2025-08-24
Invece di scusarsi, i baroni provano a tappare la bocca a chi li critica
Giovanni Rezza (Getty Images)
Le riunioni degli esperti durante la fase pandemica sono uno spettacolo molto istruttivo. Fanno capire la necessità di avere all’interno anche persone non allineate, per evitare l’azzeramento dello spirito critico.Un anno fa Bruno Vespa mi chiese di fare un confronto con Giovanni Rezza, ex direttore generale della Prevenzione sanitaria del ministero della Salute: «Cinque minuti» dopo il Tg1 per parlare del vaccino AstraZeneca e degli effetti collaterali da esso provocati. La trasmissione fu registrata nel pomeriggio, ma non si esaurì in cinque minuti, perché il botta e risposta fra me e l’ex alto funzionario che guidò il ministero durante la pandemia andò ben oltre il tempo assegnato. Da me incalzato con i verbali del Comitato tecnico scientifico, quella congrega di esperti che consigliò il ministro Roberto Speranza nelle ore più buie, l’ex direttore si esibì in una serie di balbettii, di «non mi pare» e «non ricordo». Al punto che davanti alle mie domande, che riguardavano la morte di Camilla Canepa, Vespa fu costretto, dopo aver sospeso la registrazione, a chiedere a Rezza di chiarire se dopo il decesso della giovane di Sestri Levante il Cts avesse cambiato le disposizioni e interrotto i vaccination day aperti ai ragazzi. E l’ex direttore fu costretto ad ammettere che sì, solo allora, nonostante i pericoli di effetti collaterali fossero già noti da prima del malore che colpì Camilla, il Cts proibì le inoculazioni dei ventenni.Non so se negli archivi Rai, oltre ai cinque minuti andati in onda, sia stata conservata anche la parte «tagliata». Nel caso non fosse stata buttata, sono certo che riprodurla servirebbe a capire perché ancora oggi La Verità insista per chiedere chiarezza sulla gestione della campagna vaccinale e sulle responsabilità di chi allora avrebbe dovuto fare buon uso del principio scientifico di precauzione. Giorni fa, a proposito di Camilla Canepa, ho scritto che la lettura dei verbali del Comitato tecnico scientifico è agghiacciante. I resoconti mettono in luce la preoccupazione di alcuni dei professoroni che ne facevano parte e il timore che ci scappasse il morto, ma c’erano da smaltire le scorte di AstraZeneca e non bisognava che sorgessero dubbi sui vaccini. Così si preferì passare sopra alle perplessità e accelerare le iniezioni, comprendendo anche i ragazzi. Camilla pagò quella scelta. Mentre lei era già in coma, Speranza, per mettere a tacere le voci di chi consigliava prudenza con il siero AstraZeneca, riferisce di aver chiesto al proprio medico di essere inoculato proprio con il vaccino anglo-svedese. Peccato che lui di anni ne avesse 42 e non 18, come Camilla, e che a essere a rischio fossero proprio le donne più giovani. No, il ministro non voleva che si alimentassero dubbi e dunque spronava i tecnici a essere uniti, a difendere le scelte prese in precedenza, anche se settimane prima del decesso di Camilla, alcuni «esperti» tra i quali Sergio Abrignani consigliassero prudenza, dicendo «se poi ci scappa il morto, che facciamo»? Il morto ci fu e allora dentro il Cts scattò il panico e anche il pentimento, con l’attuale capo della Protezione civile Fabio Ciciliano che commentò amaro: avessimo fatto le cose per bene non ci sarebbe stato il decesso di una ragazza. Leggere quei verbali, che La Verità ripropone sul suo sito in video, come detto è agghiacciante, ma è anche istruttivo. Si capisce perché i comitati tecnici o consultivi non debbano essere composti da esperti che la pensino tutti allo stesso modo. Essere tutti concordi, venire tutti dallo stesso giro di baroni, universitari o ministeriali, comporta l’azzeramento del dissenso, la creazione del pensiero unico. È questo che non comprendono i soloni che oggi parlano di No vax a proposito dell’esclusione di due professionisti non in linea con gli altri venti imposti dalla cupola medico scientifica che da anni governa la sanità. Che cosa abbia prodotto questo circolo di esperti è noto. Invece di predisporre un piano pandemico, preparando i medici e acquistando i dispositivi di protezione, per giorni e giorni si girò i pollici convinto che il Covid non sarebbe mai arrivato in Italia e dunque non c’era motivo di allarmarsi. Poi, quando l’epidemia dilagò, si inventarono il lockdown, i vaccination day, il green pass: un errore dietro l’altro. E adesso, invece di riconoscere di aver sbagliato e ammettere le proprie responsabilità, cercano ancora di tappare la bocca a chi non la pensa come loro. Ecco perché di fronte all’arroganza e alla prepotenza di costoro non possiamo e non dobbiamo tacere.
«Murdaugh: Morte in famiglia» (Disney+)
In Murdaugh: Morte in famiglia, Patricia Arquette guida il racconto di una saga reale di potere e tragedia. La serie Disney+ ricostruisce il crollo della famiglia che per generazioni ha dominato la giustizia nel Sud Carolina, fino all’omicidio e al processo mediatico.