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2019-07-25
Dall’Iran decolla un’altra grana per Toninelli
Ansa
Non c'è soltanto la questione della Tav a dividere il governo gialloblù e a mettere in difficoltà Danilo Toninelli, il ministro dei Trasporti ancor più in bilico dopo la scelta del presidente Giuseppe Conte di realizzare la Torino-Lione. Ci sono anche i voli della Mahan Air, compagnia aerea iraniana vicina ai Pasdaran, sotto sanzioni dal 2011 da parte degli Stati Uniti per appoggio al terrorismo e alla proliferazione nucleare, e per le stesse ragioni recentemente bandita da Germania e Francia.
Dal 2 luglio, la compagnia, che dal 2012 ha un ruolo centrale in Siria a difesa e supporto di Bashar Al Assad, ha aumentato il numero di voli diretti da Teheran all'Italia. E a rimetterci rischia di essere Matteo Salvini, l'interlocutore privilegiato dall'amministrazione Trump, che nella sua recente visita negli Stati Uniti aveva cercato di rassicurare il segretario di Stato, Mike Pompeo, sulla politica estera italiana. In particolare sui dossier Cina, Russia, Venezuela e Iran, dove i due partiti di governo, la Lega di Salvini e il Movimento 5 stelle di Luigi Di Maio, appaiono quasi agli antipodi.
Ad accendere i riflettori sulla questione è stata martedì La Stampa, sottolineando le preoccupazioni degli Stati Uniti, impegnati in una strategia di «massima pressione» sul regime di Teheran dopo la decisione del presidente Donald Trump di uscire dall'accordo nucleare firmato nel 2015 dal suo predecessore, Barack Obama e le recenti tensioni sulle petroliere nel Golfo Persico, che hanno coinvolto anche le potenze europee e la Cina. «L'aumento di voli diretti», scrive l'esperto di sanzioni e Iran Emanuele Ottolenghi sul quotidiano torinese, «è uno schiaffo al presidente Trump perché contraddice l'impegno preso dal vicepresidente del consiglio Matteo Salvini durante la sua visita a Washington, dove ha promesso di allinearsi sull'Iran alla politica americana». Ma se Salvini rischia di ritrovarsi in difficoltà nel dialogo con Washington è per colpe non sue. Perché a poter intervenire sul traffico aereo e bandire una compagnia sono l'Ente nazionale per l'aviazione civile, e il ministero dei Trasporti. Che nel caso della Mahan Air hanno, a quanto risulta alla Verità, chiesto un parere anche al ministero degli Esteri di Enzo Moavero Milanesi. Che, visto il risultato, non sembra essere espresso contrariamente all'aumento dei voli di Mahan Air verso il nostro Paese. Così dall'inizio di questo mese sono due i voli che ogni settimana collegano Teheran all'Italia: due su Malpensa (volo W5110) e uno su Fiumicino (volo W5140).
Enac e ministero dei Trasporti hanno quindi scelto di non scegliere, permettendo nuovi voli a una compagnia aerea che, tra le altre cose, ha rifornito di armi e uomini i gruppi terroristici filo Iran in Siria ed è guidata da Hamid Arabnejad Khanooki, l'ad sotto sanzioni Usa e vicino alla forza Quds dei Pasdaran, un'unità speciale guidata da Qasem Soleimani, generale soggetto a un divieto di volo delle Nazioni Unite ma che ha trovato proprio in Mahan Air diversi passaggi verso la Siria. Come riportato da Ottolenghi, la compagnia «mette i propri aerei a disposizione di operazioni clandestine di trasporto di tecnologia proibita che il regime di Teheran si procaccia in giro per il mondo utilizzando schemi commerciali illeciti», tra cui armi, tecnologia missilistica e nucleare, e componenti per l'industria aeronautica. Inoltre, nella guerra siriana, voli diretti Mahan Air portano armi da Teheran a Damasco per la milizia libanese filoiraniana Hezbollah, per riportare a casa morti e feriti.
