2019-07-25
Dall’Iran decolla un’altra grana per Toninelli
Nonostante le preoccupazioni degli Stati Uniti, da luglio sono aumentati i voli diretti da Teheran all'Italia con il placet dei Trasporti. Matteo Salvini, che si era impegnato ad allinearsi a Washington, può approfittare della situazione per ottenere la testa dell'esponente M5s.Il fondatore: «Sono scontento». Il ministro pentastellato inizia a essere inviso ai suoi.Lo speciale contiene due articoliNon c'è soltanto la questione della Tav a dividere il governo gialloblù e a mettere in difficoltà Danilo Toninelli, il ministro dei Trasporti ancor più in bilico dopo la scelta del presidente Giuseppe Conte di realizzare la Torino-Lione. Ci sono anche i voli della Mahan Air, compagnia aerea iraniana vicina ai Pasdaran, sotto sanzioni dal 2011 da parte degli Stati Uniti per appoggio al terrorismo e alla proliferazione nucleare, e per le stesse ragioni recentemente bandita da Germania e Francia. Dal 2 luglio, la compagnia, che dal 2012 ha un ruolo centrale in Siria a difesa e supporto di Bashar Al Assad, ha aumentato il numero di voli diretti da Teheran all'Italia. E a rimetterci rischia di essere Matteo Salvini, l'interlocutore privilegiato dall'amministrazione Trump, che nella sua recente visita negli Stati Uniti aveva cercato di rassicurare il segretario di Stato, Mike Pompeo, sulla politica estera italiana. In particolare sui dossier Cina, Russia, Venezuela e Iran, dove i due partiti di governo, la Lega di Salvini e il Movimento 5 stelle di Luigi Di Maio, appaiono quasi agli antipodi.Ad accendere i riflettori sulla questione è stata martedì La Stampa, sottolineando le preoccupazioni degli Stati Uniti, impegnati in una strategia di «massima pressione» sul regime di Teheran dopo la decisione del presidente Donald Trump di uscire dall'accordo nucleare firmato nel 2015 dal suo predecessore, Barack Obama e le recenti tensioni sulle petroliere nel Golfo Persico, che hanno coinvolto anche le potenze europee e la Cina. «L'aumento di voli diretti», scrive l'esperto di sanzioni e Iran Emanuele Ottolenghi sul quotidiano torinese, «è uno schiaffo al presidente Trump perché contraddice l'impegno preso dal vicepresidente del consiglio Matteo Salvini durante la sua visita a Washington, dove ha promesso di allinearsi sull'Iran alla politica americana». Ma se Salvini rischia di ritrovarsi in difficoltà nel dialogo con Washington è per colpe non sue. Perché a poter intervenire sul traffico aereo e bandire una compagnia sono l'Ente nazionale per l'aviazione civile, e il ministero dei Trasporti. Che nel caso della Mahan Air hanno, a quanto risulta alla Verità, chiesto un parere anche al ministero degli Esteri di Enzo Moavero Milanesi. Che, visto il risultato, non sembra essere espresso contrariamente all'aumento dei voli di Mahan Air verso il nostro Paese. Così dall'inizio di questo mese sono due i voli che ogni settimana collegano Teheran all'Italia: due su Malpensa (volo W5110) e uno su Fiumicino (volo W5140). Enac e ministero dei Trasporti hanno quindi scelto di non scegliere, permettendo nuovi voli a una compagnia aerea che, tra le altre cose, ha rifornito di armi e uomini i gruppi terroristici filo Iran in Siria ed è guidata da Hamid Arabnejad Khanooki, l'ad sotto sanzioni Usa e vicino alla forza Quds dei Pasdaran, un'unità speciale guidata da Qasem Soleimani, generale soggetto a un divieto di volo delle Nazioni Unite ma che ha trovato proprio in Mahan Air diversi passaggi verso la Siria. Come riportato da Ottolenghi, la compagnia «mette i propri aerei a disposizione di operazioni clandestine di trasporto di tecnologia proibita che il regime di Teheran si procaccia in giro per il mondo utilizzando schemi commerciali illeciti», tra cui armi, tecnologia missilistica e nucleare, e componenti per l'industria aeronautica. Inoltre, nella guerra siriana, voli diretti Mahan Air portano armi da Teheran a Damasco per la milizia libanese filoiraniana Hezbollah, per riportare a casa morti e feriti.La mancata decisione del ministero dei Trasporti contro Mahan Air ha, come ricorda La Stampa, rappresentato anche una contraddizione delle promesse sull'immigrazione del vicepremier Salvini, visto che alla luce del suo ruolo centrale nel conflitto siriano la compagnia ha contribuito al dramma dei profughi e al flusso che dal 2015 si riversa sull'Europa. E ciò potrebbe rafforzare ulteriormente il fronte di chi chiede la testa di Toninelli, che a questo punto appare d'impedimento alla realizzazione di un punto fondamentale dell'agenda di governo, oltre che un ostacolo nel dialogo con gli Usa, alleati fondamentali nella partita con Bruxelles.Proprio ieri il dipartimento del Tesoro di Washington ha diffuso una nota di avvertimento rivolta alle aziende, statunitensi e non, che operano con diverse compagnie aeree iraniane, tra cui Mahan Air. Gli organismi che forniscono alle compagnie iraniane servizi come finanziamenti, prenotazioni e biglietteria, ma anche manutenzione delle parti di aeromobili e catering, sono passibili di azioni di controllo e sanzioni economiche da parte degli Stati Uniti. A rischio sanzioni anche i non statunitensi che operano in «attività non autorizzate» assieme a persone collegate agli sforzi