2023-07-24
Dalle accuse di frode fiscale a quelle di violenza sessuale: storia dei re della bresaola
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Piero e Mario Pini sono stati scarcerati in Spagna dopo l'arresto nelle scorse settimane, ma già in passato erano stati coinvolti in inchieste giornalistiche e della magistratura, legate a casi di associazione a delinquere e riciclaggio. Una delle loro società è intitolata a Uschi Digard Limited, nota pornostar degli anni '70.L’arresto nelle scorse settimane dei fratelli Piero e Mario Pini - titolari dell’omonima azienda internazionale di salumi, e proprietari in Spagna del più grande macello d’Europa, gestito dalla società del Gruppo Pini Litera Meat, non è la prima tegola giudiziaria che si abbatte su quelli che sono considerati i re della bresaola. Certo, in questo caso ad accusarli, di abusi sui lavoratori e violenza sessuale, è una donna che lavora in una delle aziende del gruppo italiano. I due fratelli sono già stati scarcerati nei giorni scorsi e tramite i loro legali definiscono le accuse come «infondate». Ma già in passato, all’estero, il nome dei Pini, veri e propri re della bresaola in Italia sin dal 1982, era circolato in inchieste giornalistiche e della magistratura, legate a casi di associazione a delinquere, riciclaggio e evasione fiscale. Le inchieste sono ancora in corso, ma non avevano comunque scoraggiato Amco, la società del Mef che si occupa di crediti deteriorati, a sceglierli nel 2020 come partner nel c.d. salvataggio del gruppo Ferrarini, azienda alimentare emiliana dal 2018 sull’orlo del fallimento finanziario. In pratica lo Stato italiano, in questi anni, nonostante i Pini abbiano anche società fiduciarie a Cipro, ha comunque deciso di averli a fianco come partner per intervenire in un concordato fallimentare. Non solo. Se l’obiettivo di Amco (all’epoca in carica come amministratore delegato c’era Marina Natale ex braccio destro di Alessandro Profumo in Unicredit) era quello di tutelare il made in Italy di un’azienda come Ferrarini questo è smentito proprio dalla struttura del gruppo Pini. Va ricordato che Ferrarini, di Reggio Emilia, proprietaria dello storico marchio del prosciutto cotto, è in default dal luglio 2018 quando ha depositato al Tribunale di Reggio Emilia la domanda di concordato preventivo con riserva. Pochi mesi fa la proposta di concordato è stata accettata ed è stata anche concessa l’omologa dal tribunale, sebbene il tutto sia stato impugnato e si prevedano tempi lunghi per appello e cassazione. Il fatto che in Amco sia stata messa alla porta Marina Natale, sostituita da poche settimane, potrebbe far pensare ad un cambio di passo da parte del Ministero dell’Economia, anche se al momento nulla sembra muoversi. L’impressione è che la proposta Pini Amco sia stata anche portata avanti per andare incontro alla famiglia Ferrarini, responsabile a sua vota del dissesto finanziario della storica azienda di famiglia. Del resto appare davvero singolare che in questi anni non sia stata presa in considerazione un’altra proposta, firmata dal gruppo Granterre (già Bonterre) e da Coldiretti e caratterizzata da oltre 36 milioni di euro di equity di impegno dei partners e da un forte coinvolgimento finanziario di Intesa Sanpaolo (37 milioni al servizio del piano industriale), nonché dall’assunzione delle azioni giudiziarie attive nella disponibilità di Ferrarini e della controllata Ferrarini Polonia, anche di natura risarcitoria, per fatti imputabili ai vertici Ferrarini (in particolare verso esponenti della Famiglia Ferrarini) succedutisi nella gestione (per una somma certificata superiore a 30.000.000,00). Ma soprattutto l’obiettivo della cordata Granterre/Coldiretti/Intesa San Paolo, sarebbe stato l’ampliamento dello Stabilimento di Reggio Emilia (di proprietà di Bonterre/Granterre), per sostituire il vicino Stabilimento Ferrarini di Rivaltella oggi in uso ma inservibile, consentendo la piena continuità produttiva e occupazionale e dando vita al maggior polo produttivo del prosciutto cotto in Italia. Rivaltella è una delle eredità in negativo dei produttori di prosciutto cotto. I Pini avevano annunciato che avrebbero costruito anche loro uno stabilimento nella zona, ma in realtà sembrano impegnati da altre parti. I Re della bresaola sono proprietari appunto del maggior macello europeo (Litera Meat) sito a Binefar, in Spagna, con 10 milioni di capi macellati anno. E questo da anni rappresenta un rischio per la produzione e la filiera suinicola italiana, in quanto la produzione potrebbe essere delocalizzata e le stesse forniture proverrebbero dalla Spagna; il Gruppo Pini, proprio attraverso il macello di Litera Meat in Spagna, è arrivato ad esportare fino al 75% della propria produzione all’operatore cinese WH Group, il maggior produttore mondiale di carne suina, instaurando di fatto un rapporto di controllo/dipendenza dall’operatore cinese stesso, che getta ulteriore opacità sull’operato della famiglia valtellinese. In pratica, perché affidarsi proprio ai Pini? Del resto, da molto prima dell’arresto delle scorse settimane, Il Gruppo Pini è al centro di indagini penali internazionali in Polonia e Ungheria per associazione a delinquere, evasione e riciclaggio. Con il patron della Famiglia Piero Pini, il figlio maggiore Marcello e numerosi altri componenti della famiglia che sono ancora imputati in vari processi in Ungheria e sono stati per più di due anni agli arresti cautelari. D’altra parte, come scrivevamo sopra, il Gruppo Pini è anche controllato da società fiduciarie cipriote o riceve comunque da Cipro il sostegno finanziario. L’origine estera e non chiara delle risorse del Gruppo Pini si è profilata sin dai suoi esordi nel settore delle carni suine: nell'anno 2013 il Gruppo Pini ha acquistato due significativi macelli italiani mediante capitali off-shore e una società italiana dei Pini partecipata al 100% da una loro società cipriota la cui denominazione sociale scelta evoca una famosa porno star vintage, elemento che può aiutare a capire l’uomo Piero Pini, fondatore del Gruppo, e il suo approccio. Uschi Digard Limited, questo il nome di quella cipriota, richiama il nome della pornostar degli anni ‘70 nota per le dimensioni del suo seno, come si legge su Wikipedia, e per aver lavorato con John Holmes.
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