2024-07-16
Il Consiglio europeo alza il muro dei dazi
Ursula von der Leyen (Ansa)
Scaduto il termine per i pareri sfavorevoli. Italia e Spagna si sono espresse a favore della misura contro le auto cinesi, mentre Germania e Svezia si sono astenute. A novembre prevista la scelta definitiva: Berlino dovrà decidere come schierarsi.Si è chiusa ieri la finestra di tempo che avevano i Paesi Ue per presentare il loro parere in merito ai dazi da applicare alle vetture elettriche cinesi. Dal 5 al 15 luglio gli Stati hanno dunque avuto tempo per esprimersi, votando a favore, contro o astenendosi. Secondo fonti governative, l’Italia ha votato a favore, mentre la Germania, la maggiore economia europea e una delle più grandi quando si parla di quattro ruote, si è astenuta. Stesso atteggiamento astensionista anche per la Svezia. Anche un’altra economia importante nell’Ue come la Spagna avrebbe votato a favore dei dazi. Il voto, va detto, era riservato e Bruxelles aveva già fatto sapere che non ne avrebbe ufficializzato l’esito. D’altronde, quella sui modelli a batteria in arrivo dalla Cina è la più grande battaglia che l’Ue sta combattendo sul piano commerciale. Secondo quando proposto da Bruxelles i dazi (ora provvisori e partiti il 5 luglio) per i prodotti in arrivo da Pechino possono arrivare fino al 37,6% (prima erano già al 10%). Al momento, poiché si tratta di un regime provvisorio non c’è bisogno del via libera da parte di una maggioranza qualificata, ma quando le tariffe maggiorate dovranno diventare definitive allora servirà un voto che metta a tacere le polemiche. La data più probabile dovrebbe essere quella del 4 novembre. A quel punto il parere degli Stati sarà vincolante per la Commissione, con procedura d’esame obbligatoria e vincolante (a maggioranza qualificata).Intanto, una fonte vicina al dossier ha fatto sapere che la Germania si asterrà mantenendo una «solidarietà critica» con la Commissione Ue. L’atteggiamento dI Berlino non stupisce, perché i primi a non essere felici dei dazi verso le elettriche cinesi sono proprio i costruttori tedeschi. I grandi colossi teutonici ritengono, infatti, che il ricorso a tariffe maggiorate porterà a misure di ritorsione in Cina, un mercato molto importante per aziende come Volkwagen, Mercedes e Bmw. In effetti, i costruttori tedeschi non hanno tutti i torti. La diatriba nata intorno alle vetture elettriche cinesi un po’ troppo «low cost» sta deteriorando non poco i rapporti tra Bruxelles e Pechino. Proprio nei giorni scorsi il governo cinese, non a caso, ha annunciato l’avvio di una indagine sulle batterie commerciali prodotte nell’Ue. Proprio, come aveva fatto a sua volta la Commissione prima di introdurre i dazi sulle auto cinesi a batteria. Basti pensare che circa due settimane fa, a fine giugno, il quotidiano tedesco Handelsblatt aveva fatto sapere che il cancelliere Olaf Scholz, spinto anche dalle pressioni dei grandi produttori tedeschi di automobili, aveva proposto che i dazi sulle auto elettriche in arrivo dalla Cina non dovessero superare il 15%. Così facendo, anche Pechino avrebbe mantenuto l’attuale imposta del 15% sulle importazioni di auto europee di grossa cilindrata, le stesse prodotto largamente proprio dalla Germania. Come poi è stato testimoniato dai fatti, la proposta di Scholz è finita in niente. Insomma, siamo nel pieno di una guerra commerciale. Giusto per citare qualche numero, tra le aziende più colpite dai dazi voluti da Bruxelles c’è Byd, la più grande produttrice di veicoli elettrici al mondo, i cui costi per portare i suoi modelli nel Vecchio continente potrebbero salire tra il 20 e il 30%. Del resto, la Commissione europea ha il sospetto che la Cina sovvenzioni i grandi colossi cinesi dell’auto, elemento che permetterebbe loro di esportare veicoli elettrici a prezzi che in Europa non possiamo nemmeno sognarci. Certo è che la Cina è in una posizione complessa. Va ricordato, infatti, che la Repubblica Popolare esporta in Europa oltre 200 miliardi di dollari di beni in più di quanti ne importi dall’Ue. Un divario commerciale calato fortemente nel 2023, dopo che tra il 2020 e il 2022 aveva raggiunto livelli record, ma che resta a ogni modo molto rilevante. Pechino ha quindi molto più da perdere rispetto a Bruxelles da una guerra commerciale, anche se, esattamente come era accaduto per gli Usa ai tempi della guerra commerciale tra Donald Trump e le big tech cinesi, le economie di entrambi i colossi potrebbero risentirne. La Cina non può permettersi di dire addio ad altri partner commerciali importanti, visto che le relazioni con Washington sono ormai ai minimi termini. Per questo motivo, dovrà valutare molto attentamente se tagliare i ponti anche con l’Europa.Il problema, infine, riguarda anche l’ideologia green di Bruxelles che vede le vetture elettriche come la soluzione a tutti i mali. Il solo ricorso a questo assioma indebolisce le grandi competenze sviluppate in Europa (e in Italia) nel settore dei motori termici che, ad esempio, potrebbero avere ancora lunga vita se si considerasse il passaggio ai biocarburanti. Al contrario, la Cina è fortissima nella produzione di batterie e la spinta verso l’elettrico potrebbe rivelarsi un boomerang letale per uno dei settori più importanti dell’economia europea.
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