2022-03-02
Energia, porti e radar: che passione per il business
L’ombra del regime comunista di Pechino nelle altre trattative di Massimo D'Alema e la super provvigione da 2 milioni allo studio legale Usa.L’ex pd chiama in causa la Sace nel patto con Medellin. Le mail riservate dell’agenzia assicurativa a Fincantieri.Lo speciale contiene due articoli.Da Italianieuropei (il nome della fondazione dell’ex premier Massimo D’Alema) a Italianinelmondo è un attimo. A quanto pare quando l’ex segretario del Pds nelle sue frequentazioni internazionali incontra connazionali, o meglio ancora corregionali, provenienti come lui dalla Puglia, scatta la ricerca di business a 360 gradi. Non solo navi, sottomarini e aerei militari quindi, come rivelato in esclusiva ieri da questo giornale grazie ad un audio che non lascia dubbi sul coinvolgimento del leader Maximo nell’affare. D’Alema, secondo quanto risulta alla Verità, con i pugliesi nel mondo esplorerebbe ogni tipo di affare possibile. Con l’interfaccia con i colombiani, ad esempio, avrebbe trattato affari sia nel settore dell’energia che in quello delle infrastrutture. E perfino in quello dei radar. Nel primo caso, si tratta di un progetto per il fotovoltaico da 13,2 milioni di euro, da gestire attraverso un fondo, Alleans renewables capital limited con sede a Londra. Fondo che, secondo le nostre fonti, sarebbe molto vicino a D’Alema.Nell’audio della conference call con i partner colombiani è lo stesso ex premier a fare riferimento al progetto: «Allora io adesso riparlo con il fondo, ma il fondo, quello che loro hanno scritto, perché hanno fatto un’offerta, il fondo ha già fatto un’offerta. Se è tutto pronto e se c’è un contratto di vendita dell’energia, queste sono le due condizioni, il fondo pagherà 13,2 milioni di dollari. Lo hanno scritto». Alleans è presieduto da un italiano, Roberto Scognamiglio, quarantanovenne laureato in ingegneria aeronautica, che dal suo profilo Linkedin risulta essere il fondatore, nel 2018, della società londinese. Che in effetti, nel gennaio scorso, ha proposto a un’azienda con sede a Medellin, la Ayc solutions, una partnership da 13,2 milioni, proprio la cifra citata da D’Alema, per un progetto fotovoltaico da 110 mwp denominato «Las Marias». L’affare, che come quello delle navi e degli aerei non si è concretizzato, secondo le nostre fonti avrebbe fatto girare due milioni di provvigioni, che sarebbero transitate attraverso lo stesso studio legale americano che emerge nell’audio sull’affaire delle navi Fincantieri, lo studio Robert Allen di Miami. Nella presentazione ai possibili partner colombiani, Alleans dice di aver un piano di investimenti nel settore di 6 miliardi di euro, da sviluppare entro il 2025, per il quale sarebbe in corso la raccolta di capitali dagli investitori. La proposta arrivata da Londra rivela anche che il gruppo di cui fa parte il fondo è legato da una joint venture industriale con la China national machineries imp. & esp. co, che fa parte del gruppo Genertec, una società statale cinese. L’altro progetto riguardava invece un’infrastruttura portuale, da realizzare con quello che le fonti definiscono uno dei più grandi fondi cinesi, a Barranquilla, in Colombia. Il fondo non sarebbe stato portato da D’Alema, ma i nostri contatti sostengono che si sarebbe offerto di agevolare la buona riuscita dell’operazione. Una versione che trova riscontro in una mail inviata dai partner dell’America Latina all’ex premier nel dicembre scorso. Quello del porto è un progetto da 395 milioni di dollari, articolato, secondo uno studio che abbiamo visionato, in tre fasi, che dovrebbero portare alla costruzione in 5 anni. Un possibile partner cinese era la Cyg sunri co. ltd con sede a Shenzen, che nel 2021 ha presentato una proposta di cooperazione allo sviluppo del porto Magdalena. Su internet la Cyg viene presentata come «un’impresa high-tech di livello statale posseduta da Changyuan group», fondata «da State grid electric power research institute». Tanto stato cinese, insomma. I radar invece sarebbero stati destinati ad un altro Paese sudamericano, sia per uso civile che militare. Ma gli Italianinelmondo che avrebbero prospettato l’affare ne evidenziano anche la difficoltà di realizzazione, sottolineando che, dopo la fase di interlocuzione iniziale, a comprare armi e tecnologie militari, sono sempre i governi. Che non si accontentano di trattare con un semplice mediatore, senza garanzie di alto livello.