2021-01-16
«Da dimissionari si può governare il Covid»
Il costituzionalista Mario Esposito: «Anche se l'esecutivo perde la fiducia, in tempi di emergenza gli aiuti economici e le misure sanitarie fanno parte degli affari correnti. Dpcm e decreti d'urgenza indicano che l'Italia sta diventando un premierato in contrasto con la Carta»L'ennesimo consiglio dei ministri notturno ha prodotto uno scostamento di bilancio di 32 miliardi, un congelamento degli invii delle cartelle esattoriali valido fino a fine mese. Niente decreto Ristori 5. E quindi una spada di Damocle sulle teste dei contribuenti italiani. Dalle dichiarazioni di molti esponenti della maggioranza appare chiaro la pressione sottostante. Attenzione - è il messaggio - se cade il governo e non nasce il Conte ter le aziende restano senza bonus né salvagente e parte la pioggia da 50 milioni di cartelle. In realtà, la situazione è diversa. Un governo dimissionario resta in carica, mantiene operatività e questa operatività è oggi rafforzata dallo stato di emergenza. Abbiamo chiesto a Mario Esposito, ordinario di diritto costituzionale a Salerno e docente alla Luiss di aiutarci a fare chiarezza sui poteri di un governo dimissionario.Se cadesse il governo si interromperebbe l'iter dei decreti economici o di quelli sanitari?«Innanzitutto a oggi non si può parlare di crisi di governo, semmai di pre crisi. L'Esecutivo, infatti, pur privo di due ministri non è dimissionario, ma si accinge a presentarsi alle Camere per verificare se ne permanga la fiducia. Ipotizzando che la verifica sia negativa, allora la risposta è che resta in carica per il disbrigo degli affari correnti, conservando la natura di organo politico. Non è una mera articolazione amministrativa. Resta insomma, in ogni caso un organo di indirizzo politico: il che comporta che, in una situazione di grave emergenza sanitaria e socioeconomica gli affari correnti attengono proprio alla gestione di tale stato delle cose». Nell'atto pratico?«È evidente che il governo sta usando il pacchetto di interventi economici come legittima pressione per stimolare la propria permanenza in carica. Si può però controbattere che tra gli affari correnti ci sono tutte le misure correlate all'emergenza». Vale solo per le misure di contenimento o anche per i decreti di natura economica?«Vale per entrambi gli aspetti. Sarebbe in contrasto con la Costituzione interrompere le misure di sostegno e i bonus in caso di crisi di governo perché sono l'altra stampella delle misure contenitive. La Costituzione impone che il diritto alla salute vada salvaguardato in parallelo rispetto col diritto al lavoro e alla libertà d'impresa. Dunque i provvedimenti anti pandemici non posso essere scissi».In pratica, niente chiusure senza ristori...«Si tratta di un intervento di riequilibrio rispetto ai diritti costituzionali. Aggiungo anche un altro aspetto. Il governo ha più volte ingenerato nella collettività l'idea che le misure economiche vengano elargite in connessione alle misure sanitarie. Motivo in più per considerarle saldamente connesse».Esercizio dell'impossibile. Lo stato d'emergenza scadrà al termine del primo quadrimestre, se ci fosse ancora un governo Conte, ma sempre dimissionario, potrebbe chiederne la proroga?«Ritengo di sì e a ciò dovrebbe provvedere mediante un decreto legge da sottoporre ovviamente al Parlamento. Salvo che il perdurare della crisi, per l'accertata impossibilità di formare un nuovo governo, non induca il presidente della Repubblica ad allestire un cabinet de combat ovvero un governo tecnico di salute pubblica, con o senza maggioranza precostituita. A quel punto dovremmo però porci altre domande».Quali?«Le sembra che non ci si debba interrogare su uno stato d'emergenza che dura da più di un anno? La pandemia andrebbe affrontata con gli strumenti ordinari propri della nostra forma di governo parlamentare».Utilizzare strumenti commissariali rappresenta un abuso?«Temo di sì. Vale la pena di chiedersi perché non si sia fatto ricorso alle strutture istituzionali già predisposte, quali la protezione civile e le Forze armate, dotate di idonei reparti addestrati ad attività di contenimento anche delle pandemie».Una corruzione del sistema democratico, a questo si riferisce?«Intendo che l'atipicità dei mezzi può comprendersi per i primi mesi. Poi conduce a un depotenziamento delle sedi istituzionali pensate per interventi sanitari o di sicurezza nazionale. Non a caso abbiamo assistito anche a una intensificazione dell'uso dei dpcm e poi dei decreti d'urgenza e dei cdm notturni, anche questi anomali a fronte del principio di trasparenza democratica. Il tutto porta a dire che il governo si è trasformato in una sorta di premierato atipico che cozza con l'articolo 93 della Costituzione, secondo cui il presidente del Consiglio è solo un primus inter pares». L'esempio crede si possa estendere anche al Recovery plan? Mi riferisco all'ormai celebre Task force di Conte. «Anche l'amministrazione dei budget pubblici è prevista tramite strutture incardinate nella nostra storia repubblicana. Il Recovery plan non è altro che emissione di debito pubblico, sebbene sia stato descritto come un insieme di elargizioni. Quindi va gestito esattamente come il bilancio dello Stato. Sbagliato costruire sovrastrutture che rispondono a logiche di sola natura economica, le quali poi non rendono conto alla filiera del governo e del parlamento. L'Europa sembra insofferente alle lentezze dell'amministrazione pubblica, ma nulla giustifica un salto a piè pari». La Task force sarebbe stata un pericoloso precedente?«Dico solo che vale la pena riflettere su questa complessa fase costituzionale. E sulla tenuta degli assetti democratici del Paese, i quali si basano su un'articolazione che tende a scongiurare il rischio di eccessivi accentramenti».
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
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