True
2020-03-27
Da comparsa nei film alla regia della sanità. Ricciardi pigliatutto
Walter Ricciardi (Ansa)
Molte delle scelte strategiche per arginare l'avanzata del coronavirus, ma anche quelle per controllarlo passeranno o stanno già passando attraverso le sue valutazioni: Gualtiero Walter Ricciardi, napoletano, 61 anni, tra i primi firmatari del manifesto politico di Carlo Calenda e ora consigliere del ministro Roberto Speranza, è l'uomo chiave del contrasto alla pandemia. Soprattutto quello tecnologico. E appena da Palazzo Chigi sono cominciate a filtrare indiscrezioni su una fantomatica task force che cercherà di utilizzare i big data per mappare e tracciare i casi di Covid-19 in Italia, è spuntato il suo nome: «La struttura sarà coordinata dal professor Ricciardi». Di certo non gli manca l'esperienza. Dal comitato scientifico dell'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco, a quello per il deposito nazionale della spazzatura radioattiva della Sogin. Dal Panel europeo sull'efficacia degli investimenti in Sanità, al comitato scientifico del ministero della Salute. Nel corso degli anni, Ricciardi ha collezionato cariche e incarichi. Neanche le comparsate cinematografiche che gli capitavano da ragazzo, quando, tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Ottanta recitò con Stefania Sandrelli, Alida Valli, Giuliana De Sio, Michele Placido, Maria Schneider e nientepopodimeno che Mario Merola, superano per numero gli incarichi riportati nel suo curriculum lungo 14 pagine. E per Ricciardi passare dalla carriera del cinema nazionalpopolare ai vertici della Sanità è stato un attimo. La prima voce sul suo lunghissimo cv risale al 1988, l'ultima comparsata è, invece, del 1984. Di lui si sono perse le tracce solo mentre era dedito agli studi. Poi ha cominciato a calcare i palcoscenici della sanità, fino a quelli più importanti. Prima commissario straordinario e infine presidente dell'Iss, l'Istituto superiore di sanità. Da qui, poi, il salto nell'executive board dell'Oms, l'Organizzazione mondiale della sanità. Ma anche se la lista dei titoli di cui Ricciardi fa bella mostra è lunga, come sono lunghe le dichiarazioni sui conflitti di interesse depositate alla Commissione europea (in ben tre versioni datate 2013-2014-2016) e all'Oms, tra le tante esperienze professionali qualcosa all'epoca saltò. E a rilevarlo per via istituzionale furono alcuni parlamentari del Movimento 5 stelle (ora alleati di governo di Leu, il partito di Speranza). In Senato presentò una interrogazione Paola Taverna, al Parlamento europeo lo fece Piernicola Pedicini. In realtà a far scoppiare il bubbone ci pensò Giulia Innocenzi in un libro: Vacci-Nazione, uscito a fine 2017. La cronista scoprì che Ricciardi aveva preso parte al comitato degli esperti della rivista Italian health policy brief, che avrebbe avuto un ruolo di editore scientifico nella pubblicazione di Public health ed health policy. Per entrambe le riviste l'editore è la Altis Ops srl, una società che ha per oggetto sociale il market access. Si occupa, cioè, di piazzare nel miglior modo possibile i prodotti delle case farmaceutiche, passando anche dall'interlocuzione con le autorità sanitarie. Ovvero fa lobbying farmaceutico. A quel punto sono entrate a gamba tesa le Iene e Ricciardi, suo malgrado, è tornato in tv. Dieci giorni dopo, il 19 dicembre 2018, si dimette da presidente dell'Iss, sostenendo che le sbandierate incompatibilità non c'entrano, ma che a motivare quella decisione c'erano divergenze politiche con il governo. Contrapposizioni che non devono essere passate per il presidente del consiglio, Giuseppe Conte, visto che Ricciardi non ha avuto imbarazzi a relazionarsi con il suo governo bis. Nel frattempo ha fatto palestra con le materie di cui si sta occupando ora. A novembre 2019 viene nominato coordinatore dei consulenti scientifici dell'Human technopole. E un attimo dopo dichiara: «È una occasione da non perdere. Lavoreremo su genetica, malattie croniche e big data». Neanche a farlo apposta: i big data. Ricciardi sembra sempre arrivare un attimo prima sui grandi temi. Nel 2014 teorizzò la necessità di vaccinare a tappeto gli operatori sanitari contro l'influenza ed è un tema che ancora tiene banco. Innescò perfino una competizione tra istituti di ricerca e policlicini universitari su chi avrebbe vaccinato più medici. L'ultima trovata sono i «detective» dell'epidemiologia, così Ricciardi ha definito in alcune interviste gli esperti che ricostruiscono la catena dei contagi da coronavirus. Ora dovrà valutare per conto del governo l'update alla lotta al Covid-19, cioè cosa fare con la tecnologia e i big data durante l'emergenza. Una di quelle fasi durante le quali, si sa, le lobby, tanto quelle sanitarie quanto quelle dell'hi tech, non vanno molto per il sottile. E pensare che il giorno delle dimissioni da presidente dell'Iss disse: «Voglio tornare a insegnare». E, invece, rieccolo. Alla cattedra ha preferito ancora una volta un ruolo chiave nella macchina della politica.
