
Pubblicità con minorenni in pose provocanti subito ritirate dopo proteste e polemiche. Si chiama sessualizzazione dell'infanzia ed è ormai divenuta un tratto culturale abietto della nostra moribonda civiltà. Perché sono saltati limiti e confini fra le età della vita.«Amy, 11 anni, resta affascinata da un gruppo di ballerine di twerking. Nella speranza di aggregarsi a loro, inizia a esplorare la sua femminilità, rompendo le tradizioni di famiglia». Questa è (o era fino a qualche giorno fa) la sinossi del film Cuties proposta da Netflix. Amy, a 11 anni, «esplora la sua femminilità». La locandina del film era ancora più esplicita: quattro ragazzine, anzi bambine, con abiti da danza incollati alla pelle, pose ammiccanti e culo di fuori. Perché di culo si tratta, non del sederino di una bimba, ma di un culo da adulta esposto in bella vista, affinché possa suscitare desiderio negli spettatori.Cuties è stato scritto e diretto da Maimouna Doucouré, ha vinto un premio prestigioso (il World cinema dramatic directing award) all'altrettanto prestigioso Sundance film festival. Racconta di una ragazzina - anzi, bambina - di 11 anni figlia di genitori senegalesi, musulmani tradizionalisti, che decide di unirsi a un gruppo di ballerine coetanee. Le piccolette fanno twerking, cioè si esibiscono in una danza nata alla fine degli anni Ottanta nella comunità afroamericana, che consiste per lo più nell'ancheggiare con prepotenza, spingendo all'esterno le natiche. La componente seduttiva di tutto ciò è piuttosto evidente, e forse non ci sarebbe niente di male se a cimentarsi in quest'arte dello sculettamento non fossero delle minorenni.Fortunatamente, dopo una petizione presentata su change.org, Netflix ha deciso di rimuovere la locandina, cambiare il testo della sinossi e scusarsi per aver mandato messaggi sbagliati. Il punto è che quello di Cuties non è affatto un caso isolato. All'inizio di agosto il problema si è proposto sostanzialmente identico con uno spot dell'Audi. Accanto a un'auto di grossa cilindrata e altrettanto robuste prestazioni era appoggiata una bambina (sicuramente con meno di dieci anni) abbigliata con un vestitino a fiori, un giubbetto di jeans e un paio di occhiali da sole, una Lolita in miniatura intenta a gustare una banana. Lo slogan: «Fa battere il tuo cuore più veloce, sotto ogni aspetto». Di nuovo sono arrivate proteste, e Audi ha dovuto scusarsi ribadendo di essere molto interessata alla salute dei bambini, e di non avere intenzione, in futuro, di usare altre immagini con così scarsa «sensibilità». Vogliamo fare un'altro esempio? In questi giorni circola su Sky e sulla Rete una immagine promozionale della Mostra del Cinema di Venezia. Il tweet di Sky recita: «Mostra di Venezia 2020: il festival è donna». Peccato che, appena sotto, ci sia l'immagine di una bimba con addosso soltanto canottiera e mutandine, ritratta mentre sfodera un'espressione da modella consumata.In realtà potremmo continuare ancora a lungo, elencando spot, film e serie televisive in cui ragazzine e ragazzini minorenni si presentano in atteggiamenti seduttivi, come se fossero adulti, e pure adulti piuttosto disinibiti. Si chiama sessualizzazione dell'infanzia ed è ormai divenuta un tratto culturale abietto della nostra moribonda civiltà. Da una parte abbiamo quella che Jean Baudrillard chiamava «industria del desiderio». Niente di nuovo sotto il sole: già il filosofo rinascimentale Marsilio Ficino sosteneva che, con la forza dell'amore, si potesse attrarre qualunque essere umano, sostanzialmente manipolandolo. Ecco, se prendiamo l'amore in senso lato, considerandolo come desiderio, ci rendiamo conto che questa è la forza che il marketing utilizza per manipolarci. Il desiderio ci spinge a consumare e fra gli oggetti di consumo c'è ovviamente anche il corpo, persino quello dei bambini.Non dobbiamo stupircene, in fondo. Come notava Marcel Gauchet, oggi i bambini sono «figli del desiderio», nel senso che averli è «una scelta, non più una necessità». Come al supermercato si sceglie fra prodotti diversi, così possiamo scegliere a quale dinamica del consumo partecipare. E quando finalmente decidiamo di riprodurci, magari in tarda età e in cerca di una nuova «esperienza», non ci facciamo scrupoli. Anche i bambini sono in vendita, basta noleggiare una madre surrogata che li sforni per noi, se abbiamo problemi di fertilità o se semplicemente non ci va di ingrassare.Contemporaneamente, sono saltati tutti i limiti e i