2018-04-20
Il braccio armato di Miloševič riaccende la miccia tra Croazia e Serbia
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Non c'è soltanto il riarmo dei due Paesi a riaccendere le tensioni nei Balcani. C'è anche il piano diplomatico a preoccupare: la delegazione di Zagabria in visita ufficiale a Belgrado la scorsa settimana ha interrotto i colloqui dopo che il leader ultranazionalista Vojislav Šešelj, uno degli artefici della pulizia etnica (che ancora rivendica e si dice pronto a replicare), ha rimosso la bandiera croata esposta al Parlamento e l'ha più volte calpestata.Alla competizione militare degli ultimi mesi tra Croazia e Serbia incominciano a fare da contorno anche altri avvenimenti diplomaticamente poco edificanti. Martedì la delegazione croata in visita ufficiale a Belgrado guidata dal presidente del Parlamento Gordan Jandroković ha interrotto i colloqui in corso e fatto ritorno a casa dopo che il leader radicale Vojislav Šešelj, insieme ad alcuni suoi colleghi di partito, ha levato la bandiera croata esposta nel Parlamento serbo durante la visita delle autorità di Zagabria e l'ha più volte calpestata offendendo il Paese ospite.Vojislav Šešelj è stato all'epoca delle guerre di Jugoslavia il braccio armato della politica improntata sul concetto di Grande Serbia portata innanzi dal regime di Slobodan Miloševič e ha condotto sul terreno la pulizia etnica sottostante al concetto politico nei territori di confine dove da secoli le popolazioni croate e serbe vivano insieme. La settimana scorsa Šešelj è stato condannato dal Meccanismo per i tribunali penali internazionali, ovvero dall'istituzione che è succeduta al Tribunale penale per i crimini nell'ex Jugoslavia, a dieci anni di carcere per crimini contro l'umanità ma si trova in libertà e può tranquillamente esercitare le funzioni di parlamentare in quanto all'Aja gli anno abbonato gli anni scontati in carcere in attesa di giudizio nei decenni passati. L'ultranazionalista si è detto «orgoglioso» dei reati commessi, nonché «pronto a ripeterli in futuro».La situazione creatasi a causa del suo gesto ha innescato uno scambio di accuse tra Zagabria e Belgrado culminato giovedì i dichiarazioni al vetriolo del primo ministro croato Andrej Plenkovič a cui ha fatto eco la risposta del presidente serbo Aleksandar Vučić. Il primo, durante la seduta del governo, ha chiesto che i vertici serbi condannino all'unanimità il gesto di Šešelj mentre il secondo pur condannando il gesto non ha potuto fare a meno di sottolineare che a durante la sua ultima visita a Zagabria lo scorso febbraio è stato fatto oggetto di insulti assai più gravi e non ha ritenuto necessario interrompere la visita di Stato. In quell'occasione un parlamentare croato lanciò degli oggetti contro Vučić accusandolo d'essere stato collaboratore di Šešelj durante i conflitti dell'ex Jugoslavia e il primo ministro croato si rifiutò di presenziare alla cena offerta in onore del capo di Stato serbo dalla presidente della Repubblica croata Kolinda Grabar-Kitarović.I leader balcanici sanno bene che la politica della regione è troppo complessa perché degli occidentali possano seguirla o perfino capirla. Contando su tale postulato e sulla manipolazione continua della storia riescono molte volte a sopravvivere riproponendosi come interlocutori credibili anche dopo voltafaccia che in ogni altro luogo del mondo li condannerebbero all'oblio. Vučić, ritenuto in Occidente l'uomo di riferimento per l'avvicinamento della Serbia all'Europa e alla Nato, è effettivamente il discendente diretto di Vojislav Šešelj di cui in passato fu l'attendente. Egli è riuscito ad arrivare ai vertici del potere grazie all'aiuto di Tomislav Nikolič, ovvero dell'uomo fidato di Šešelj che da questi prese le distanze nel momento in cui il Tribunale dell'Aia spiccò il mandato di arresto nei confronti del leader radicale fondando il Partito nazionale, conquistando la maggioranza nel Paese, divenendo capo di Stato e dando il primo mandato di governo al fidato Vučić.Lasciando Zagabria a febbraio, Vučić ha promesso alla collega croata che avrebbe fatto in modo che per cento giorni i vertici politici serbi non attaccassero o parlassero male della Croazia. La tregua dei 100 giorni è chiaramente scaduta e ora gli animi tornano ad infiammarsi. Šešelj ha dichiarato che il 6 maggio ci sarà una grande manifestazione anticroata nel paese di Hrtkovci nel Nord della Serbia. La cittadina si trova a circa 50 chilometri dal confine della Croazia ed è nota per essere stata il luogo in cui il leader radicale, esattamente il 6 maggio 1992, diede inizio alla pulizia etnica elencando le famiglie croate, ovvero la maggioranza della popolazione, che dovevano lasciare tutti i loro beni seduta stante ed emigrare. All'epoca Šešelj era l'esecutore di Miloševič ed il discorso di Hrtkovci è stato alla base della condanna a dieci anni di carcere emessa dal Tribunale internazionale. Il prossimo 6 maggio si deve solo sperare che Šešelj non parli altro che a nome del suo oramai piccolo partito e che il discorso non passi per alcuna ragione alla storia.
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