2023-06-21
Dai bimbi orfani ai diritti perduti. Tutte le bufale sui figli «arcobaleno»
Stampa scatenata dopo l’annullamento, a Padova, dei documenti con cui 33 bambini erano stati assegnati a genitori omosex. Nessuno li strapperà ai fratellini né vieterà alle «seconde mamme» di riprenderli a scuola.«Questi piccoli rimarranno orfani di una madre per decreto». «Sono bambini che hanno perso un fratello». «Bimbi senza più diritti». A leggere certi commenti seguiti alla decisione, da parte della Procura di Padova, d’impugnare tutti i 33 gli atti di nascita di figli «con due mamme» registrati dal sindaco Sergio Giordani, del Pd, dal 2017 a oggi, sembra che quella della magistratura sia stata una crudeltà inaudita. Pare quasi che, di punto in bianco, decine di bambini siano stati strappati dalle loro abitazioni e deportati chissà dove. In realtà, per quanto la faccenda sia seria e tutt’altro che priva di conseguenze - basti pensare alla cancellazione dei cognomi della «seconda mamma» -, è doveroso riportare il discorso nei binari corretti. Che sono anzitutto quelli non già della discrezionalità, ma dell’applicazione delle leggi.«Io sono tenuta a far rispettare la legge», ha non a caso provato a spiegare all’agenzia Ansa la procuratrice di Padova facente funzioni, Valeria Sanzari, aggiungendo che «con l’attuale normativa non posso fare altro». Chiarito questo, e cioè che quanto avvenuto non è un che un tentativo di ripristino della legalità, occorre sfatare tutta una serie di bufale o imprecisioni circolate in queste ore e, nella migliore delle ipotesi, dettate dall’emotività. Tanto per cominciare non è vero che i 33 bambini i cui atti di nascita sono stati impugnati dalla Procura patavina ora sono «orfani». Non lo sono affatto. Semplicemente, si è voluto ribadire un concetto elementare, e cioè che quei bambini - come tutti gli altri, peraltro - hanno una madre e non due. C’è di più. Nell’impugnazione dei quegli atti di nascita filtra anche una verità di cui nessuno sembra voler parlare, e cioè che quei bambini, proprio perché non sono «orfani», oltre a una madre hanno pure un padre, che poi è il vero «cancellato» delle loro vite. Ancora, non è vero che d’ora in poi le «seconde mamme» di quei 33 bambini non potranno più «andare a prenderli a scuola». Potranno farlo benissimo con una semplice delega, atto che potrà suonare antipatico ma è di certo meno mendace d’un certificato di nascita che affermi quello che la biologia nega, e cioè che si possa essere figli di due donne. Anche quello della perdita «di un fratello» pare un argomento privo di basi, dato che tutti i minori coinvolti in questa vicenda rimarranno nelle case e nei contesti abitativi dove sono sempre stati. Punto. Se poi in alcune unioni ad alcuni minori era stato detto di essere fratelli pur avendo padri diversi, a essere lesivo dei loro interessi non può essere certamente il ripristino della verità dei fatti.Ma soprattutto ad apparire molto grave - e lontana anni luce dalla realtà - è l’affermazione secondo cui un minore registrato con un solo genitore sarebbe deprivato di chissà quali diritti. Quasi che in Italia i figli orfani di un genitore deceduto, sconosciuto o datosi alla macchia fossero normalmente discriminati e considerati cittadini di seconda classe. Non corrisponde al vero neppure che quanto sta accadendo a Padova dimostri l’urgenza «di una legge». Le leggi infatti esistono già, solo che vanno nella direzione opposta a quella auspicata dal movimento arcobaleno. Per esempio, c’è l’articolo 483 del Codice penale, che punisce il falso in atto pubblico e che, come tale, andrebbe applicato a tutela del minore, che ha tutto il diritto ad un atto di nascita veritiero e non piegato alle istanze di terzi che aspirano ad essere riconosciuti come «secondi papà» o, come in questa vicenda, «seconde mamme».Restando in tema di norme, non si può non ricordare poi legge 184 del 1983 e in particolare l’articolo 28 comma 5, che riconosce il diritto del figlio adottivo alla conoscenza delle proprie origini, una volta raggiunta l’età di 25 anni, o la maggiore età in casi di particolare criticità. Una facoltà che è riconosciuta però all’adottato e che quindi alterando il suo status filiationis, anziché ricorrere per esempio all’adozione in casi speciali, gli verrebbe negata. Anche in questo caso, dunque, la legge c’è eccome: solo che tutela il soggetto debole, non certo i desiderata di altri. Ecco, il punto vero di tutta la questione - e utile anche riflettere sulla pratica dell’utero in affitto - è proprio questo: il riconoscimento del soggetto debole, cioè il figlio. L’ordinamento oggi presenta più elementi a tutela del minore e dei suoi diritti da abusi amministrativi come le trascrizioni di due genitori dello stesso sesso. Conseguentemente, chi lamenta l’urgenza «di una legge» lo fa solo per un motivo: per ribaltare gli equilibri in favore dei soggetti più forti, come inevitabilmente sono gli adulti. È lo stesso motivo per cui, quand’anche fosse davvero tale - ma c’è da escluderlo, vedendo il consueto ammontare dei «rimborsi spese» per le mamme surrogate -, la gestazione per altri «solidale» rimarrebbe inaccettabile: perché mette fra parentesi la dignità di chi ha diritto ad essere accolto e non commissionato, amato e non ritirato come da contratto.
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