2020-07-16
Davigo sfidò il Quirinale per votare il candidato di Palamara e Lotti
Piercamillo Davigo (Ansa)
L'ex pm di «Mani pulite» non accettò il rinvio sulla nomina del procuratore di Roma richiesto dal Colle tramite David Ermini. Con lui erano a favore di Marcello Viola anche altri due attuali giudici della sezione disciplinare.Mancano pochi giorni alla prima audizione (che dovrebbe essere di smistamento) del 21 luglio per i convitati dell'hotel Champagne, i presunti complottardi che puntavano a portare sul soglio di procuratore di Roma un nome a loro gradito, il pg di Firenze Marcello Viola. O almeno questo è ciò che sostengono i loro accusatori. Il processo a Luca Palamara, Cosimo Ferri, Luigi Spina, Pierluigi Morlini, Antonio Lepre, Corrado Cartoni e Paolo Criscuoli, tutti ex consiglieri del Csm, verterà sulla presenza nell'albergo romano e sulle chiacchiere un po' alticce di quella sera. La composizione della sezione disciplinare del Csm è stata ufficializzata ieri, ma lascia molti dubbi. I componenti in pectore sono il presidente Fulvio Gigliotti (laico dei 5 stelle che aveva già sostituito l'astenuto David Ermini), il laico della Lega Emanuele Basile e i consiglieri togati Piercamillo Davigo (Autonomia & indipendenza), Paola Maria Braggion, Antonio D'Amato (entrambi di Magistratura indipendente) ed Elisabetta Chinaglia (Area). Al plenum di ieri non ha preso parte Gigliotti, assente per un'indisposizione. Se dovesse dare forfait anche per l'udienza del 21 luglio sarebbe sostituito come presidente da Basile e il posto di Basile sarebbe preso da un altro laico a 5 stelle, Filippo Donati.Ma qualche dubbio resta. Infatti tre componenti della sezione sono stati inseriti nelle liste testimoniali di Palamara e Spina.Il nome più altisonante è quello di Davigo, l'ex campione del pool di Mani pulite che non sembra voler rinunciare a poter giustiziare Palamara. Ma il pm romano vorrebbe farlo deporre sui colloqui avuti con i colleghi Stefano Fava (indagato a Perugia), Ermino Amelio e Sebastiano Ardita, in abboccamenti che avrebbero avuto come oggetto la candidatura di Fava in A&i e la presentazione da parte dello stesso Fava di un esposto al Csm contro l'ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone. Palamara vorrebbe domandare a Davigo anche se fossero note negli ambienti della Procura di Roma le indagini nei propri confronti, «oggetto di numerose conversazioni già alla data del 9 aprile 2019». La data non è casuale perché quel giorno Palamara era uno dei relatori alla presentazione del libro dello stesso Davigo. Ma se quest'ultimo in tv ha dichiarato che Palamara era stato invitato a sua insaputa, la toga capitolina vorrebbe chiedergli qualcosa «sulle modalità degli inviti al convegno del 9 aprile 2019 presso il Circolo delle Vittorie e sui colloqui intercorsi in quella occasione». Palamara vorrebbe avere da Davigo, ma anche da Gigliotti e da Basile, tutti componenti sia della quinta commissione (quella incaricata di scegliere i candidati procuratori) che della sezione disciplinare, informazioni «sull'esistenza di una asserita interferenza da parte di Palamara in epoca anteriore e prossima al conferimento degli incarichi direttivi di Procuratore di Roma e Perugia».Perché sta qui il punto nodale: parlare della procura di Roma in un dopocena all'hotel Champagne alla presenza di due politici del Pd (Luca Lotti e Cosimo Ferri) può essere considerata un'interferenza se poi a votare per Viola (il candidato preferito dalla trimurti Lotti-Ferri-Palamara) furono proprio Davigo, Gigliotti e Basile e non il presidente della quinta commissione, Morlini, seppur presente allo Champagne?Per capire meglio il paradosso conviene ricostruire quanto accadde nei giorni della scelta di Viola al Csm. Il 21 maggio 2019 dal Quirinale arriva l'indicazione di fare le audizioni dei candidati, prassi tra l'altro abbastanza diffusa, rallentando il voto per Viola. L'invito giunge al Comitato di presidenza del Csm composto dal vicepresidente David Ermini, dal primo presidente del Palazzaccio Giovanni Mammone e dal procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio. La discussione aveva già occupato due giorni di lavori della commissione, il 13 e il 14 maggio. Il 21 poteva essere il giorno decisivo. Ma Ermini convoca il presidente Morlini, e gli anticipa che