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/dalema-energia-porti-radar-business-2656821200.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-proposta-blindata-abbiamo-la-garanzia-dello-stato-italiano" data-post-id="2656821200" data-published-at="1646176594" data-use-pagination="False"> La proposta blindata. «Abbiamo la garanzia dello Stato italiano» Durante la trattativa per far vendere da Leonardo e da Fincantieri alle forze armate colombiane 24 aerei da guerra, quattro fregate Fcx 30 e due sottomarini, Massimo D’Alema, come risulta da un audio che La Verità ha ascoltato, tira fuori tutto il suo armamentario persuasivo. E inanellando, una dietro l’altra, garanzie su garanzie, coinvolge anche un’altra importante società pubblica: «Allora, vorrei aggiungere altre due cose. Noi siamo pronti, la parte italiana è quasi pronta. E non appena saranno firmati gli ultimi contratti tra Robert Allen e le società italiane saremo perfettamente pronti. Penso che in 15 giorni noi saremo pronti. Abbiamo preparato le offerte, e abbiamo ottenuto, come dire, la copertura assicurativa per il piano finanziario. Che prevede il pagamento del 15 per cento da parte della Colombia e il resto viene pagato da un consorzio di banche, con la garanzia dello Stato italiano. La Colombia, ovviamente, deve riconoscere questo debito e offrire anche la garanzia sovrana della Colombia». E chi deve offrire le garanzie? La Sace, letteralmente Servizi assicurativi del commercio estero. È una società controllata al cento per cento da Cassa depositi e prestiti (un’istituzione finanziaria italiana sotto forma di società per azioni, controllata per circa l’82,8 per cento dal ministero dell’Economia, per il 15,9 da diverse fondazioni bancarie e per l’1,3 da altri investitori) e garantisce i rischi di insolvenza delle imprese, trasferendoli sui conti del ministero dell’Economia, dove è istituito il Fondo Sace. Il 3 febbraio scorso, la Sace, rispondendo a Fincantieri, che in una brochure aveva già presentato il prodotto ai colombiani con tanto di foto delle fregate (prospettando di poter «contribuire a fornire finanziamenti molto competitivi al governo» proprio tramite Sace), esplicita di «non vedere l’ora di collaborare a questa transazione». Il documento è a doppia firma: Daniela Cataudella, managing director, e Cristina Morelli, a capo della export finance. L’oggetto del documento è proprio la potenziale fornitura di fregate e sottomarini alla Marina colombiana. Le due manager di Sace nella loro comunicazione, indicata come «privata e confidenziale» e scritta in inglese, ripercorrono le precedenti interlocuzioni per focalizzare la questione d’interesse: «Fincantieri (esportatore italiano) è in trattativa con il ministero della Difesa colombiano (l’acquirente) per un’offerta commerciale; l’acquirente può essere interessato a finanziare parzialmente la fornitura tramite un credito all’esportazione coperto da Sace, con il ministero delle Finanze colombiano che agisce come mutuario o garante dell’operazione». Tutto chiaro. Le garanzie erano disponibili. E con molta probabilità D’Alema, che nella conference call fa esplicito riferimento alla «garanzia dello Stato italiano», ne sarebbe stato a conoscenza. Come probabilmente era a conoscenza dell’offerta commerciale di Fincantieri. Tant’è che nell’audio parla proprio del «pagamento del 15 per cento da parte della Colombia». In uno specchietto illustrativo della brochure di Fincantieri (proprio in uno dei punti in cui si fa riferimento a Sace), coincidenza, è spiegato che «l’acquirente estero si assicura il finanziamento per il pagamento fino all’80-85 per cento del valore contrattuale della merce esportata». Ovvero della fornitura cara a D’Alema.