dell’ex imam di Milano Abu Omar nel 2013. E se la sinistra chiede ai ministri coinvolti di rinunciare allo scudo penale accettando il processo, Nordio spiega perché è impossibile: «Lo farei con molto piacere, anche perché so di non avere commesso nessun reato, il problema è che questa rinuncia non è nelle mie facoltà. Il compito della Camera è di esaminare se, ammesso che esista un reato, questo sia stato commesso nell’interesse dello Stato o per un interesse proprio. La vecchia immunità parlamentare era un privilegio al quale si poteva rinunciare. Questo è uno status che non può essere cambiato».
(Totaleu)
Lo ha detto la vicepresidente del Parlamento europeo, Antonella Sberna (FdI), a margine dell'inaugurazione della Half Marathon Città dei Papi.
Silvio Berlusconi e Claudio Lotito al Senato in una foto del 13 ottobre 2022 (Getty Images)
Nel giorno in cui Silvio Berlusconi avrebbe compiuto 89 anni, Claudio Lotito gli dedica una lettera affettuosa: «Il modo in cui hai amato gli italiani continua a sostenerci. Hai realizzato tutti i tuoi sogni, rendendo l’Italia riconoscibile nel mondo».
«Caro Presidente, caro Silvio, auguri. Oggi compi gli anni, e anche se non sei fisicamente presente non è un problema. Potrà sembrare poco ortodosso usare questa espressione, ma il modo e l’intensità con cui hai amato gli italiani, così tanto e così profondamente, continuano a sostenerci anche se tu non ci sei più. È una cosa che è rimasta in ognuno di coloro che hanno capito che il tuo valore, come politico e come uomo, dipendevano anzitutto dalla maniera in cui i tuoi sentimenti, i tuoi pensieri e le tue azioni contribuivano allo sviluppo dell’esistenza degli altri individui. Credo che muoia lentamente chi non vive le proprie passioni, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle ‘i’ piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi. Caro Presidente, caro Silvio, il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere i propri sogni. E tu hai vissuto tutti i tuoi sogni: da imprenditore, da uomo di sport e da politico, tutti realizzati rendendo l’Italia riconoscibile al mondo. Auguri Presidente! Auguri Silvio!». Lo dichiara il senatore Claudio Lotito.
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