Continua a leggereRiduci
Dall'Aifa all'Iss fino all'Oms, il professore ha occupato poltrone, facendo lo slalom tra i conflitti d'interessi. Guiderà la task force.Molte delle scelte strategiche per arginare l'avanzata del coronavirus, ma anche quelle per controllarlo passeranno o stanno già passando attraverso le sue valutazioni: Gualtiero Walter Ricciardi, napoletano, 61 anni, tra i primi firmatari del manifesto politico di Carlo Calenda e ora consigliere del ministro Roberto Speranza, è l'uomo chiave del contrasto alla pandemia. Soprattutto quello tecnologico. E appena da Palazzo Chigi sono cominciate a filtrare indiscrezioni su una fantomatica task force che cercherà di utilizzare i big data per mappare e tracciare i casi di Covid-19 in Italia, è spuntato il suo nome: «La struttura sarà coordinata dal professor Ricciardi». Di certo non gli manca l'esperienza. Dal comitato scientifico dell'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco, a quello per il deposito nazionale della spazzatura radioattiva della Sogin. Dal Panel europeo sull'efficacia degli investimenti in Sanità, al comitato scientifico del ministero della Salute. Nel corso degli anni, Ricciardi ha collezionato cariche e incarichi. Neanche le comparsate cinematografiche che gli capitavano da ragazzo, quando, tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Ottanta recitò con Stefania Sandrelli, Alida Valli, Giuliana De Sio, Michele Placido, Maria Schneider e nientepopodimeno che Mario Merola, superano per numero gli incarichi riportati nel suo curriculum lungo 14 pagine. E per Ricciardi passare dalla carriera del cinema nazionalpopolare ai vertici della Sanità è stato un attimo. La prima voce sul suo lunghissimo cv risale al 1988, l'ultima comparsata è, invece, del 1984. Di lui si sono perse le tracce solo mentre era dedito agli studi. Poi ha cominciato a calcare i palcoscenici della sanità, fino a quelli più importanti. Prima commissario straordinario e infine presidente dell'Iss, l'Istituto superiore di sanità. Da qui, poi, il salto nell'executive board dell'Oms, l'Organizzazione mondiale della sanità. Ma anche se la lista dei titoli di cui Ricciardi fa bella mostra è lunga, come sono lunghe le dichiarazioni sui conflitti di interesse depositate alla Commissione europea (in ben tre versioni datate 2013-2014-2016) e all'Oms, tra le tante esperienze professionali qualcosa all'epoca saltò. E a rilevarlo per via istituzionale furono alcuni parlamentari del Movimento 5 stelle (ora alleati di governo di Leu, il partito di Speranza). In Senato presentò una interrogazione Paola Taverna, al Parlamento europeo lo fece Piernicola Pedicini. In realtà a far scoppiare il bubbone ci pensò Giulia Innocenzi in un libro: Vacci-Nazione, uscito a fine 2017. La cronista scoprì che Ricciardi aveva preso parte al comitato degli esperti della rivista Italian health policy brief, che avrebbe avuto un ruolo di editore scientifico nella pubblicazione di Public health ed health policy. Per entrambe le riviste l'editore è la Altis Ops srl, una società che ha per oggetto sociale il market access. Si occupa, cioè, di piazzare nel miglior modo possibile i prodotti delle case farmaceutiche, passando anche dall'interlocuzione con le autorità sanitarie. Ovvero fa lobbying farmaceutico. A quel punto sono entrate a gamba tesa le Iene e Ricciardi, suo malgrado, è tornato in tv. Dieci giorni dopo, il 19 dicembre 2018, si dimette da presidente dell'Iss, sostenendo che le sbandierate incompatibilità non c'entrano, ma che a motivare quella decisione c'erano divergenze politiche con il governo. Contrapposizioni che non devono essere passate per il presidente del consiglio, Giuseppe Conte, visto che Ricciardi non ha avuto imbarazzi a relazionarsi con il suo governo bis. Nel frattempo ha fatto palestra con le materie di cui si sta occupando ora. A novembre 2019 viene nominato coordinatore dei consulenti scientifici dell'Human technopole. E un attimo dopo dichiara: «È una occasione da non perdere. Lavoreremo su genetica, malattie croniche e big data». Neanche a farlo apposta: i big data. Ricciardi sembra sempre arrivare un attimo prima sui grandi temi. Nel 2014 teorizzò la necessità di vaccinare a tappeto gli operatori sanitari contro l'influenza ed è un tema che ancora tiene banco. Innescò perfino una competizione tra istituti di ricerca e policlicini universitari su chi avrebbe vaccinato più medici. L'ultima trovata sono i «detective» dell'epidemiologia, così Ricciardi ha definito in alcune interviste gli esperti che ricostruiscono la catena dei contagi da coronavirus. Ora dovrà valutare per conto del governo l'update alla lotta al Covid-19, cioè cosa fare con la tecnologia e i big data durante l'emergenza. Una di quelle fasi durante le quali, si sa, le lobby, tanto quelle sanitarie quanto quelle dell'hi tech, non vanno molto per il sottile. E pensare che il giorno delle dimissioni da presidente dell'Iss disse: «Voglio tornare a insegnare». E, invece, rieccolo. Alla cattedra ha preferito ancora una volta un ruolo chiave nella macchina della politica.