La mancata decisione del ministero dei Trasporti contro Mahan Air ha, come ricorda La Stampa, rappresentato anche una contraddizione delle promesse sull'immigrazione del vicepremier Salvini, visto che alla luce del suo ruolo centrale nel conflitto siriano la compagnia ha contribuito al dramma dei profughi e al flusso che dal 2015 si riversa sull'Europa. E ciò potrebbe rafforzare ulteriormente il fronte di chi chiede la testa di Toninelli, che a questo punto appare d'impedimento alla realizzazione di un punto fondamentale dell'agenda di governo, oltre che un ostacolo nel dialogo con gli Usa, alleati fondamentali nella partita con Bruxelles.
Proprio ieri il dipartimento del Tesoro di Washington ha diffuso una nota di avvertimento rivolta alle aziende, statunitensi e non, che operano con diverse compagnie aeree iraniane, tra cui Mahan Air. Gli organismi che forniscono alle compagnie iraniane servizi come finanziamenti, prenotazioni e biglietteria, ma anche manutenzione delle parti di aeromobili e catering, sono passibili di azioni di controllo e sanzioni economiche da parte degli Stati Uniti. A rischio sanzioni anche i non statunitensi che operano in «attività non autorizzate» assieme a persone collegate agli sforzi dell'Iran nella proliferazione delle armi di distruzione di massa, nel sostegno al terrorismo internazionale e negli abusi dei diritti umani. «L'industria dell'aviazione civile internazionale», ha dichiarato Sigal Mandelker, sottosegretario al Tesoro per il terrorismo e l'intelligence finanziaria, «devono essere in allerta e assicurarsi di non essere complici delle attività maligne dell'Iran».
Ma come spiegarsi il tempismo di questo advisory del Tesoro Usa? Forse c'è qualcosa oltre le tensioni nel Golfo. Mahan Air, che sta aumentando la sua presenza in Cina, non ha grossi progetti in ballo in Europa in questo periodo: sta per lanciare il volo Teheran-Belgrado e ha cancellato il progetto Teheran-Banja Luka. Altre spiegazioni? Non rimane che la nuova tratta settimanale Teheran-Roma, alla quale il ministero dei Trasporti ha scelto di non opporsi.
Gabriele Carrer
Il sì alla Tav fa infuriare pure Grillo. E i manifestanti minacciano tumulti
La Torino-Lione val bene una crisi. Se non ufficiale, di sicuro strisciante. Perché è questo lo scenario su cui si muovono i protagonisti dello psicodramma politico di fine luglio in casa grillina. L'avvocato del popolo, il premier Giuseppe Conte, stavolta non è riuscito a essere buon avvocato di sé e del suo dante causa.
Il «sì» alla Tav, annunciato a sorpresa martedì con una diretta Facebook, ha scatenato l'ira funesta dei pentastellati che ieri, a Palazzo Madama, in occasione del discorso del premier sui rapporti tra Lega e Russia, hanno platealmente abbandonato l'aula. La delusione (il sindaco di Torino, Chiara Appendino, parlerà di «frustrazione») si è trasformata poi in una raffica di dichiarazioni che puntano il dito contro la gestione politica del caso e, soprattutto, contro il ministro più direttamente coinvolto, il titolare dei Trasporti e delle Infrastrutture Danilo Toninelli. L'«inventore» del metodo dell'analisi costi-benefici per affossare la costruzione della linea veloce. Sulla questione si è espresso, sul suo blog, anche il fondatore del Movimento. Beppe Grillo si è detto «molto scontento della situazione che si è venuta a creare», pur rimettendosi alle decisioni del Parlamento e negando gli attriti con Conte. Il quale, ieri, ha richiamato proprio l'analisi costi-benefici voluta da Toninelli, durante il question time alla Camera. «Dopo l'analisi costi-benefici ho espresso le mie personali perplessità e la convinzione che la Tav andasse ridiscussa sulla base del contratto di governo. Ho sempre sostenuto con chiarezza la volontà di ridiscutere l'opera nell'interesse del Paese e dei cittadini» ma, ha aggiunto Conte, «anche grazie a questo», c'è stato un «oggettivo passo avanti dal punto di vista economico: l'Ue ha infatti dato la sua disponibilità ad aumentare il suo cofinanziamento e anche per la tratta nazionale». Come se fosse solo una questione di soldi. In gioco ci sono i principi e la filosofia del Movimento (e la poltrona ministeriale di Toninelli del quale continuano a rincorrersi la voce di possibili dimissioni).
