2024-01-25
Travolta dai danni green nei campi la Von der Leyen si prende paura
Ursula von der Leyen (Ansa)
Il presidente della Commissione incontra a Bruxelles i contadini e chiede all’esperto di casa Strohschneider di modificare il modello Timmermans. Spunta un documento di Lollobrigida che rovescia le logiche europee.Sono pochi, ma indispensabili e come «gridava» uno dei cartelli che aprivano i cortei di trattori che hanno messo sotto scacco la Germania: «No farmer, no food, no future», alla faccia di chi pensa – e l’Europa ne è ancora straconvinta- che il futuro sia quello di Greta Thunberg e non quello delle tante ragazze che si guadagnano la vita faticando la terra. Sono malcontati 40 milioni, il 10% di quelli che voteranno a giugno per la nuova assemblea di Strasburgo, ma ora fanno paura: producono per 230 miliardi (l’1,8% del Pil europeo) in 9 milioni di aziende, ma in dieci anni se ne sono perse un terzo. Così la baronessa Ursula von der Leyen incalzata dall’avanzata dei trattori che stanno occupando mezzo continente cerca un’improbabile riabilitazione dell’euroburocrazia agli occhi degli agricoltori. Dimenticare Frans Timmermans – l’ex vicepresidente della Commissione- che voleva chiudere le stalle, che ha finanziato la carne sintetica, che ha usato il Farm to Foork come una clava per distruggere l’agricoltura obbligando i contadini a non coltivare è l’imperativo categorico della Von der Leyen che oggi chiama a raccolta il mondo agricolo per discutere di come andare avanti sul Green deal e dare ascolto alla protesta montante dei campi in mezza Europa. Anche la Pac - la politica agricola europea che ormai rappresenta meno del 31% del bilancio comunitario - è tutta sbilanciata a favore di una non meglio precisata tutela della biodiversità. Nei giorni scorsi Paolo De Castro, già ministro agricolo in Italia, eurodeputato del Pd e uno dei massimi esperti di economia agraria ha sentenziato: «Per la prima volta, questa legislatura europea ha creato la percezione di un’Unione nemica degli agricoltori e delle categorie produttive. Non abbiamo saputo costruire un progetto che coinvolga l’agricoltura facendola sentire protagonista della transizione verde, e non imputata. Ma senza l’adesione dei nostri agricoltori e del sistema agro-alimentare, qualsiasi prospettiva di neutralità climatica diventa irrealizzabile».Da qui intende ripartire Ursula von der Leyen che ha un problema enorme a casa sua. La Cdu - il suo partito - in Germania ha spostato la protesta dei trattori contro le misure verdi, contro il caro gasolio deciso da Olaf Scholz un cancelliere socialdemocratico in smobilitazione. E i democristiani tedeschi hanno richiamato all’ordine la baronessa: fai qualcosa oppure consegniamo la Germania all’Afd, l’ultradestra che ha ampissimi consensi nell’ex Ddr dove si concentrano le maggiori proteste agricole. Così oggi al vertice di Bruxelles Ursula ha chiamato a fare da mediatore Peter Strohschneider, presidente della «Commissione per il futuro dell’agricoltura» del governo federale tedesco. Il suo compito è di ascoltare e suggerire come rompere l’assedio dei trattori. Le maggiori organizzazioni agricole - Copa e Cogeca e Ifoam organics europe - vogliono prima di tutto l’eliminazione del Farm to Fork e una riscrittura della Pac. Ancora una volta l’Italia può giocare - com’è successo col documento di due giorni fa sottoscritto da 12 Paesi per vietare la carne coltivata - una parte da protagonista. Rispunta un documento inviato a fine novembre a Bruxelles dal nostro ministro agricolo Francesco Lollobrigida che rovescia la logica del Green deal. Nel documento che è stato sostenuto anche da Francia, Austria, Polonia, Romania, Grecia, Finlandia e Lettonia l’Italia «chiede di considerare l’agricoltore figura centrale nella tutela dell’ambiente. Dobbiamo investire sull’agricoltura come misura principale utile a garantire la manutenzione del territorio. L’agricoltore non può essere considerato in contrasto con l'ambiente». Dunque dimenticare Timmermans con la via italiana che sta diventando centrale a Bruxelles anche perché la produzione è quella a maggior valore aggiunto (38,4 miliardi). Su questa linea si muoverà la nostra delegazione. Che questa sia una ciambella di salvataggio a Bruxelles - si annuncia non confermata per oggi una manifestazione di agricoltori francesi che vogliono assediare palazzo Belaymont dove ha sede la Commissione - sta nei fatti e nelle motivazioni delle proteste agricole oltre alla necessità di una revisione della Pac e dello sblocco dei contributi agricoli. Partite due anni fa da Olanda e Belgio contro l’idea di Frans Timmermans e Mark Rutte di far chiudere 3.000 stalle per limitare le emissioni (oggi Rutte è un pensionato della politica e Timmermans è stato sconfitto proprio dal partito dei contadini). Le proteste si sono allargate in Germania dove le ragioni sono interne (no al caro gasolio e alle tasse) ma anche contro il Farm to Fork, si sono propagate in Francia (ora protestano anche i viticoltori: nel Bordeaux hanno spiantato 9.000 ettari e il 2 febbraio vogliono assediare Parigi) dove il malcontento si appunta sui prezzi troppo bassi, l’importazione selvaggia e l’eccesso di regole europee e hanno coinvolto tutti i Paesi balcanici (Polonia, Ungheria, Cechia, Slovacchia, Romania) dove i contadini lottano contro il dumping del grano, del mais, del latte e dei formaggi ucraini che l’Europa ha sdoganato senza dazi e contro il Farm to Fork che obbligando a diminuire le superfici coltivate e alla rotazione dei cereali di fatto ha messo fuori mercato i coltivatori. Sono questi i temi che oggi la Von der Leyen dovrà affrontare forse rendendosi conto che l’ideologia verde professata a Bruxelles come una religione non facendo i conti con la realtà porta non alla transizione, ma all’insurrezione.
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