2021-06-06
Javier Goyeneche: «Creo abiti riciclando rifiuti marini. E porto la produzione pure in Italia»
Javier Goyeneche (Youtube)
Il fondatore del marchio spagnolo Ecoalf: «Collaboro con i pescatori per ripulire i fondali e trasformare la spazzatura in tessuto, siamo anche nel porto di Civitavecchia. Bisogna comprare meno capi ma di qualità»I numeri non sono un optional perché in questo caso si rivelano stupefacenti. Con la collezione Lost colors (bomberini colorati) sono stati risparmiati 45 milioni di litri d’acqua, ridotte di 242.754 tonnellate le emissioni di CO2 equivalente e riciclate 850.000 bottiglie di plastica, più altre 220.000 per le imbottiture. Le due giacche The Canada e The Rotterdam, realizzate con T-shirt in poliestere post industriale, hanno dato una seconda vita a 2.200 chili di indumenti usati. Per i trench in filato Econyl sono stati utilizzati 741 chili di reti da pesca abbandonate risparmiando 2.650 chili di CO2. Gli esempi potrebbero andare avanti fino alle scarpe fatte con bottiglie raccolte dai fondali marini o le polo waterproof in cotone riciclato. Tutto questo porta un solo nome, Ecoalf, brand creato e sviluppato da Javier Goyeneche, madrileno classe 1970, giocatore di polo (si allena con l’infanta) con il pianeta in testa. Lo vuole pulito e lindo, come è giusto che sia. «Because there is no planet B», non c’è un pianeta di riserva. Non è un caso che sia stato premiato nel 2020 come social entrepreneur dell’anno dalla Fondazione Schwab nel ruolo di pioniere di un futuro sostenibile. Goyeneche, tutto natura e famiglia (lo ricorda perfino nel nome del brand, composto da Eco e dai nomi dei suoi figli Alfredo e Alvaro), è un imprenditore che guarda al domani in modo concreto. Quando ha iniziato a occuparsi di moda?«Ho iniziano a circa 30 anni con una mia prima società che produceva accessori: borse, valigette da lavoro, eccetera. Pian piano la mia frustrazione nel vedere le risorse naturali sfruttate eccessivamente è cresciuta sempre più. Utilizziamo le risorse naturali ben cinque volte più di quanto il pianeta sia in grado di generarne».Era la sua passione?«La mia passione è il mare. Nel 2015 ho creato la Fondazione Ecoalf per iniziare un progetto molto ambizioso: Upcycling the Oceans. Un’avventura a livello mondiale per rimuovere i rifiuti dai fondali marini grazie al prezioso aiuto dei pescatori. Lo scopo principale è appunto raccogliere la spazzatura che sta distruggendo il mare e trasformarla in filato di alta qualità per poi produrre capi d’abbigliamento e accessori. Abbiamo iniziato con tre pescatori nel porto di Villajoyosa, nel Levante della Spagna, e oggi siamo in più di 40 porti in Spagna con il sostegno volontario di più di 3.000 pescatori che raccolgono ogni anno oltre 700 tonnellate di spazzatura dai fondali marini. Questo progetto è stato replicato in Thailandia (su cinque isole), in 20 porti in Grecia e dallo scorso ottobre abbiamo iniziato nel porto di Civitavecchia in Italia, dove contiamo di avere cinque porti per la fine dell’anno. Per la giornata mondiale degli oceani l’8 giugno abbiamo creato un video e una mostra digitale con I ritratti di questi pescatori, per dare loro un volto e una voce e cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’attuale stato dei mari. La nostra missione da qui al 2025 è quella di arrivare a collaborare con oltre 10.000 pescatori e pulire i fondali del Mediterraneo».Con il brand Ecoalf perché ha puntato sulla sostenibilità?«Ecoalf è nata nel 2009, il nome e il concetto del marchio sono arrivati dopo la nascita dei mie due figli. Volevo creare un brand di moda realmente sostenibile e per me questo voleva dire smettere di utilizzare le risorse naturali in modo indiscriminato per preservarle per le prossime generazioni. Ritengo che riciclare sia la soluzione se si riesce a creare una nuova generazione di prodotti riciclati con la stessa qualità e design dei migliori prodotti non riciclati. Dieci anni dopo, la missione e la visione restano le stesse, con più forza e chiarezza di sempre».La moda va sempre più verso la tutela dell'ambiente. Pensa che sia un tema davvero sentito o è solo una facciata? «Credo che ci siano entrambi gli aspetti. La moda va sempre più verso la sostenibilità. Noi di Ecoalf possiamo fare molto rumore, ma il cambiamento arriverà dai grandi gruppi. Il problema è l’attuale modello di business, non funziona e dobbiamo cambiarlo per arrivare a un consumo e a una produzione responsabili. Quello che facciamo non è più sufficiente, come produciamo le cose e il tipo di impatto che abbiamo è molto importante ora. Dobbiamo trovare un equilibrio fra i nostri bisogni attuali e futuri e il benessere del pianeta».I capi ecosostenibili sono più cari degli altri. Qual è la strada per renderli alla portata di tutti e non solo di una élite ristretta?«Se aumenterà la domanda per questi prodotti i costi scenderanno, il problema da sempre è che dietro ai prodotti riciclati ci sono ricerca, sviluppo e tecnologia e questo si riflette sul costo finale, ma non dimentichiamo l’alta qualità. Alla fine si tratta di comprare meno, ma meglio. Dobbiamo smetter di acquistare T-shirt da 5 euro che finiranno in discarica dopo pochi mesi e invece investire in capi riciclati che hanno una vita più lunga e generano meno scarti. Non vogliamo che il prezzo sia un ostacolo per I clienti, i nostri prodotti hanno costi ragionevoli: T-shirt a 39 euro, sneakers a 69 euro, giacconi e smanicati a partire da 140 euro. È chiaro che se il termine di paragone è una maglietta a 5 euro tutto risulta più costoso». Quali sono le caratteristiche delle sue collezioni?«Per il prossimo autunno inverno lanceremo Ecoalf 1.0, una collezione premium sostenibile che utilizza le tecnologia e le innovazione più recenti. Sarà una collezione di pezzi minimal e senza tempo creati con materiali innovativi come il filato del mare. Tutti i capi e gli accessori saranno dotati di un Qr code per mostrare al consumatore la loro provenienza, come sono stati creati, il loro impatto sulle risorse naturali come l’acqua e il risparmio di CO2».Dove avviene la produzione?«Produciamo dove reperiamo i materiali, per esempio il cotone e la lana riciclata in Portogallo. Presto per Ecoalf 1.0 inizieremo a produrre in Italia con fornitori di altissimo livello per avere una qualità eccellente».In quali Paesi esportate?«Vendiamo in oltre 1.500 store multibrand in Europa e negli Stati Uniti. Abbiamo i nostri flagship store a Madrid, Berlino, Barcellona e Tokyo, presto a Parigi e spero anche a Milano il prossimo anno. Il nostro store online poi ovviamente spedisce ovunque nel mondo».Pensa che arriverà un giorno in cui non si dovrà parlare di sostenibilità perché sarà entrata nella quotidianità? «Lo spero, dovrebbe essere lo standard per tutte le aziende in ogni settore».
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