«Il passaggio di ieri (martedì, ndr) sulla Tav mi è sembrato infelice. Dobbiamo tornare a usare parole guerriere», ha commentato il presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra. Il sindaco Appendino non nasconde l'«amarezza» pur nella speranza che il M5s «sia coerente in Parlamento». Il gruppo parlamentare grillino in Regione Piemonte ha annunciato, invece, che proseguirà «a lavorare per fermare quest'opera inutile». Come, peraltro, hanno già affermato i movimenti No Tav con bellicose comunicazioni Web in cui rimproverano Conte di non «conoscere» la loro «determinazione».
Sabato 27 luglio, ci sarà un corteo con migliaia di partecipanti verso il cantiere di Chiomonte che ha già messo in allarme antiterrorismo e servizi segreti per la possibile minaccia anarchica. «La manfrina di questi mesi giunge alla parola fine» e il governo ha «gettato anche l'ultima maschera», hanno tuonato i militanti delle formazioni ambientaliste della Val di Susa. Punta sul pragmatismo, invece, il vicepremier leghista, Matteo Salvini. «Non penso che ci sia lo scambio del mercato: la Tav è fondamentale come la pedemontana e altre infrastrutture», ha dichiarato. «Mi auguro che nessuno dica questi sì per rimandare il voto o far piacere a Salvini». A rendere ancora più complicata la giornata ai grillini la decisione del Tar del Lazio che ha convalidato le verifiche in materia ambientale svolte nel cantiere della Tav a Chiomonte. I giudici amministrativi hanno respinto un ricorso con cui Pro natura e alcuni cittadini - tra cui Alberto Perino, leader storico del movimento No Tav, e alcuni consiglieri regionali del Piemonte per il Movimento 5 stelle - chiedevano di annullare l'atto con il quale nel 2016 il ministero dell'Ambiente dava il «semaforo verde». La guerriglia è ormai alle porte.
Simone Di Meo
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Nonostante le preoccupazioni degli Stati Uniti, da luglio sono aumentati i voli diretti da Teheran all'Italia con il placet dei Trasporti. Matteo Salvini, che si era impegnato ad allinearsi a Washington, può approfittare della situazione per ottenere la testa dell'esponente M5s.Il fondatore: «Sono scontento». Il ministro pentastellato inizia a essere inviso ai suoi.Lo speciale contiene due articoliNon c'è soltanto la questione della Tav a dividere il governo gialloblù e a mettere in difficoltà Danilo Toninelli, il ministro dei Trasporti ancor più in bilico dopo la scelta del presidente Giuseppe Conte di realizzare la Torino-Lione. Ci sono anche i voli della Mahan Air, compagnia aerea iraniana vicina ai Pasdaran, sotto sanzioni dal 2011 da parte degli Stati Uniti per appoggio al terrorismo e alla proliferazione nucleare, e per le stesse ragioni recentemente bandita da Germania e Francia. Dal 2 luglio, la compagnia, che dal 2012 ha un ruolo centrale in Siria a difesa e supporto di Bashar Al Assad, ha aumentato il numero di voli diretti da Teheran all'Italia. E a rimetterci rischia di essere Matteo Salvini, l'interlocutore privilegiato dall'amministrazione Trump, che nella sua recente visita negli Stati Uniti aveva cercato di rassicurare il segretario di Stato, Mike Pompeo, sulla politica estera italiana. In particolare sui dossier Cina, Russia, Venezuela e Iran, dove i due partiti di governo, la Lega di Salvini e il Movimento 5 stelle di Luigi Di Maio, appaiono quasi agli antipodi.Ad accendere i riflettori sulla questione è stata martedì La Stampa, sottolineando le preoccupazioni degli Stati Uniti, impegnati in una strategia di «massima pressione» sul regime di Teheran dopo la decisione del presidente Donald Trump di uscire dall'accordo nucleare firmato nel 2015 dal suo predecessore, Barack Obama e le recenti tensioni sulle petroliere nel Golfo Persico, che hanno coinvolto anche le potenze europee e la Cina. «L'aumento di voli diretti», scrive l'esperto di sanzioni e Iran Emanuele Ottolenghi sul quotidiano torinese, «è uno schiaffo al presidente Trump perché contraddice l'impegno preso dal vicepresidente del consiglio Matteo Salvini durante la sua visita a Washington, dove ha promesso di allinearsi