sarebbe arrivata a breve una nota scritta con l'invito a fare le audizioni. Come risulta dai verbali della seduta si accende un'aspra discussione e Davigo, Basile e Lepre «motivano la loro contrarietà anche in ragione della necessità di procedere celermente». Il consigliere Suriano, che aveva già proposto le audizioni, ribadisce di essere favorevole. Morlini allora dispone che la votazione venga fissata per il giovedì successivo per «consentire a tutti di maturare il proprio convincimento». Davigo, Basile e Lepre si oppongono anche a questa proposta. Davigo addirittura, che vorrebbe votare in giornata, cita un articolo del regolamento che «consente di chiedere la votazione di una pratica, ancorché non iscritta all'ordine del giorno, purché se ne ravvisi l'urgenza e si riscontri l'unanime consenso». Morlini «evidenzia l'assenza dell'unanimità» e conferma la necessità di votare due giorni dopo. Il giovedì partecipa all'introduzione dei lavori Ermini, il quale si fa portavoce della richiesta del Colle, che, ribadisce il vicepresidente, «non ha mai avuto e non ha l'intenzione di interferire con i lavori della commissione», salvo precisare che «ciò che il Presidente della Repubblica ha voluto manifestare è l'invito a tener conto» che «un «completamento istruttorio delle pratiche» le metterebbe al riparo da eventuali contenziosi. Nel verbale si specifica che attraverso Ermini «parla direttamente il Presidente della Repubblica». Quindi il vicepresidente lascia la seduta. Basile dichiara che «l'esigenza a procedere a ulteriori istruttorie deve nascere in seno alla commissione e non provenire dall'esterno» anche perché «all'esterno non si ha la piena conoscenza di ciò che è stato fatto dalla commissione». E aggiunge che non si tratta di una «scortesia» nei confronti di Mattarella, perché «la nota ricevuta è del Comitato di presidenza». Morlini «rileva che il presidente della Repubblica parla attraverso il Comitato di presidenza, così come ribadito oggi dal vicepresidente, e pertanto il voto contrario all'audizione è certamente uno sgarbo istituzionale». Davigo «si dichiara contrario alle audizioni. A suo giudizio la pratica è istruita a fondo ed è pronta per la decisione». La proposta viene messa ai voti e appoggiata da Morlini, Suriano e Gigliotti. Invece Davigo, Basile e Lepre si oppongono nuovamente. Il pareggio non è sufficiente a cambiare le carte in tavola e la proposta viene rigettata. Subito dopo i tre contrari alle audizioni puntano dritti su Viola, questa volta con il sostegno di Gigliotti. Morlini, quello dello Champagne, vota il candidato di Unicost Giuseppe Creazzo («la cui figura emerge per la pluralità di esperienze»), Suriano punta sul procuratore di Palermo Franco Lo Voi.Anche Spina ha inserito nella sua lista testi Davigo e Gigliotti, per dimostrare che pure lui, nonostante fosse all'hotel Champagne, non aveva deciso di votare Viola. Nel corso del dopocena nell'albergo romano aveva, in effetti, dichiarato che avrebbe potuto sceglierlo solo se Creazzo non avesse avuto possibilità di vincere. Ma evidentemente deve aver creduto sino all'ultimo che il proprio candidato potesse farcela.Ecco spiegata la sua lista testi. Spina il 7 maggio 2019, dentro alla stanza del consigliere del Csm Criscuoli e alla presenza del candidato Viola, dello stesso Davigo, di Lepre e Cartoni avrebbe espresso la sua intenzione di voto a favore di Creazzo. Un'intenzione confermata anche dai contatti con lo stesso Creazzo nei giorni 21 e 23 maggio avvenuti alla presenza della consigliera Cochita Grillo. Inoltre Spina ha chiesto di far testimoniare Gigliotti e la Grillo sui suoi colloqui con loro nei giorni 15 e 16 maggio e Suriano sul confronto avvenuto nella stanza di Morlini sulle procedure di nomina del procuratore di Roma. Infine, ieri sono state resi noti i nomi dei relatori (gli estensori delle sentenze) delle singole posizioni. La decisione su Palamara la scriverà Gigliotti, D'Amato si occuperà del vecchio compagno di corrente Ferri e la Braggion di tutti gli altri. L'accusa sarà rappresentata dal procuratore aggiunto Luigi Salvato, dall'avvocato generale Pietro Gaeta e dal sostituto Simone Perelli, tutte toghe della Cassazione.
(Totaleu)
Lo ha dichiarato l'europarlamentare della Lega Roberto Vannacci durante un'intervista al Parlamento europeo di Bruxelles.