2019-06-26
Dalla morsa tra Lega e Sala usciranno i manager che comandano le Olimpiadi
Una struttura amministrativa sarà pronta entro l'estate. Parte dei fondi stanziati già dalla prossima settimana. Comitato con presidente Giovanni Malagò e amministratore delegato scelto da Giancarlo Giorgetti.Dopo i festeggiamenti di Losanna è già incominciata la fase delle trattative per la governance delle Olimpiadi invernali del 2026 che saranno ospitate da Milano e Cortina. Chi comanda? Chi decide? Chi coordina? Il rebus non è di facile soluzione, anche perché gli azionisti sono diversi e non tutti dello stesso colore politico. Non a caso il Comitato olimpico internazionale (Cio) è stato molto chiaro: serve una struttura amministrativa entro l'estate, anche perché parte dei fondi che saranno destinati all'evento inizieranno a essere stanziati già dalla prossima settimana. Di sicuro non ci sarà una scatola simile a quella di Expo 2015, ma si andrà verso un comitato nello stile delle Olimpiadi invernali di Torino nel 2006. Certo c'è chi ipotizza che potrebbe essere usata anche una struttura già variegata come Arexpo, magari facendo entrare il Veneto, ma sono solo supposizioni. Il presidente del comitato sarà di sicuro Giovanni Malagò, mentre l'amministratore sarà deciso dal governo, dove avrà voce in capitolo con tutta probabilità il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti. Poi nel board saranno indicati i vari componenti e rappresentanti. La Lega è di fatto l'azionista di maggioranza e, a quanto apprende La Verità, ha già fermato sul nascere il tentativo di avere nel consiglio esponenti del Movimento 5 stelle o quelli di estrazione torinese o romana, sempre capaci di infiltrarsi con abilità in questi contesti. Il piatto è ricco. E come sempre ognuno cerca di strappare un boccone. Va ricordato infatti che il costo complessivo per il dossier italiano si aggira intorno a 1 miliardo e 300 milioni di euro. Solo 243 milioni saranno destinati per le infrastrutture sportive, mentre il resto per i costi operativi. Un miliardo, ovvero quasi il 75%, sarà finanziato dal Cio, mentre i 4 enti territoriali (Lombardia, Veneto e Province autonome di Trento e Bolzano che hanno prestato le garanzie) dovranno coprire il resto. La prima, sempre a trazione leghista, dovrebbe garantire 211 milioni, mentre il Veneto e le 2 Province 130 milioni. Lo Stato poi dovrà gestire la sicurezza, un capitolo con una spesa di circa 400 milioni di euro. Serve insomma una macchina organizzativa già collaudata entro la fine di luglio per non sprecare tempo utile. Tutti già si sono affrettati a ricordare di volere manager esperti e non «i soliti amici degli amici». Mancano sette anni e chi come il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha già vissuto Expo 2015 sa quanto sia da evitare ogni possibile ritardo, tra litigi, incomprensioni e sempre le solite inchieste della magistratura. Lo stesso primo cittadino lo ha ribadito ieri. «Siamo all'inizio, tutti noi abbiamo visto la storia di Expo, che si è conclusa felicemente ma non è partita altrettanto felicemente. Non dobbiamo ripetere lo stesso errore perché, se si perde tempo all'inizio, poi bisogna correre», ha spiegato Sala. «Sapete che io sono stato toccato anche dalle conseguenze del dover correre». In sostanza, di ripetere le battaglie tra l'ex governatore Roberto Formigoni, Letizia Moratti e tutto il mondo industriale italiano nessuno ha la minima voglia. Anche perché l'eredità giudiziaria di Expo non solo non è ancora conclusa, ma ha lasciato lunghe ferite soprattutto nel Palazzo di giustizia milanese. Per questo motivo tutti i protagonisti in campo, dal governo al Coni di Malagò, dai governatori Attilio Fontana e Luca Zaia, dal sindaco Sala appunto a quello di Cortina Giampietro Ghedina, dovranno sedersi al tavolo e trovare «la quadra», per dirla come l'ex leader della Lega Umberto Bossi. In campo ci sono diverse variabili, tra cui la durata del governo, con i 5 stelle spaccati al loro interno, stretti tra i litigi del vicepremier Luigi Di Maio e il Che Guevara di Roma nord Alessandro Di Battista. Si parte l'11 luglio a Milano per la prima riunione. Di nomi al momento ne circolano pochi, soprattutto tra Regione Lombardia e Veneto. A Milano, invece, si muove qualcosa di più. Del resto Expo ha lasciato diversi manager con un curriculum internazionale. Per questo si parla già di Piero Galli, fedelissimo del sindaco di Milano, Roberto Daneo, che ha redatto la candidatura di Expo e aveva lavorato anche per Torino 2006 o ancora Ottorino Passariello, capo delle operation di Expo. I tempi sono stretti. Al massimo si potrà arrivare a settembre. Del resto ci sarà già dal prossimo anno una verifica degli impianti. L'Italia avrà come test i mondiali di biathlon di Anterselva a febbraio 2020. Serve operatività immediata. «Sulla governance non abbiamo nulla da inventare, ma servirà mutuare esperienze positive», ha spiegato Zaia. «Ci sarà una parte operativa che si “smazza" le gare, fa ristrutturazioni e impianti, poi il board esecutivo delle istituzioni che hanno creduto nelle Olimpiadi, che coordinerà e seguirà questapartita. È una fase delicata e necessaria, a noi non interessa che diventi un cimitero degli elefanti con politici di ritorno. Servono manager industriali che hanno presente come mettere in piedi una macchina operativa mostruosa. Si approfitti delle Olimpiadi per far fare bella figura al nostro Paese». Non è per niente piaciuto né a Zaia né a Sala l'attivismo di Torino e della Regione Piemonte in cerca di uno strapuntino all'interno della manifestazione, soprattutto dopo i passi falsi del capoluogo piemontese dei mesi scorsi. Si narra di un particolare attivismo delle cosiddette madamin pro Tav e soprattutto del neogovernatore Alberto Cirio. Stasera ci sarà pure un flash mob di fronte al municipio pentastellato di Chiara Appendino, organizzato dall'ex sottosegretario di Forza Italia, Mino Giachino. «Torino non può essere esclusa. Il successo di Milano e Cortina rende ancora più clamorosa l'assenza di Torino, che delle città del Nord è quella più in difficoltà, con una economia che fatica a ripartire, con l'incognita Fca, con una periferia urbana sempre più emarginata, con il settore dell'edilizia penalizzato dalle tasse di Monti e dalle scelte delle amministrazione». Sala aveva già cassato l'attivismo di Cirio dicendo: «Grazie ma bisognava pensarci prima».