
Selezionati 31 progetti per produrre due milioni di proiettili entro la fine del 2025. Coinvolte pure due aziende italiane: la Simmel Difesa e la Baschieri & Pellagri.L’Europa procede spedita nella sua corsa al riarmo e lo fa puntando sul Made in Italy. Nella giornata di ieri, a meno di 24 ore di distanza dalle parole pronunciate in diretta tv dal presidente francese Emmanuel Macron, che ha paventato in maniera confusa l’ipotesi di inviare soldati a combattere in Ucraina, la Commissione europea ha infatti stanziato 514 milioni di euro, finanziati dai bilanci dei 27 Paesi membri e dalla Norvegia, per aumentare la produzione di munizioni nell’immediato futuro. Una misura prevista dal cosiddetto Asap, l’atto a sostegno della produzione di munizioni adottato da Bruxelles lo scorso 18 ottobre 2023, che prevede nell’arco di un biennio il completamento di interventi volti a potenziare l’industria della difesa europea, per un totale di due miliardi di euro.Nella fattispecie, sono stati selezionati 31 progetti per produrre due milioni di proiettili entro la fine del 2025, tra cui quelli di due aziende italiane, la Simmel Difesa di Colleferro (Roma) e la Baschieri & Pellagri di Castenaso (Bologna), che saranno impegnate nella produzione di polvere da sparo, settore su cui sarà riversata la fetta più grande del budget stanziato dalla Commissione, ovvero 248 milioni di euro che faranno aumentare la capacità produttiva annua di oltre 10.000 tonnellate di polvere da sparo. I restanti 266 milioni saranno così suddivisi: 124 milioni per la fabbricazione di esplosivi, la cui produzione sarà incrementata di oltre 4.300 tonnellate ogni anno, 90 per i proiettili da 155 mm, 50 per i missili e 2 per la certificazione di collaudo e il ricondizionamento. Simmel Difesa e Baschieri & Pellagri potranno contare così su un importante sostegno da parte dell’Ue in modo da incrementare la capacità di produzione attuale e svilupparne di nuove. Parallelamente a questo, la Commissione di Ursula von der Leyen ha anche dato il via ad altri due programmi, l’Edirpa, uno strumento a sostegno dell’industria europea della difesa attraverso appalti comuni nei settori delle munizioni, della difesa aerea e missilistica e della sostituzione di carri armati e droni, che in teoria dovrebbe incentivare i Paesi membri ad acquistare congiuntamente le risorse belliche da fornire ai rispettivi eserciti, frenando così la frammentazione della domanda europea, in una sorta di spirito di solidarietà dopo l’invasione russa del 24 febbraio 2022. E poi il quarto programma di lavoro annuale del Fed, il Fondo europeo per la difesa, per cui è stata stanziata la cifra di un miliardo e 100 milioni di euro, di cui 225 milioni previsti per sostenere l’innovazione e le startup che operano nel settore della difesa dell’Ue, e che vedrà tra i progetti finanziati lo sviluppo di veicoli senza equipaggio sia in volo che a terra e dei mezzi di contrasto ai missili ipersonici. Il programma Fed è partito nel 2021 e ha l’obiettivo di finanziare fino al 2027 17 aree, dalla cybersicurezza alla robotica e alle tecnologie spaziali, con una spesa di quasi 8 miliardi di euro.Insomma, sulla carta tutto ciò dovrebbe rappresentare l’anticamera della realizzazione del complesso progetto di costruzione di una Difesa comune europea. Allo stato attuale delle cose, ci si dovrà concentrare su una maggiore cooperazione, visto che la maggior parte dei Paesi membri dell’Unione europea si ritrova con il serbatoio delle risorse belliche svuotato dagli oltre due anni di guerra in Ucraina e dal relativo sostegno. L’avviamento di questi programmi ha come obiettivo quello di rispondere all’esigenza di ricostruire gran parte delle loro scorte, ma anche alle continue e incessanti richieste di Kiev di ricevere munizioni e altre attrezzature militari per poter fronteggiare una fase delicata e forse decisiva del conflitto che, a oggi, sta vedendo prevalere sul campo di battaglia la Russia.
Johann Chapoutot (Wikimedia)
Col saggio «Gli irresponsabili», Johann Chapoutot rilegge l’ascesa del nazismo senza gli occhiali dell’ideologia. E mostra tra l’altro come socialdemocratici e comunisti appoggiarono il futuro Führer per mettere in crisi la Repubblica di Weimar.
«Quella di Weimar è una storia così viva che resuscita i morti e continua a porre interrogativi alla Germania e, al di là della Germania, a tutte le democrazie che, di fronte al periodo 1932-1933, a von Papen e Hitler, ma anche a Schleicher, Hindenburg, Hugenberg e Thyssen, si sono trovate a misurare la propria finitudine. Se la Grande Guerra ha insegnato alle civiltà che sono mortali, la fine della Repubblica di Weimar ha dimostrato che la democrazia è caduca».
(Guardia di Finanza)
I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, grazie a una capillare attività investigativa nel settore della lotta alla contraffazione hanno sequestrato oltre 10.000 peluches (di cui 3.000 presso un negozio di giocattoli all’interno di un noto centro commerciale palermitano).
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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Stefano Arcifa
Parla il neopresidente dell’Aero Club d’Italia: «Il nostro Paese primeggia in deltaplano, aeromodellismo, paracadutismo e parapendio. Rivorrei i Giochi della gioventù dell’aria».
Per intervistare Stefano Arcifa, il nuovo presidente dell’Aero Club d’Italia (Aeci), bisogna «intercettarlo» come si fa con un velivolo che passa alto e veloce. Dalla sua ratifica da parte del governo, avvenuta alla fine dell’estate, è sempre in trasferta per restare vicino ai club, enti federati e aggregati, che riuniscono gli italiani che volano per passione.
Arcifa, che cos’è l’Aero Club d’Italia?
«È il più antico ente aeronautico italiano, il riferimento per l’aviazione sportiva e turistica italiana, al nostro interno abbracciamo tutte le anime di chi ha passione per ciò che vola, dall’aeromodellismo al paracadutismo, dagli ultraleggeri al parapendio e al deltaplano. Da noi si insegna l’arte del volo con un’attenzione particolare alla sicurezza e al rispetto delle regole».
Riccardo Molinari (Ansa)
Il capogruppo leghista alla Camera: «Stiamo preparando un pacchetto sicurezza bis: rafforzeremo la legittima difesa ed estenderemo la legge anti sgomberi anche alla seconda casa. I militari nelle strade vanno aumentati».
«Vi racconto le norme in arrivo sul comparto sicurezza, vogliamo la legittima difesa “rinforzata” e nuove regole contro le baby gang. L’esercito nelle strade? I soldati di presidio vanno aumentati, non ridotti. Landini? Non ha più argomenti: ridicolo scioperare sulla manovra».
Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, la Cgil proclama l’ennesimo sciopero generale per il 12 dicembre.
«Non sanno più di cosa parlare. Esaurito il filone di Gaza dopo la firma della tregua, si sono gettati sulla manovra. Ma non ha senso».






