2021-01-16
Dallo spettro del voto all’ok agli Scilipoti Il mistero del vortice di veline dal Colle
Sergio Mattarella (Getty images)
Le sterzate dei quirinalisti (mai smentiti dall'interessato): prima Sergio Mattarella ostile ai responsabili, ora favorevole agli accordicchiIn un periodo storico nel quale, alla debolezza del sistema politico, ha fatto da contraltare il decisionismo del Colle, gli esegeti del pensiero del capo dello Stato sono un po' come l'oracolo di Delfi. Ed esattamente come la pizia greca, anche i quirinalisti possono curvare i responsi a seconda delle necessità. Stiamo effettivamente assistendo a un fenomeno che può essere spiegato soltanto in due modi: o Sergio Mattarella ha cambiato varie volte idea nell'arco di poco più di un mese; o sono i suoi portavoce semiufficiali ad avergli erroneamente attribuito posizioni contraddittorie. Il che sarebbe strano, per dei consumati professionisti del giornalismo, peraltro mai smentiti dal diretto interessato.Ieri, ad esempio, il quirinalista della Stampa, Ugo Magri, a proposito delle «perplessità» del Colle su un governo retto da una maggioranza fragile, si chiedeva «come la prenderebbe Mattarella», se Giuseppe Conte riuscisse a racimolare in Senato «due o tre cani sciolti». Risposta: «Magari non ne sarebbe entusiasta, ma nemmeno potrebbe contraddire la volontà del Parlamento». Toh: solo 24 ore prima, il suo collega del Corriere, Marzio Breda, in tv giurava che il presidente «considera consumate tutte le formule politiche», è ostile a «maggioranze raccogliticce» e, dunque, valuterebbe un'unica possibilità se l'Aula confermasse che è venuta meno la coalizione Pd-M5s-Leu-Iv: le elezioni. Uno scenario che, in effetti, lo stesso Breda agita da tempo sulle colonne del quotidiano di via Solferino. A inizio dicembre, ad esempio, in vista del voto parlamentare sul Mes, il Quirinale avrebbe garantito che, in caso di bocciatura del salva Stati, si sarebbe dovuto prendere atto di un «big bang dopo il quale» poteva restare solamente «la tabula rasa» del ritorno alle urne. Allora, la vedeva così anche Magri, che sulla Stampa confermava: «Elezioni se il governo cade sul Mes». Una prospettiva che gli efori del Colle hanno continuato a sostenere durante tutto il periodo della crisi innescata da Matteo Renzi. Tanto da ingenerare un sospetto, che proprio Breda, ospite ieri l'altro di La 7, s'è premurato di fugare: ovvero, che le voci di un Mattarella propenso a riportare gli italiani alle urne servissero a intimidire il leader di Italia viva, deciso a liberarsi del professore di Volturara Appula e, nondimeno, terrorizzato dalla prospettiva di un voto che ne azzererebbe il partitino. Addirittura, verso la fine di novembre, il Corsera sottolineava che il capo dello Stato considerava rischiosa pure l'ipotesi di un rimpasto, che poteva tramutarsi «in un azzardo, esponendo la guida del Paese al rischio di indebolirsi [...]. Senza contare che l'opinione pubblica potrebbe equivocare il senso dell'intera manovra e giudicarla magari non tanto nobile». Ecco: com'è stato possibile che Mattarella, così attento a non suscitare il disgusto del popolo con manovrine di palazzo, sia ora pronto a ingurgitare la pattuglia dei «costruttori», un tempo noti come voltagabbana? Anche perché, d'ora in avanti, lo scempio delle libertà civili nel nome della salute pubblica dovrebbe passare da una maggioranza raffazzonata. Il che porrebbe un serio problema di legittimità politica all'esecutivo dei sopravvissuti. È vero che, tre giorni fa, al presidente della Repubblica veniva attribuito uno sfogo eloquente a proposito dell'imminente strappo di Renzi: «Il Paese non capirebbe» la crisi di governo. In sostanza, agli italiani non sarebbero andati giù i soliti inciuci, ma neppure uno sgambetto al premier a ridosso della paventata terza ondata di Covid. Di qui a bere l'amaro calice dei «responsabili», tuttavia, ce ne passa. La strana coincidenza, soprattutto, è che le veline filtrate dal Quirinale coincidano sempre con gli interessi momentanei del Pd. In concomitanza con il passaggio parlamentare sul Mes, lo spettro del voto anticipato doveva riportare nei ranghi i grillini solleticati dalla tentazione del colpo di coda. Quando le picconate di Renzi sono diventate l'evidente preludio di una rottura dell'intesa pro Conte, era la pattuglia di Iv a dover essere convinta alla desistenza. Ora, la musica è cambiata di nuovo: l'ultima spiaggia per salvare l'esecutivo sono gli Scilipoti redivivi, e allora il Quirinale «non potrebbe contraddire la volontà del Parlamento», ritrovandosi a tollerare i «due o tre cani sciolti» in soccorso dell'ex avvocato del popolo. S'è smesso di parlare, invece, di governissimi, benché la papabile Marta Cartabia abbia incontrato il capo dello Stato: si tratta dell'opzione del senatore semplice, dell'uomo che vuole la testa di Conte. Ergo, è tramontata. Sono tutti spifferi diffusi all'uopo dal Colle stesso? O sono i quirinalisti a tirare per la giacchetta il presidente?Rimane da capire quale sia la vera posizione di Mattarella, anche se, tra poche ore, saranno i fatti a rivelarcela. Il suo entourage, in queste settimane, non ha mai sconfessato alcuno dei sommi ermeneuti. È probabile che il capo dello Stato veda ancora in Conte l'unico collante in grado di tenere insieme l'Ulivo 2.0, teleguidato da Nicola Zingaretti, arginando l'avanzata del centrodestra. E che, a una resa dei conti, preferisca financo gli epigoni di Antonio Razzi (il quale, sui social, gigioneggia: «Il destino è ingiusto con i precursori», come lui e il vituperato Domenico Scilipoti). Mattarella, pertanto, si rassegnerebbe alle urne esclusivamente dopo il naufragio della questua per un gruppuscolo di banderuole, sufficienti a scongiurare lo sfratto dell'inquilino di Palazzo Chigi. Il quale, d'altronde, può atteggiarsi a Talleyrand in pochette solo perché ha un santo in Paradiso. Anzi, al Quirinale.
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.