Guido Crosetto (Ansa)
Tornando alla leva, «mi consente», aggiunge Crosetto, «di avere un bacino formato che, in caso di crisi o anche calamità naturali, sia già pronto per intervenire e non sono solo professionalità militari. Non c’è una sola soluzione, vanno cambiati anche i requisiti: per la parte combat, ad esempio, servono requisiti fisici diversi rispetto alla parte cyber. Si tratta di un cambio di regole epocale, che dobbiamo condividere con il Parlamento». Crosetto immagina in sostanza un bacino di «riservisti» pronti a intervenire in caso ovviamente di un conflitto, ma anche di catastrofi naturali o comunque situazioni di emergenza. Va precisato che, per procedere con questo disegno, occorre prima di tutto superare la legge 244 del 2012, che ha ridotto il personale militare delle forze armate da 190.000 a 150.000 unità e il personale civile da 30.000 a 20.000. «La 244 va buttata via», sottolinea per l’appunto Crosetto, «perché costruita in tempi diversi e vanno aumentate le forze armate, la qualità, utilizzando professionalità che si trovano nel mercato».
Il progetto di Crosetto sembra in contrasto con quanto proposto pochi giorni fa dal leader della Lega e vicepremier Matteo Salvini: «Sulla leva», ha detto Salvini, «ci sono proposte della Lega ferme da anni, non per fare il militare come me nel '95. Io dico sei mesi per tutti, ragazzi e ragazze, non per imparare a sparare ma per il pronto soccorso, la protezione civile, il salvataggio in mare, lo spegnimento degli incendi, il volontariato e la donazione del sangue. Sei mesi dedicati alla comunità per tutte le ragazze e i ragazzi che siano una grande forma di educazione civica. Non lo farei volontario ma per tutti». Intanto, Crosetto lancia sul tavolo un altro tema: «Serve aumentare le forze armate professionali», dice il ministro della Difesa, «e in questo senso ho detto più volte che l’operazione Strade sicure andava lentamente riaffidata alle forze di polizia». Su questo punto è prevedibile un attrito con Salvini, considerato che la Lega ha più volte sottolineato di immaginare che le spese militari vadano anche in direzione della sicurezza interna. L’operazione Strade sicure è il più chiaro esempio dell’utilizzo delle forze armate per la sicurezza interna. Condotta dall’Esercito italiano ininterrottamente dal 4 agosto 2008, l’operazione Strade sicure viene messa in campo attraverso l’impiego di un contingente di personale militare delle Forze armate che agisce con le funzioni di agente di pubblica sicurezza a difesa della collettività, in concorso alle Forze di Polizia, per il presidio del territorio e delle principali aree metropolitane e la vigilanza dei punti sensibili. Tale operazione, che coinvolge circa 6.600 militari, è, a tutt'oggi, l’impegno più oneroso della Forza armata in termini di uomini, mezzi e materiali.
Alle parole, come sempre, seguiranno i fatti: vedremo quale sarà il punto di equilibrio che verrà raggiunto nel centrodestra su questi aspetti. Sul versante delle opposizioni, il M5s chiede maggiore trasparenza: «Abbiamo sottoposto al ministro Crosetto un problema di democrazia e trasparenza», scrivono in una nota i capigruppo pentastellati nelle commissioni Difesa di Camera e Senato, Arnaldo Lomuti e Bruno Marton, «il problema della segretezza dei target capacitivi concordati con la Nato sulla base dei quali la Difesa porta avanti la sua corsa al riarmo. Non è corretto che la Nato chieda al nostro Paese di spendere cifre folli senza che il Parlamento, che dovrebbe controllare queste spese, conosca quali siano le esigenze che motivano e guidano queste richieste. Il ministro ha risposto, in buona sostanza, che l’accesso a queste informazioni è impossibile e che quelle date dalla Difesa sono più che sufficienti. Non per noi».
Continua a leggereRiduci
Ecco #DimmiLaVerità del 5 dicembre 2025. Il senatore Gianluca Cantalamessa della Lega commenta il caso dossieraggi e l'intervista della Verità alla pm Anna Gallucci.