2020-11-28
Dai giudici due bombe sulla strada che porta la Casellati verso il Colle
Maria Elisabetta Casellati (Getty Images)
Luca Palamara sentito ieri in Cassazione per un fascicolo in cui è citata la senatrice. Contemporaneamente, viene rilanciata dai media una vecchia inchiesta in cui lei è solo testimone. Uno sgambetto alle sue ambizioni?C'è qualcuno che vuole azzoppare sulla strada verso il Quirinale il presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati? La domanda è legittima se si collegano vicende giudiziarie apparentemente scollegate, ma che hanno come comune denominatore il nome della seconda carica dello Stato. Ma soprattutto se si considera il rilievo dato da un quotidiano alla notizia della chiusura delle indagini nei confronti di un ex poliziotto, già collaboratore della Casellati. Uno «scoop» che di nuovo conteneva solo le dichiarazioni piuttosto insipide della stessa senatrice (non indagata). A firmarlo, va detto, cronisti considerati in grande sintonia con i magistrati capitolini. Ieri la Procura generale della Cassazione, guidata da Giovanni Salvi ha convocato come testimone Luca Palamara. L'ex pm radiato è stato sentito a proposito dell'emendamento che annullava la moratoria di un anno per i consiglieri del Csm in uscita dal parlamentino dei giudici e che il Parlamento approvò nel dicembre 2017. Ad approfittare della nuova legge furono Claudio Galoppi, attuale consigliere giuridico della Casellati, e la giudice della Cassazione Maria Rosaria San Giorgio.Ma, secondo il Pg del Palazzaccio, dietro a quella norma, presentata dal deputato di Ap-Ncd Paolo Tancredi e approvata dal Parlamento a maggioranza Pd, nonostante il parere negativo dell'allora Guardasigilli Andrea Orlando, c'erano almeno tre consiglieri togati del Csm: Palamara, Galoppi e Massimo Forciniti. A settembre il terzetto ha ricevuto l'atto di incolpazione dalla Cassazione, in cui erano accusati di «avere ispirato e messo a punto il testo dell'emendamento», di essere intervenuti «occultamente nello svolgimento dell'attività legislativa, spendendo la loro qualità di magistrati fuori ruolo […] per conseguire il vantaggio ingiusto» e di aver avviato «varie interlocuzioni con parlamentari della Repubblica (tra cui l'onorevole Donatella Ferranti, presidente della commissione giustizia della camera dei deputati)». La Ferranti, eletta in Parlamento nelle fila del Pd, è oggi consigliere della Cassazione.Nella giornata di ieri Palamara, accompagnato dall'avvocato Benedetto Buratti, negli uffici della Procura generale della Cassazione ha fatto l'esegesi del contenuto delle chat. Gli inquirenti del Palazzaccio gli hanno chiesto informazioni su magistrati e politici coinvolti. Alla fine l'ex presidente dell'Anm ha depositato l'intervista a Tancredi realizzata da questo giornale. In essa il deputato sosteneva che a chiedergli di presentare l'emendamento erano stati due ex colleghi parlamentari, Antonio Leone e la stessa Casellati, con cui Tancredi aveva «un rapporto decennale». Tancredi giurò che a lui il testo dell'emendamento arrivò «con un bigliettino anonimo»: «Chi me lo consegnò? Un funzionario della Camera. Però me l'aveva preannunciato Elisabetta» ci disse Tancredi nel giugno scorso. «Mi chiamò e mi disse: “Ti arriverà un appunto su un emendamento che riguarda il Csm. Ti prego di valutarlo e se puoi di presentarlo"». Cosa che Tancredi fece. Poi le chat di Palamara svelarono le manovre interne al Csm per l'approvazione di quella norma. Forciniti, in un messaggio, scriveva: «Palama' stai lavorando per emendamento Tancredi? È 'na cosa seria, poi te la prendi nel culo pure tu». Il 17 settembre la Procura generale ha sentito come testimone anche l'ex deputato Ap-Ncd. «Io naturalmente ho detto la verità che poi è quella che è scritta anche sulla Verità di qualche mese fa» ricorda Tancredi. «Ho spiegato di non aver parlato dell'emendamento con dei magistrati, ma con degli ex colleghi di partito. L'emendamento me lo fece recapitare la Casellati che allora era al Csm. Ma poi superò il vaglio dell'ammissibilità e fu votato. […] Loro con me hanno insistito molto per sapere se avessi sentito dei magistrati, io ho detto di no». Ma se la Procura generale, indagando su Galoppi, ha solo sfiorato la Casellati, per una curiosa coincidenza, anche