
Dopo il caso Fioramonti, il premier spacchetta il dicastero: all'Istruzione promuove la sottosegretaria Lucia Azzolina, non una cima in informatica e inglese. All'Università va invece il capo dei rettori, Gaetano Manfredi, che ha un fratello ex parlamentare dem.Morto (politicamente parlando) un ministro, se ne fanno due. Insomma, due poltrone al prezzo di una: come nei saldi di fine stagione, o come nei governi già in agonia, per i quali la moltiplicazione dei posti è un modo per placare gli appetiti e guadagnare qualche bombola di ossigeno. Non male per chi voleva interpretare l'ansia di cambiamento della mitica società civile (l'«avvocato del popolo» Giuseppe Conte), per chi doveva mandare al macero i poltronifici della vecchia politica (il M5s), e per chi (ancora i grillini, con concorso finale del Pd) aveva fatto della riduzione del numero dei parlamentari il proprio fiore all'occhiello. L'annuncio è venuto dallo stesso Conte, nella conferenza di fine anno, affiancato dall'onnipresente Rocco Casalino: «Sono convinto che la cosa migliore per potenziare il settore sia separare la scuola dall'università. Creeremo, quindi, un nuovo ministero dell'Università e della Ricerca. La sottosegretaria Lucia Azzolina sarà ministra della scuola, mentre Gaetano Manfredi, presidente della Conferenza dei rettori, sarà a capo del nuovo dicastero».Immediata l'esultanza giallorossa: nomi «che ci riempiono d'orgoglio», ha cinguettato Luigi Di Maio. «Due ministeri, per ascoltare due mondi complessi: l'ennesimo segnale che questo governo vuole dare, a dimostrazione del fatto che per noi scuola, università e ricerca rimangono al centro della nostra azione politica. Il Movimento è pienamente soddisfatto». Dello stesso tenore, una nota pentastellata: «In bocca al lupo a Lucia Azzolina. Un grande riconoscimento per il suo impegno che ci riempie di orgoglio. Ha sempre lavorato con grande determinazione e saprà rappresentare al meglio le istanze del mondo della scuola». E ancora: «Buon lavoro a Gaetano Manfredi, rettore dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Una scelta che dimostra come quest'esecutivo abbia a cuore l'università e la ricerca come traino di sviluppo e cultura. Un importante riconoscimento alle università del Sud come avevamo richiesto».Stesso vocabolario e stessi toni da parte di Nicola Zingaretti («Bene le scelte sui nuovi ministri. La nomina di Manfredi segna per autorevolezza e competenza un deciso salto di qualità rispetto al passato»), e, sempre in casa Pd, dal viceministro Anna Ascani («Il presidente Conte ha appena dato due ottime notizie. Che dimostrano che siamo pronti a rilanciare, senza indugi, sui temi fondamentali per lo sviluppo del paese. Competenza e serietà premiate!»)Spenta la fotocopiatrice che ha riprodotto questi comunicati, tratti dalla peggiore tradizione democristiana, restano almeno tre osservazioni da fare. Primo. Più che mai, è un governo che ha abbandonato il Nord, e sembra fare del Sud l'unica constituency, l'unico riferimento territoriale. La Azzolina è di Siracusa, Manfredi è di Ottaviano (Napoli), all'interno di un governo che è già a fortissima trazione meridionale (con soli 8 ministri su 23 nati a Nord di Roma). Si tratta di un elemento simbolico e ovviamente non determinante: ma anche questi aspetti vanno considerati, nel giudizio che inevitabilmente verrà dagli elettori delle regioni più «dimenticate».Secondo. Siamo al solito bilancino interno per accontentare tutti. C'era da sostituire un grillino? Sdoppiamento di poltrone (uno vale due) per soddisfare sia M5s, con la Azzolina, sia il Pd, visto che Manfredi è tra l'altro fratello del Massimiliano Manfredi deputato dem nella scorsa legislatura. Terzo. Si accredita la concezione corporativa per cui un ministro diventa una specie di capo-sindacalista di settore. Manfredi, oltre che essere rettore dell'università napoletana, presiede infatti la Conferenza dei rettori delle università: ma come, anni di polemica (più o meno giusta, più o meno condivisibile) contro i cosiddetti «baroni», e poi si mette un superbarone a capo del relativo ministero? Quanto alla Azzolina, è appena divenuta dirigente scolastico, ma attenzione: avrebbe partecipato al relativo concorso nella prima metà del 2019, pur essendo allora membro della Commissione parlamentare competente per materia (su questo ha immediatamente ironizzato Giorgia Meloni: «Fare peggio di Fioramonti sarà difficile, ma lei inizia col piede giusto»). Nulla di irregolare, ma - questo sì - una questione di opportunità su cui i 5 stelle preferiscono sorvolare. Tra l'altro, come ha ricordato ieri su Repubblica il presidente della commissione esaminatrice, non si trattò di una prova brillante: la Azzolina, pur superando l'esame, rimediò uno 0 su 6 in informatica e un 5 su 12 in inglese. La neo ministra si segnala anche per la sua militanza a favore dello ius culturae (nuovo nome dato a sinistra allo ius soli) e per i suoi anni di attivista sindacale Anief. Infine, una curiosità anche a proposito di Manfredi: a settembre, incredibilmente, pure l'Università Federico II aderì a Fridays for Future, la mobilitazione di Greta Thunberg: «Abbiamo deciso di sospendere le lezioni per consentire ai nostri ragazzi che ce l'hanno chiesto di poter partecipare in maniera attiva a questa iniziativa», spiegò Manfredi, allora rettore e attivista green, oggi ministro.
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