confini, compresi quelli fra le età della vita. Gli adulti tendono a restare bambini (adultescenti, li chiama Massimo Ammaniti) e ai bambini viene richiesto troppo presto di diventare adulti. Divengono grandi a metà. Possono spendere come adulti, navigare su Internet come adulti, cambiare sesso come gli adulti, avere una vita sessuale come gli adulti. Per tutto il resto, però, sono bloccati: spesso troppo curati e coccolati, privati dei divieti e di ogni rito di passaggio, del contatto con la natura e delle prove - anche rischiose - che creano gli uomini e le donne. Eternamente prigionieri di una Grande Madre che li parcheggia in un Paese di Cuccagna incitandoli a godere di balocchi e profumi.Siamo tutti nella stessa barca: perennemente adolescenti, guidati dal desiderio senza limiti. Consumiamo e siamo a nostra volta oggetti di consumo. Per avere un valore sul mercato dobbiamo suscitare desiderio, contribuendo a creare quella che è, nei fatti, una «società della prostituzione». I minorenni mettono in vendita le loro vite sul Web, esibendosi su Instagram e altrove per guadagnare follower. Non potrebbero augurarsi niente di meglio per il futuro che avere successo e diventare influencer, così da guadagnare senza fatica. Se poi il prezzo di tutto questo è ridursi a merce, poco importa. In fondo, ogni cosa è commerciabile: la nazionalità, la cultura, il sesso biologico. Perché non dovrebbe esserlo il corpo di un minorenne?Allora lasciate che i bambini vengano a me, dice la voce. E di sicuro non è quella di Cristo.
Zohran Mamdani (Ansa)
Le battaglie ideologiche fondamentali per spostare i voti alle elezioni. Green e woke usati per arruolare i giovani, che puntano a vivere le loro esistenze in vacanza nelle metropoli. Ma il sistema non può reggere.
Uno degli aspetti più evidenti dell’instaurazione dei due mondi sta nella polarizzazione elettorale tra le metropoli e le aree suburbane, tra quelle che in Italia si definiscono «città» e «provincia». Questa riflessione è ben chiara agli specialisti da anni, rappresenta un fattore determinante per impostare ogni campagna elettorale almeno negli ultimi vent’anni, ed è indice di una divisione sociale, culturale ed antropologica realmente decisiva.
Il fatto che a New York abbia vinto le elezioni per la carica di sindaco un musulmano nato in Uganda, di origini iraniane, marxista dichiarato, che qualche mese fa ha fatto comizi nei quali auspicava il «superamento della proprietà privata» e sosteneva che la violenza in sé non esista ma sia sempre un «costrutto sociale», così come il genere sessuale, ha aperto un dibattito interno alla Sinistra.
Jean-Eudes Gannat
L’attivista francese Jean-Eudes Gannat: «È bastato documentare lo scempio della mia città, con gli afghani che chiedono l’elemosina. La polizia mi ha trattenuto, mia moglie è stata interrogata. Dietro la denuncia ci sono i servizi sociali. Il procuratore? Odia la destra».
Jean-Eudes Gannat è un attivista e giornalista francese piuttosto noto in patria. Nei giorni scorsi è stato fermato dalla polizia e tenuto per 48 ore in custodia. E per aver fatto che cosa? Per aver pubblicato un video su TikTok in cui filmava alcuni immigrati fuori da un supermercato della sua città.
«Quello che mi è successo è piuttosto sorprendente, direi persino incredibile», ci racconta. «Martedì sera ho fatto un video in cui passavo davanti a un gruppo di migranti afghani che si trovano nella città dove sono cresciuto. Sono lì da alcuni anni, e ogni sera, vestiti in abiti tradizionali, stanno per strada a chiedere l’elemosina; non si capisce bene cosa facciano.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».
Emmanuel Macron (Ansa)
L’intesa risponderebbe al bisogno europeo di terre rare sottraendoci dal giogo cinese.
Il tema è come rendere l’Ue un moltiplicatore di vantaggi per le nazioni partecipanti. Mettendo a lato la priorità della sicurezza, la seconda urgenza è spingere l’Ue a siglare accordi commerciali nel mondo come leva per l’export delle sue nazioni, in particolare per quelle che non riescono a ridurre la dipendenza dall’export stesso aumentando i consumi interni e con il problema di ridurre i costi di importazione di minerali critici, in particolare Italia e Germania. Tra i tanti negoziati in corso tra Ue e diverse nazioni del globo, quello con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay) è tra i più maturi (dopo 20 anni circa di trattative) e ha raggiunto una bozza abbastanza strutturata.