dell'Iran nella proliferazione delle armi di distruzione di massa, nel sostegno al terrorismo internazionale e negli abusi dei diritti umani. «L'industria dell'aviazione civile internazionale», ha dichiarato Sigal Mandelker, sottosegretario al Tesoro per il terrorismo e l'intelligence finanziaria, «devono essere in allerta e assicurarsi di non essere complici delle attività maligne dell'Iran».Ma come spiegarsi il tempismo di questo advisory del Tesoro Usa? Forse c'è qualcosa oltre le tensioni nel Golfo. Mahan Air, che sta aumentando la sua presenza in Cina, non ha grossi progetti in ballo in Europa in questo periodo: sta per lanciare il volo Teheran-Belgrado e ha cancellato il progetto Teheran-Banja Luka. Altre spiegazioni? Non rimane che la nuova tratta settimanale Teheran-Roma, alla quale il ministero dei Trasporti ha scelto di non opporsi.Gabriele Carrer<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/dalliran-decolla-unaltra-grana-per-toninelli-2639331267.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-si-alla-tav-fa-infuriare-pure-grillo-e-i-manifestanti-minacciano-tumulti" data-post-id="2639331267" data-published-at="1757982393" data-use-pagination="False"> Il sì alla Tav fa infuriare pure Grillo. E i manifestanti minacciano tumulti La Torino-Lione val bene una crisi. Se non ufficiale, di sicuro strisciante. Perché è questo lo scenario su cui si muovono i protagonisti dello psicodramma politico di fine luglio in casa grillina. L'avvocato del popolo, il premier Giuseppe Conte, stavolta non è riuscito a essere buon avvocato di sé e del suo dante causa. Il «sì» alla Tav, annunciato a sorpresa martedì con una diretta Facebook, ha scatenato l'ira funesta dei pentastellati che ieri, a Palazzo Madama, in occasione del discorso del premier sui rapporti tra Lega e Russia, hanno platealmente abbandonato l'aula. La delusione (il sindaco di Torino, Chiara Appendino, parlerà di «frustrazione») si è trasformata poi in una raffica di dichiarazioni che puntano il dito contro la gestione politica del caso e, soprattutto, contro il ministro più direttamente coinvolto, il titolare dei Trasporti e delle Infrastrutture Danilo Toninelli. L'«inventore» del metodo dell'analisi costi-benefici per affossare la costruzione della linea veloce. Sulla questione si è espresso, sul suo blog, anche il fondatore del Movimento. Beppe Grillo si è detto «molto scontento della situazione che si è venuta a creare», pur rimettendosi alle decisioni del Parlamento e negando gli attriti con Conte. Il quale, ieri, ha richiamato proprio l'analisi costi-benefici voluta da Toninelli, durante il question time alla Camera. «Dopo l'analisi costi-benefici ho espresso le mie personali perplessità e la convinzione che la Tav andasse ridiscussa sulla base del contratto di governo. Ho sempre sostenuto con chiarezza la volontà di ridiscutere l'opera nell'interesse del Paese e dei cittadini» ma, ha aggiunto Conte, «anche grazie a questo», c'è stato un «oggettivo passo avanti dal punto di vista economico: l'Ue ha infatti dato la sua disponibilità ad aumentare il suo cofinanziamento e anche per la tratta nazionale». Come se fosse solo una questione di soldi. In gioco ci sono i principi e la filosofia del Movimento (e la poltrona ministeriale di Toninelli del quale continuano a rincorrersi la voce di possibili dimissioni). «Il passaggio di ieri (martedì, ndr) sulla Tav mi è sembrato infelice. Dobbiamo tornare a usare parole guerriere», ha commentato il presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra. Il sindaco Appendino non nasconde l'«amarezza» pur nella speranza che il M5s «sia coerente in Parlamento». Il gruppo parlamentare grillino in Regione Piemonte ha annunciato, invece, che proseguirà «a lavorare per fermare quest'opera inutile». Come, peraltro, hanno già affermato i movimenti No Tav con bellicose comunicazioni Web in cui rimproverano Conte di non «conoscere» la loro «determinazione». Sabato 27 luglio, ci sarà un corteo con migliaia di partecipanti verso il cantiere di Chiomonte che ha già messo in allarme antiterrorismo e servizi segreti per la possibile minaccia anarchica. «La manfrina di questi mesi giunge alla parola fine» e il governo ha «gettato anche l'ultima maschera», hanno tuonato i militanti delle formazioni ambientaliste della Val di Susa. Punta sul pragmatismo, invece, il vicepremier leghista, Matteo Salvini. «Non penso che ci sia lo scambio del mercato: la Tav è fondamentale come la pedemontana e altre infrastrutture», ha dichiarato. «Mi auguro che nessuno dica questi sì per rimandare il voto o far piacere a Salvini». A rendere ancora più complicata la giornata ai grillini la decisione del Tar del Lazio che ha convalidato le verifiche in materia ambientale svolte nel cantiere della Tav a Chiomonte. I giudici amministrativi hanno respinto un ricorso con cui Pro natura e alcuni cittadini - tra cui Alberto Perino, leader storico del movimento No Tav, e alcuni consiglieri regionali del Piemonte per il Movimento 5 stelle - chiedevano di annullare l'atto con il quale nel 2016 il ministero dell'Ambiente dava il «semaforo verde». La guerriglia è ormai alle porte. Simone Di Meo
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
Continua a leggereRiduci