la Procura di Roma, che non dista molto dalla Cassazione, ha chiamato in causa la senatrice. Questa volta nell'inchiesta per traffico di influenze illecite a carico dell'ex poliziotto Filippo Paradiso (già consigliere della Casellati e oggi nello staff del sottosegretario grillino Carlo Sibilia) e dell'avvocato faccendiere Piero Amara. Una storia già ampiamente trattata dai giornali (anche dal nostro) a partire dal giugno del 2019, ma ritornata d'attualità in occasione dell'avviso di chiusura delle indagini. A riscaldare la minestra è stato il quotidiano Domani, dove si legge la contestazione contenuta nell'atto di chiusura: «Paradiso sfruttando e vantando relazioni con pubblici ufficiali in servizio presso ambienti istituzionali (Consiglio di Stato, Corte dei conti, Consiglio superiore della magistratura e in particolare con la consigliera Elisabetta Casellati) si faceva indebitamente promettere e consegnare denaro e altre utilità indebite da Piero Amara, come prezzo della propria mediazione». L'avvocato di Amara, Salvino Mondello, ha difeso tutti: «Nessuna utilità a Paradiso, ma solo scambi di natura amicale. E la Casellati, Amara non l'ha mai nemmeno conosciuta». L'attendibilità di Amara era stata messa in dubbio dal pm Stefano Fava, il quale voleva arrestare il legale contro il parere dei suoi superiori, che, invece, lo consideravano un pentito a 24 carati. Adesso per il faccendiere arriva questa tiratina d'orecchi, a rischio prescrizione. La Casellati, non indagata, né indaganda, è stata sentita a luglio in Procura e ha detto che a sponsorizzare presso di lei Paradiso era stato Gianni Letta, prima per una candidatura e successivamente come membro dello staff. Paradiso sarebbe stato coinvolto a titolo gratuito nell'ottobre del 2018 «in qualità di consigliere di convegni». Ma dove è il traffico di influenze? L'episodio considerato più importante era già stato raccontato dalla Verità: Giancarlo Longo, altro pm radiato dalla magistratura, avrebbe incontrato la Casellati grazie a Paradiso fuori dal Csm per perorare la propria nomina a procuratore di Ragusa o di Gela. «Ha preso copia della mia domanda con i pareri di professionalità […] lei comunque non mi ha garantito nulla» aveva detto Longo a Perugia. La Casellati ai magistrati ha riferito: «Non ho memoria di tale incontro. Non sono in grado di escluderne o di affermarne l'esistenza. Quello che mi ricordo con certezza è che nel corso dei lavori relativi alla nomina del procuratore di Gela il nome di Longo non venne mai fuori». Dunque rispetto a un anno fa non è cambiato nulla, se non il fatto che la Casellati era ed è rimasta estranea all'indagine. Ma l'essere sentita come persona informata dei fatti ha riportato il suo nome in prima pagina. Gli stessi cronisti avevano provato ad appendere alla vicenda Longo anche Palamara, come presunto corrotto. Ma dopo mesi di tam tam mediatico la Procura di Perugia ha fatto cadere l'accusa. Gli articoli di questi giorni ricicciano pure l'inchiesta di Potenza che ha portato all'arresto del procuratore di Trani Carlo Maria Capristo, in stretti rapporti con Paradiso. A maggio avevamo riportato le parole di un cancelliere che asseriva che, attraverso l'ex poliziotto, era possibile per la presunta cricca «ottenere credito presso la stessa», cioè la Casellati. Ma anche qui, citazioni a parte, non ci risulta che il presidente del Senato sia mai stato indagato.Nel fascicolo potentino un pm avrebbe riferito che Paradiso, parlando al plurale, avrebbe detto «che ce l'avevano fatta a far diventare Argentino procuratore a Matera». E qui spunta un link con l'indagine sull'emendamento. E non si tratta della Casellati. Paradiso è infatti in rapporti anche con Forciniti, il giudice calabrese sospettato di aver ideato la norma che avrebbe dovuto accelerare la carriera dei consiglieri del Csm uscenti. Nella chat di Palamara si trova questo scambio di messaggi con Forciniti, datato 27 luglio 2017. Palamara: «Mi giungono notizie pessime su Argentino. Abbiamo sbagliato?». Forciniti: «No… lascia stare… non è uno scienziato, ma un lavoratore, non amato dai politici». Palamara: «Mi dicono cose turche». Ma per Forciniti (e anche per un importante giudice potentino) erano solo diffamazioni.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)