2024-03-22
D’Alema va dai cinesi a criticare democrazia liberale e capitalismo
Malgrado la crisi internazionale, l’ex ministro intensifica i rapporti con Pechino.Per Massimo D’Alema è ormai un appuntamento fisso. Quando un presidente del Consiglio italiano si trova a parlare in un consesso internazionale dove ci sono al tavolo gli Stati Uniti e le superpotenze occidentali, l’ex storico esponente di Pci, Ds e Pd preferisce invece accomodarsi in Cina, alla corte del partito comunista del presidente Xi Jinping per criticare proprio l’Occidente. Era già successo nel dicembre 2019, quando l’ex premier Giuseppe Conte era volato a Londra a un summit della Nato. D’Alema era invece al forum internazionale Imperial Spring a Conghua, proprio per incontrare Xi. Così anche ieri, mentre l’attuale presidente del Consiglio Giorgia Meloni partecipava (con un videomessaggio) alla terza edizione del summit per la democrazia voluto da Joe Biden in Corea del Sud, D’Alema stava parlando al terzo Forum sulla democrazia organizzato dalla Cina per lanciare un paio di bordate contro le democrazie occidentali. Il Forum è stato organizzato dall’Accademia cinese delle scienze sociali, China Media Group e China Foreign Languages Publishing Administration. A lanciare la notizia sui social network (su X) è stato Gabriele Carrer, giornalista di Formiche che ha fatto appunto notare come lo storico esponente del centrosinistra italiano abbia voluto evidenziare nel suo discorso di come il motto «una testa, un voto» sia nella democrazia occidentale degenerato in «un dollaro, un voto». Per D’Alema, in pratica, la democrazia è un valore da ricostruire limitando lo strapotere del denaro. In fin dei conti, per l’ex premier e ministro degli Esteri «il capitalismo soffoca la politica e riduce la partecipazione democratica». E soprattutto, «la politica, confinata nella sua dimensione nazionale è soffocata dal capitalismo globale. E le motivazioni della partecipazione democratica sono ridotte, come in molti Paesi occidentali». In sostanza, in una delle fasi storiche più complesse per l’Europa, impegnata a distanza in due conflitti, in Ucraina e in Medio Oriente, D’Alema ha comunque scelto di guardare alla Cina, Paese a cui è ormai legato indissolubilmente da decenni. E in questi anni non ha mai fatto cenno alla violazione dei diritti umani o alla persecuzione delle minoranze etniche, nemmeno alla pena di morte largamente usate sul territorio cinese. Del resto, «che un Paese sia democratico o meno, spetta principalmente al suo popolo deciderlo», scrivono su Radio Cina internazionale in un editoriale per presentare il forum dove si critica la democrazia negli Stati Uniti. In ogni caso, si fa notare tra gli attenti conoscitori di D’Alema che oltre al Forum sulla democrazia in questi giorni in Cina si svolga a Chengdu anche la centodecima edizione della Fiera cinese del cibo e delle bevande. Quest’anno è presente anche il padiglione nazionale dell’Italia, organizzato nel centro fieristico Western China International Expo City a Chengdu. Lo spazio di 210 metri quadrati ospita 38 aziende operanti nel campo dell’importazione, distribuzione e vendita di vino italiano. Tra queste dovrebbe esserci anche quella di D’Alema, ormai da tempo impegnato nella vendita di vino ai cinesi. È ormai dal 2019 che «Max» si è lanciato nel mondo degli affari, con le sue società Dl&m Advisory e Silk Road Wines tra Roma e Orvieto. I ricavi negli scorsi anni non erano stati neppure così male. Per di più la società aveva anche usufruito di tre contributi pubblici per l’emergenza Covid-19 per più di 50.000 euro complessivi. Proprio durante la pandemia sempre D’Alema si era fatto notare per il traffico di ventilatori proprio dalla Cina. Lo scorso anno è finito sotto indagine per corruzione internazionale in un affare miliardario di commesse militari di Leonardo e Fincantieri alla Colombia. Chissà in Cina cosa potrebbe accadere con un indagine di questo tipo sulla testa.
Jose Mourinho (Getty Images)