2019-12-18
«Da coach vorrei allenare Salvini. Il Bullo? In panca»
Parla il mago del basket: «Gli immigrati sono un problema Berlusconi è un genio, mentre Renzi è sleale come Obama»«Sono un entusiasta della vita e un curioso, come Vasco Rossi non ho paura di sbagliare». Ottantatré anni e non sentirli, «Coach» Dan Peterson ne ha vissuti cinquanta qui in Italia. [...] «Mi sento americano, ma sono molto affezionato all’Italia. Quando giocano le vostre nazionali sono il primo tifoso. E mi si spezza il cuore a vedere le aziende italiane svendute a quelle straniere». Siamo davvero un Paese razzista come alcuni dicono?«“Razzismo” è una parola abusata, anche in America. Non c’è razzismo, ma ignoranza. Io non ho mai avuto problemi. I miei antenati invece erano irlandesi e in Usa erano considerati delle nullità, fino a quando John F. Kennedy è diventato presidente». Il razzismo nel dibattito pubblico secondo lei viene strumentalizzato?«Certo. Faccio l’esempio della senatrice democratica Kamala Harris: ha ritirato la sua candidatura alla Casa Bianca dicendo che non era benvoluta perché di colore. No cara signora, abbiamo appena avuto un presidente nero, stia zitta. Lei non sa governare e basta». [...]Da straniero che vive in Italia da tanto tempo, che cosa pensa dell’immigrazione? «È un problema gravissimo. I Paesi non possono reggere. Non ci riesce l’America, figurarsi l’Italia. Negli States ci sono 39 milioni di irregolari. Fanno crollare il sistema di welfare e portano droga, criminalità, traffico di armi e di esseri umani. Queste persone che arrivano in Italia hanno una laurea? No. Hanno un diploma? No. Sanno fare un mestiere? No. Portano valore aggiunto all’Italia? No. Sono solo un costo enorme. Non sarà politically correct, ma è così». Quale politica bisognerebbe adottare? «Occorre controllare gli ingressi e usare la scuola come veicolo di unione. C’è chi dice che l’Italia può accoglierne un milione. No, non può prenderne neanche cento. E poi mi chiedo, dove sono le donne? Adesso si sono fatti furbi e fanno vedere anche le donne e i bambini nelle foto e nei video, ma la verità è che per la maggior parte sono ragazzi in età militare. Stiano nel loro Paese a lottare, non accetto che scappino». Eppure in un mondo globale bisogna convivere tra persone che provengono da culture differenti, no?«Si guarda sempre alla Svezia come al modello perfetto. È falso perbenismo: trent’anni fa a Stoccolma non c’erano stupri, ora è la capitale mondiale dello stupro. Se chi arriva in un Paese straniero vuole integrarsi con educazione è il benvenuto, ma non tutti i gruppi etnici sono disposti a farlo. Complimenti agli italiani, ai tedeschi, agli irlandesi e agli ebrei che in America si sono integrati. Perché chi viene dall’altra parte dell’Atlantico è ben disposto e chi è vicino come portoricani e messicani no?» Non fare una cosa stupida è come fare una cosa intelligente è il titolo del suo ultimo libro di coaching. Se lei fosse l’allenatore dei leader politici italiani come li metterebbe in campo? Partiamo da Matteo Salvini.«Vorrei essere il suo consigliere. La mia impressione è che si circondi solo di yes men. È un pivot, quel giocatore di stazza e di sfondamento che sta sotto canestro a lottare perché è testardo. Lui ha preso la linea di Trump: prima gli italiani. Deve evolversi però, guardare oltreoceano. Nei sondaggi i cosiddetti gruppi di interesse speciale -gay, neri, ispanici, ebrei - vedono sempre più positivamente Donald Trump. Rispetto alle ultime elezioni i potenziali voti sono triplicati. È nato addirittura il movimento “Black exit”: i neri lasciano il partito democratico e votano repubblicano». Quindi lei è un fan di Trump...«Obama non ha fatto niente per noi. So che in Europa sono impazziti tutti per lui perché è un bel ragazzo, giovane, nero, che parla benissimo. Ma è una nullità [...]» Trump cadrà nell’impeachment o vincerà le prossime elezioni?«L’impeachment al Senato non passerà, non hanno alcuna prova, e lui vincerà le prossime elezioni. Ma sotto il suo mandato c’è più occupazione, è calata la disoccupazione e l’economia va forte. E, nonostante sia un duro, non ha fatto alcuna guerra. Pensavo “chissà ora che succede, lancerà una bomba atomica su Pechino”, invece è uno stratega. Hillary Clinton ha sbagliato tutto e ora piange». Torniamo all’Italia. Giorgia Meloni dove giocherebbe?«Sono sincero. All’inizio non mi piaceva, mi ricordava la Clinton. Sembrava isterica, ora è più controllata e rilassata. È un’ala piccola perché è reattiva. Deve continuare ad andare in tv, forte delle sue idee senza aver paura di esprimerle e sorridere. Deve essere più diplomatica. Così si imporrà maggiormente».Silvio Berlusconi?«È il playmaker del quintetto base. Non lo vedo da trent’anni, da quando mi ha invitato ad Arcore per fare l’interprete di Walter Cronkite, il giornalista americano. Avrebbe dovuto mordersi di più la lingua e stare zitto in alcune occasioni, ma Berlusconi è un genio. [...]». Molti dicono che Matteo Renzi potrebbe essere il suo erede...«Renzi stia in panchina. Mi ha scassato l’anima. O sei del Pd o non sei del Pd. Non puoi spaccare il tuo partito. Non lo accetto. È una mancanza di lealtà nei confronti dei suoi collaboratori e dei suoi elettori. È come Obama». Nicola Zingaretti potrebbe essere invece un’ala grande?«Esattamente, perché ha la presenza fisica sia per stare sotto canestro sia per giocare fuori dall’area. Prova a tenere insieme i pezzi della squadra, anche se è molto difficile. Anche i 5 stelle si sono stufati del Pd».Luigi Di Maio avrà un futuro?«Di Maio è abilissimo nel parlare, è molto politico, però con Salvini è andata male, con Zingaretti non va d’accordo, litiga con Renzi, con Conte, con Grillo... Vorrei vederlo più combattente [...]».
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)
Nel riquadro: Ferdinando Ametrano, ad di CheckSig (IStock)
Francesca Albanese (Ansa)