2025-04-03
Dazi, l’Ue si muove in ordine sparso. Scintille fra Parigi e la Commissione
Ursula von der Leyen (Getty Images)
La Francia annuncia una replica in due fasi entro fine aprile, Bruxelles invece frena.Tra chi fa la voce grossa e chi raccomanda prudenza, l’Europa procede in ordine sparso sulla risposta ai dazi di Trump. La giornata di ieri fa registrare un ruvido botta e risposta tra la Francia e la Commissione europea. Nel primo pomeriggio, la portavoce del governo francese, Sophie Primas, al termine del consiglio dei ministri a Parigi, anticipa le contromisure dell’Europa: «L’Ue», annuncia la Primas, «risponderà ai dazi prima della fine del mese di aprile. La risposta sarà in due fasi: la prima che arriverà a metà aprile, è una risposta ai dazi già decisi sull’acciaio e sull’alluminio. Poi, ci sarà uno studio preciso, settore d’attività per settore d’attività, e un decisione europea dovrebbe essere annunciata prima della fine del mese di aprile, in modo concordante, unita e forte. I lavori», aggiunge la Primas, «sono in corso per sapere quali settori d’attività saranno i portatori di questa risposta. Dobbiamo essere molto vigili sulla scelta di questi settori di attività, e allo stesso tempo molto uniti perché ovviamente gli Stati Uniti cercheranno di dividerci». La Commissione non prende bene l’ennesimo tentativo di Parigi di assumere il ruolo di capitale «di fatto» dell’Europa: «La Francia non parla a nome dell’Unione europea», sottolinea il portavoce Ue per il Commercio, Olof Gill, «quando si tratta di politica commerciale. Noi sì. Quindi, comunicheremo i tempi precisi della nostra risposta nel momento in cui saremo pronti a farlo. Tutto ciò che posso dire è che ce ne sarà una. In questo momento siamo solo in modalità di attesa, e pubblicheremo la nostra risposta formale dell’Ue al momento opportuno. Sarà presto». «La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen», dice la portavoce della Commissione europea, Paula Pinho, «è rimasta in contatto con tutti i leader europei per avere davvero una risposta coordinata con il contributo dei vari leader». Molto cauto il premier britannico Keir Starmer, che pensa per lo più ai dazi suoi: non a caso, come riporta Nova, fonti di Downing Street hanno riferito al Guardian che il governo britannico sarebbe pronto a ridurre l’aliquota della Digital services tax (Dst) per le grandi aziende tecnologiche statunitensi in cambio di un’esenzione dalle tariffe. «La prima risposta del Regno Unito», commenta Starmer, «non può essere quella di lanciarsi in una guerra commerciale con gli Usa. Abbiamo un rapporto commerciale equilibrato con gli Stati Uniti e credo che il nostro interesse nazionale sia tutelato al meglio se cerchiamo con calma di raggiungere un accordo. Dobbiamo stare coi piedi per terra». Cautela anche da Berlino, obiettivo numero uno dell’azione di Donald Trump: «L’Unione europea», dichiara il portavoce dell’esecutivo tedesco Steffen Hebestreit, «è pronta a negoziare con il governo statunitense per raggiungere un accordo ed evitare conseguenze negative. Se così non sarà, allora ci sarà anche una reazione decisa da parte dell’Unione europea». Molto dura l’Austria: il ministro dell’Economia di Vienna, Wolfgang Hattmannsdorfer, sostiene di essere «favorevole all’introduzione da parte dell’Unione europea di misure contro le aziende tecnologiche statunitensi. Questa sarebbe una decisione molto importante, basta pensare a chi c’era in prima fila all’insediamento di Donald Trump. L’obiettivo, tuttavia», precisa Hattmannsdorfer, «deve essere quello di riportare gli Stati Uniti al tavolo dei negoziati». Da Vienna a Madrid: il ministro dell’Industria e del Turismo spagnolo, Jordi Hereu, sottolinea che «la Spagna e l’Europa stanno preparando la risposta» ai dazi Usa. Sia la Spagna sia l’Europa non vogliono inasprire il conflitto commerciale, perché è evidente che tutti ne usciamo perdenti». Infine, Tokyo: il capo gabinetto del governo giapponese, Yoshimasa Hayashi, esorta Trump a riconsiderare l’introduzione dei dazi: «Esamineremo attentamente i dettagli di queste misure tariffarie», sottolinea Hayashi, «e il loro potenziale impatto sulla nostra nazione, continuando allo stesso tempo a sollecitare con forza gli Stati Uniti a riconsiderare le proprie azioni».