sull'Iran alla politica americana». Ma se Salvini rischia di ritrovarsi in difficoltà nel dialogo con Washington è per colpe non sue. Perché a poter intervenire sul traffico aereo e bandire una compagnia sono l'Ente nazionale per l'aviazione civile, e il ministero dei Trasporti. Che nel caso della Mahan Air hanno, a quanto risulta alla Verità, chiesto un parere anche al ministero degli Esteri di Enzo Moavero Milanesi. Che, visto il risultato, non sembra essere espresso contrariamente all'aumento dei voli di Mahan Air verso il nostro Paese. Così dall'inizio di questo mese sono due i voli che ogni settimana collegano Teheran all'Italia: due su Malpensa (volo W5110) e uno su Fiumicino (volo W5140). Enac e ministero dei Trasporti hanno quindi scelto di non scegliere, permettendo nuovi voli a una compagnia aerea che, tra le altre cose, ha rifornito di armi e uomini i gruppi terroristici filo Iran in Siria ed è guidata da Hamid Arabnejad Khanooki, l'ad sotto sanzioni Usa e vicino alla forza Quds dei Pasdaran, un'unità speciale guidata da Qasem Soleimani, generale soggetto a un divieto di volo delle Nazioni Unite ma che ha trovato proprio in Mahan Air diversi passaggi verso la Siria. Come riportato da Ottolenghi, la compagnia «mette i propri aerei a disposizione di operazioni clandestine di trasporto di tecnologia proibita che il regime di Teheran si procaccia in giro per il mondo utilizzando schemi commerciali illeciti», tra cui armi, tecnologia missilistica e nucleare, e componenti per l'industria aeronautica. Inoltre, nella guerra siriana, voli diretti Mahan Air portano armi da Teheran a Damasco per la milizia libanese filoiraniana Hezbollah, per riportare a casa morti e feriti.La mancata decisione del ministero dei Trasporti contro Mahan Air ha, come ricorda La Stampa, rappresentato anche una contraddizione delle promesse sull'immigrazione del vicepremier Salvini, visto che alla luce del suo ruolo centrale nel conflitto siriano la compagnia ha contribuito al dramma dei profughi e al flusso che dal 2015 si riversa sull'Europa. E ciò potrebbe rafforzare ulteriormente il fronte di chi chiede la testa di Toninelli, che a questo punto appare d'impedimento alla realizzazione di un punto fondamentale dell'agenda di governo, oltre che un ostacolo nel dialogo con gli Usa, alleati fondamentali nella partita con Bruxelles.Proprio ieri il dipartimento del Tesoro di Washington ha diffuso una nota di avvertimento rivolta alle aziende, statunitensi e non, che operano con diverse compagnie aeree iraniane, tra cui Mahan Air. Gli organismi che forniscono alle compagnie iraniane servizi come finanziamenti, prenotazioni e biglietteria, ma anche manutenzione delle parti di aeromobili e catering, sono passibili di azioni di controllo e sanzioni economiche da parte degli Stati Uniti. A rischio sanzioni anche i non statunitensi che operano in «attività non autorizzate» assieme a persone collegate agli sforzi dell'Iran nella proliferazione delle armi di distruzione di massa, nel sostegno al terrorismo internazionale e negli abusi dei diritti umani. «L'industria dell'aviazione civile internazionale», ha dichiarato Sigal Mandelker, sottosegretario al Tesoro per il terrorismo e l'intelligence finanziaria, «devono essere in allerta e assicurarsi di non essere complici delle attività maligne dell'Iran».Ma come spiegarsi il tempismo di questo advisory del Tesoro Usa? Forse c'è qualcosa oltre le tensioni nel Golfo. Mahan Air, che sta aumentando la sua presenza in Cina, non ha grossi progetti in ballo in Europa in questo periodo: sta per lanciare il volo Teheran-Belgrado e ha cancellato il progetto Teheran-Banja Luka. Altre spiegazioni? Non rimane che la nuova tratta settimanale Teheran-Roma, alla quale il ministero dei Trasporti ha scelto di non opporsi.Gabriele Carrer<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/dalliran-decolla-unaltra-grana-per-toninelli-2639331267.