2019-02-16
Secessione dei ricchi? No, la vuole pure De Luca
Adesso perfino un tipo come Vincenzo De Luca vuole l'autonomia. Il governatore della Campania deve aver capito che c'è da guadagnarci se si trattengono i soldi in regione. Invece di spedirli a Roma per poi vederseli restituiti, ma dopo che qualcuno, nella Capitale, ci ha fatto la cresta, infatti rimangono in casa. Così ieri ha rotto il fronte, annunciando di aver formalizzato la richiesta per ottenere più poteri e di conseguenza anche il relativo denaro necessario a esercitarli. Certo, l'ex sceriffo di Salerno ha fatto precedere la richiesta da una delle sceneggiate napoletane in cui è esperto e a cui si ispira Maurizio Crozza nell'imitarlo, sentenziando che la Campania vuole essere (...)(...) autonoma, ma anche difendere l'unità nazionale e la parità di diritti e servizi per tutti i cittadini e tutte le altre belle cose che sono note. Ma, tammuriate a parte, chiedendo il diritto di occuparsi di alcune materie a cui oggi provvede lo stato centrale, di fatto la Campania si allinea alle richieste della Lombardia, del Veneto e dell'Emilia Romagna, mandando in frantumi la tesi di chi interpreta l'autonomia come una tentata rapina del Nord ai danni del Sud.Già altre regioni del Meridione, come per esempio la Basilicata, avevano manifestato il desiderio di occuparsi di scuola, grandi reti di trasporto, sistema tributario e così via, come richiesto dalle regioni settentrionali. Ma che ora la domanda sia presentata anche dalla Campania, con i suoi quasi sei milioni di abitanti, è altra cosa, che certo dà alla faccenda un diverso peso. Già, perché fino a ieri gli oppositori dell'autonomia avevano gioco facile a sostenere che erano le regioni più prosperose a volerla. Facendo dunque intendere che l'operazione mirava a rompere il patto di solidarietà nazionale, lasciando le regioni del Sud nei guai e, soprattutto, senza soldi. In pratica l'obiezione era la solita che va avanti da anni. Il Settentrione vuole l'autonomia perché è egoista e se passa questa linea siamo alla secessione dei ricchi, il tutto a scapito dei poveri, cioè dei meridionali. In realtà, come è ben spiegato da Daniele Capezzone qui sotto, non esiste alcun furto con destrezza a danno delle regioni sudiste, perché con l'autonomia il Nord non ottiene più quattrini di quanti già ne incassi, ma ha diritto solo a trattenere quelli che comunque verrebbero spesi dallo Stato per fornire determinati servizi. Mettiamo per esempio che per la scuola in Lombardia o in Emilia il governo spenda 100: invece di mandare tutte le tasse a Roma affinché poi i ministeri ne impieghino una parte per pagare gli insegnanti, i bidelli e tutte le spese relative all'istruzione, Lombardia o Emilia si tengono 100 per far funzionare la baracca della scuola. Le due regioni sono brave e con quei fondi sono in grado di far funzionare meglio il sistema, producendo un miglioramento dei servizi? Beh, è più o meno quello che succede con la sanità e in altri settori ed è questa la sfida dell'autonomia.Come è facile da capire, non c'è nessuna rottura del patto di solidarietà fra regioni diverse, né vi è una secessione o, come qualcuno lascia intendere, la divisione degli italiani in cittadini di serie A e di serie B. Gli italiani rimangono italiani, con gli stessi diritti. Ma se oggi i servizi non sono gli stessi, perché in alcune regioni funzionano e in altre no, come succede a proposito della sanità, forse domani esisterà la possibilità che, accorciando la catena, le prestazioni migliorino, perché non si disperdono in troppi giri. Pia illusione per certe realtà? Può essere, ma giunti al punto in cui siamo arrivati, cioè di sprechi e di inefficienze, forse conviene provarci, perché peggio di quello che capita ora è difficile che accada.Quanto al resto, ovvero all'incostituzionalità del provvedimento che concede poteri alle regioni, come qualche giureconsulto vagheggia, si tratta di sciocchezze. Basta leggersi quello che sostiene uno che certo non può essere annoverato fra i fan di Matteo Salvini. L'ex presidente della Corte costituzionale Valerio Onida, in un'intervista a Repubblica, ieri spiegava che non solo non è messa in discussione la coesione sociale, come scrivono i critici, ma neppure la Costituzione. Leggere per credere. Domanda: «Professor Valerio Onida, l'autonomia regionale differenziata è la secessione dei ricchi?». Risposta: «No, è l'attuazione del terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione, una norma voluta dal centrosinistra e approvata con il referendum del 2001». C'è altro da aggiungere?
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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