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-si-alla-tav-fa-infuriare-pure-grillo-e-i-manifestanti-minacciano-tumulti" data-post-id="2639331267" data-published-at="1765408105" data-use-pagination="False"> Il sì alla Tav fa infuriare pure Grillo. E i manifestanti minacciano tumulti La Torino-Lione val bene una crisi. Se non ufficiale, di sicuro strisciante. Perché è questo lo scenario su cui si muovono i protagonisti dello psicodramma politico di fine luglio in casa grillina. L'avvocato del popolo, il premier Giuseppe Conte, stavolta non è riuscito a essere buon avvocato di sé e del suo dante causa. Il «sì» alla Tav, annunciato a sorpresa martedì con una diretta Facebook, ha scatenato l'ira funesta dei pentastellati che ieri, a Palazzo Madama, in occasione del discorso del premier sui rapporti tra Lega e Russia, hanno platealmente abbandonato l'aula. La delusione (il sindaco di Torino, Chiara Appendino, parlerà di «frustrazione») si è trasformata poi in una raffica di dichiarazioni che puntano il dito contro la gestione politica del caso e, soprattutto, contro il ministro più direttamente coinvolto, il titolare dei Trasporti e delle Infrastrutture Danilo Toninelli. L'«inventore» del metodo dell'analisi costi-benefici per affossare la costruzione della linea veloce. Sulla questione si è espresso, sul suo blog, anche il fondatore del Movimento. Beppe Grillo si è detto «molto scontento della situazione che si è venuta a creare», pur rimettendosi alle decisioni del Parlamento e negando gli attriti con Conte. Il quale, ieri, ha richiamato proprio l'analisi costi-benefici voluta da Toninelli, durante il question time alla Camera. «Dopo l'analisi costi-benefici ho espresso le mie personali perplessità e la convinzione che la Tav andasse ridiscussa sulla base del contratto di governo. Ho sempre sostenuto con chiarezza la volontà di ridiscutere l'opera nell'interesse del Paese e dei cittadini» ma, ha aggiunto Conte, «anche grazie a questo», c'è stato un «oggettivo passo avanti dal punto di vista economico: l'Ue ha infatti dato la sua disponibilità ad aumentare il suo cofinanziamento e anche per la tratta nazionale». Come se fosse solo una questione di soldi. In gioco ci sono i principi e la filosofia del Movimento (e la poltrona ministeriale di Toninelli del quale continuano a rincorrersi la voce di possibili dimissioni). «Il passaggio di ieri (martedì, ndr) sulla Tav mi è sembrato infelice. Dobbiamo tornare a usare parole guerriere», ha commentato il presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra. Il sindaco Appendino non nasconde l'«amarezza» pur nella speranza che il M5s «sia coerente in Parlamento». Il gruppo parlamentare grillino in Regione Piemonte ha annunciato, invece, che proseguirà «a lavorare per fermare quest'opera inutile». Come, peraltro, hanno già affermato i movimenti No Tav con bellicose comunicazioni Web in cui rimproverano Conte di non «conoscere» la loro «determinazione». Sabato 27 luglio, ci sarà un corteo con migliaia di partecipanti verso il cantiere di Chiomonte che ha già messo in allarme antiterrorismo e servizi segreti per la possibile minaccia anarchica. «La manfrina di questi mesi giunge alla parola fine» e il governo ha «gettato anche l'ultima maschera», hanno tuonato i militanti delle formazioni ambientaliste della Val di Susa. Punta sul pragmatismo, invece, il vicepremier leghista, Matteo Salvini. «Non penso che ci sia lo scambio del mercato: la Tav è fondamentale come la pedemontana e altre infrastrutture», ha dichiarato. «Mi auguro che nessuno dica questi sì per rimandare il voto o far piacere a Salvini». A rendere ancora più complicata la giornata ai grillini la decisione del Tar del Lazio che ha convalidato le verifiche in materia ambientale svolte nel cantiere della Tav a Chiomonte. I giudici amministrativi hanno respinto un ricorso con cui Pro natura e alcuni cittadini - tra cui Alberto Perino, leader storico del movimento No Tav, e alcuni consiglieri regionali del Piemonte per il Movimento 5 stelle - chiedevano di annullare l'atto con il quale nel 2016 il ministero dell'Ambiente dava il «semaforo verde». La guerriglia è ormai alle porte. Simone Di Meo
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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